I promettenti risultati di uno studio pilota sull’uomo potrebbero portare al primo trattamento efficace per una patologia può causare anche la perdita degli arti
Un farmaco sembra promettente nel rallentare la progressione di una condizione genetica rara e dolorosa che provoca un eccessivo accumulo di calcio nelle arterie. Per questa patologia, nota come calcificazione arteriosa dovuta a deficit di CD73 (ACDC) o anche come sindrome ereditaria da calcificazioni multiple arteriose e articolari (CALJA), non esiste ancora una cura. La molecola in questione, l'etidronato, è già utilizzata per trattare alcune malattie ossee e potrebbe diventare la prima terapia efficace per l’ACDC.
I risultati provengono da uno studio pilota – il primo sull’uomo – pubblicato sulla rivista Vascular Medicine e supportato dal National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI), parte dei National Institutes of Health statunitensi e focalizzato sulla prevenzione e il trattamento delle malattie cardiache, polmonari e del sangue e dei disturbi del sonno.
L’ACDC può colpire le arterie delle gambe, rendendo la deambulazione difficile e dolorosa. Anche le articolazioni delle mani possono essere interessate dalla condizione, che causa dolore e deformità e, nei casi più gravi, può portare anche alla perdita degli arti; i sintomi spesso iniziano nella tarda adolescenza o intorno ai vent'anni. Si tratta di una malattia estremamente rara, che si ritiene colpisca circa 20 persone in tutto il mondo e abbia una prevalenza stimata inferiore a un caso su un milione. I ricercatori sono già riusciti a identificare il gene che causa la patologia e il meccanismo biochimico sottostante, nonché a individuare – sulla base di modelli cellulari e animali della malattia – un farmaco già esistente, l'etidronato, come potenziale trattamento per l’ACDC.
Nello studio dell’NHLBI sono state valutate la sicurezza e l'efficacia di questa molecola nel trattamento della calcificazione delle arterie e del flusso sanguigno alterato nelle gambe di sette persone affette da ACDC (quattro donne e tre uomini); anche se pochi, questi pazienti rappresentano complessivamente circa un terzo di tutti i casi conosciuti nel mondo. Il trattamento consisteva nell'assunzione orale quotidiana del farmaco, per 14 giorni ogni tre mesi e per un periodo di tre anni. I ricercatori hanno misurato i depositi di calcio con la tomografia computerizzata (TC) e testato il flusso sanguigno utilizzando l’indice caviglia-braccio (ABI), uno strumento non invasivo che determina la vascolarizzazione globale di un arto; queste misure sono state prese all’inizio dello studio e periodicamente valutate durante e dopo il trattamento.
Il trattamento con etidronato è stato giudicato sicuro e non sono stati segnalati effetti collaterali. Il farmaco sembra rallentare la progressione di nuovi depositi di calcio nei vasi sanguigni delle gambe e il conseguente peggioramento della circolazione sanguigna, anche se non appare in grado di invertire gli accumuli di calcio già presenti nei vasi sanguigni e nelle articolazioni colpite o di determinare un netto miglioramento nel flusso ematico. Dai questionari somministrati ai pazienti è inoltre emersa un’attenuazione di sintomi come il dolore e la difficoltà di movimento.
Secondo i ricercatori, nonostante la ridotta popolazione di pazienti coinvolti, i risultati di questa sperimentazione suggeriscono che l’etidronato potrebbe rappresentare una valida opzione di trattamento per l’ACDC, soprattutto considerando l’attuale mancanza di alternative terapeutiche per questa rarissima patologia.
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