I primi risultati dello studio RESPONSE sono stati presentati durante l’ultimo congresso della European Hematology Association da Alessandro Vannucchi, suscitando notevole interesse e unanime approvazione, tanto che ruxolitinib (il farmaco oggetto di studio) ha ottenuto prima l’approvazione dell’FDA e successivamente quella dell’EMA per il trattamento di pazienti con Policitemia Vera (PV), intolleranti o non rispondenti a idrossiurea.

La PV è una patologia mieloproliferativa cronica che comporta un aumento di volume della milza (splenomegalia) e dei globuli rossi (ma spesso anche dei globuli bianchi e delle piastrine), determinando un maggiore rischio di manifestazioni trombotiche e cardiovascolari nei pazienti che ne sono affetti. La terapia impiegata contro la PV ha l’obiettivo, da un lato, di ridurre le probabilità che la malattia evolva verso una mielofibrosi o una leucemia mieloide acuta e, dall’altro, di prevenire l’insorgenza di eventi trombotici. A questo proposito, il controllo dell’ematocrito si è rivelato un obiettivo terapeutico di primaria importanza: è stato visto, infatti, che il mantenimento di un ematocrito al di sotto del 45% riduce sensibilmente il rischio di morte per cause cardiovascolari e di eventi trombotici maggiori, come l’ictus. Al fine di raggiungere questo traguardo, a molti pazienti viene somministrato un trattamento a base di aspirina a dosaggio ridotto oppure vengono praticate flebotomie, ma la terapia per PV più comunemente impiegata prevede il ricorso a idrossiurea, un farmaco antitumorale usato contro molti tipi di leucemie. Purtroppo, in alcuni casi i pazienti con PV non rispondono adeguatamente alla terapia con idrossiurea oppure sviluppano effetti collaterali di grado severo.

Lo scopo dello studio RESPONSE è stato quello di valutare l’efficacia e la sicurezza di Ruxolitinib in questa categoria di pazienti, confrontando i risultati ottenuti con quelli derivati dall’impiego della terapia standard (a base di idrossiurea nella maggior parte dei casi e, in una più bassa percentuale di pazienti, di interferone, anagrelide o farmaci immunomodulatori). Lo studio condotto da Alessandro Vanucchi dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Firenze è stato pubblicato su The New England Journal of Medicine e ha rivelato che la riduzione dell’ematocrito e del volume della milza si osservano in una significativa proporzione di pazienti trattati con Ruxolitinib (20.9%) rispetto a quelli del gruppo di controllo trattati con terapia standard (0.9%). Inoltre, alla 32esima settimana di studio il triplo dei pazienti trattati con Ruxolitinib rispetto a quelli di controllo (60% vs. 19.6%) ha ottenuto una riduzione del volume della milza e un miglior controllo dell’ematocrito. Anche il tasso di flebotomie nel gruppo trattato con Ruxolitinib è risultato più basso (19.8% dei pazienti contro 62.4% del gruppo di controllo sono stati sottoposti a questa procedura). Infine, nei pazienti trattati con Ruxolitinib è stata registrata sia una generale riduzione della sintomatologia caratteristica della PV sia una minore incidenza di eventi trombotici, contrariamente a quanto osservato nel gruppo di controllo.

In genere, circa il 25% dei pazienti con PV trattati con idrossiurea sviluppa effetti collaterali o non risponde adeguatamente al trattamento, evidenziando l’urgenza di una terapia alternativa per questi soggetti che, privi di altre opportunità, continuano ad essere trattati con idrossiurea. Se si considera che già solo con un trattamento che consenta di mantenere l’ematocrito al di sotto del 45% si riduce di 4 volte il rischio di trombosi o di morte per cause cardiovascolari, non è difficile vedere la significatività delle conclusioni dello studio e la loro importanza per coloro che sono affetti da PV.

 

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