Intervista alla dottoressa Anita MacDonald, dietista consulente in disordini metabolici ereditari presso il Birmingham Children's Hospital e professore onorario in Dietetica presso la Plymouth University, nel Regno Unito

La fenilchetonuria (PKU) è una malattia metabolica ereditaria legata al metabolismo della fenilalanina, un aminoacido essenziale presente nella maggior parte degli alimenti contenenti proteine. In Europa, la prevalenza media della patologia è di circa 1 caso ogni 10.000 neonati, con tassi più o meno elevati a seconda del Paese (incidenza elevata in Turchia e più bassa in Finlandia). “I pazienti affetti da PKU seguono una dieta a basso contenuto proteico”, spiega la dottoressa Anita MacDonald, dietista consulente in disordini metabolici ereditari presso il Birmingham Children's Hospital e professore onorario in dietetica presso la Plymouth University, nel Regno Unito, nonché membro dell’organizzazione e del comitato scientifico della Conferenza Internazionale ES PKU 2018, svoltasi a Mestre (Venezia) dall’1 al 4 novembre 2018.

“Di conseguenza – prosegue l'esperta – queste persone devono assumere dei sostituti proteici che non contengono fenilalanina e che hanno due problematiche principali: il cattivo sapore e la diversa modalità di assorbimento rispetto alle proteine naturali. Le altre difficoltà sono legate al fatto che la dieta per la PKU è incredibilmente limitata, dato che le proteine sono contenute in molti alimenti, e i pazienti non possono mangiare carne, pesce, uova, uova, farine normali, pane, pasta, cioccolato, semi, soia. Non si tratta di rinunciare solo ai cibi ad alto contenuto proteico: per farci un’idea, la pasta contiene 10 g di proteine per 100 g di prodotto, una fetta di pane ne contiene 4. I pazienti con la forma classica di PKU tollerano meno di 10 g di proteine al giorno e, in molti casi, solo 4-5 g al giorno; una persona adulta sana, di solito, assume 60-80 g di proteine al giorno, se non di più. Cosa significa questo per i pazienti? In primo luogo, devono assumere un sostituto proteico artificiale basato su aminoacidi che, oltre ad avere un sapore sgradevole, può provocare mal di pancia e alito cattivo. Tale sostituto deve essere assunto tre volte al giorno e questo provoca una serie difficoltà sia agli adulti che ai bambini.”

“Un secondo fattore da non sottovalutare – prosegue la dottoressa MacDonald – è quello relativo ai cibi speciali a basso contenuto proteico, come farine, pasta, pane, biscotti, cereali. Cucinare con questi prodotti non dà gli stessi risultati della cucina classica, perché il cibo può risultare secco, insipido e non molto appetibile. Inoltre, nel Regno Unito non siamo grandi cuochi, quindi la cucina non è sempre un successo! Da noi, per lo meno, siamo fortunati perché il governo concorre alle spese relative agli alimenti dedicati ai pazienti affetti da PKU, ma nella maggioranza dei Paesi europei le famiglie devono farsi carico della spesa totale di questi alimenti, con un conseguente impatto economico notevole sul bilancio familiare. Presentati durante la conferenza ES PKU 2018, i prodotti a fini medici speciali della linea PKU GOLIKE della società APR (caratterizzati da uno speciale rivestimento che permette il rilascio prolungato degli aminoacidi e ne maschera il sapore e l'odore), potranno aiutare i pazienti nell’assunzione dei sostituti proteici, migliorandone così la qualità della vita, che per queste persone è strettamente legata alla dieta. Sono sostituti proteici molto promettenti, anche se servono ancora studi e dati per confermare la loro efficacia”.
 
“La PKU richiede tempo e energia da parte dei genitori”, aggiunge l’esperta. “Grazie a un sondaggio, abbiamo scoperto che i familiari dedicano 18 ore extra ogni settimana alla cura dei bambini affetti da PKU. Altre difficoltà si incontrano quando i bambini vanno all'asilo e a scuola, quando mangiano nei ristoranti, quando vanno all'Università. Ogni situazione diversa dall’ambito familiare, costringe i soggetti a lunghe spiegazioni e giustificazioni sulla malattia e a subire, spesso, atti di bullismo verbale e imbarazzo (ad esempio per il cattivo odore dei sostituti alimentari), o ad avere difficoltà enormi anche solo per organizzare un'attività normale come una cena o una vacanza. Vivere con la PKU è una sfida a tutti gli effetti”.

“A mio parere, la Conferenza Internazionale ES PKU 2018 ha avuto ottimi risultati. A differenza delle altre conferenze, sempre molti utili ma tendenzialmente focalizzate sul futuro, in questa le tematiche erano imperniate sul “qui e ora”. Faccio parte del comitato organizzatore – prosegue MacDonald – e quest’anno ho partecipato alle riunioni per le nuove linee guida europee per la PKU, che verranno pubblicate nel 2022. Inoltre, sono uno dei membri del comitato scientifico. Durante i quattro giorni di conferenza sono stati trattati molti temi, con programmi dedicati a un pubblico di professionisti, famiglie, pazienti e rappresentanti dei vari Paesi. Una presentazione che ho trovato molto interessante è stata quella di Nenad Blau, dello University Children's Hospital di Zurigo (Svizzera), che ha parlato di una variante della PKU, il deficit di DNAJC12. Un’altra relazione riguardava gli strumenti di monitoraggio del livello di fenilalanina nel sangue utilizzabili a casa: per molti anni si è cercato di progettarli e pare che, finalmente, una compagnia europea stia elaborando un sistema che potrebbe essere efficace. Di grande interesse è stata anche la presentazione dei dati di un sondaggio sul tema “gravidanza e PKU”. Tale indagine, effettuata su un campione di oltre di 300 donne affette da fenilchetonuria nel Regno Unito, ha evidenziato le loro innumerevoli preoccupazioni e paure riguardo alle problematiche legate alla gravidanza”.
 
Durante la ES PKU 2018 è stato assegnato lo Sheila Jones Award, introdotto nella precedente edizione della Conferenza e conferito, quest’anno, a Laura Petreuș. “Sheila Jones è stata la prima bimba trattata con successo grazie alla dieta povera di fenilalanina e il premio è stato istituito in suo onore”, conclude la dottoressa Anita MacDonald. “Ci sono molti premi per professionisti, medici e scienziati, ma non altrettanti per pazienti e caregivers. Questo riconoscimento è dedicato a coloro i quali forniscono informazioni indispensabili alla diffusione della conoscenza della malattia e alla conseguente riduzione delle barriere e delle difficoltà che le persone affette da fenilchetonuria, insieme ai propri familiari, devono affrontare”.

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