In Italia lo screening neonatale per questa patologia si effettua solo in quattro regioni italiane
Un recente studio canadese, pubblicato sulla rivista Molecular Genetics and Metabolism, ha confermato l’importanza, per i pazienti con Tirosinemia tipo 1, di associare una diagnosi precoce a una dieta ferrea e una corretta terapia farmacologica, per permettere ai pazienti di condurre una vita normale.
La tirosinemia tipo 1 è una rara disfunzione congenita del metabolismo degli aminoacidi, caratterizzata da sintomi epatorenali. La patologia interessa mediamente 1 bambino ogni 2 milioni e può presentarsi immediatamente alla nascita o più tardivamente.
La patologia è dovuta alla mancanza di fumaril-acetoacetato idrolasi (FAH, 15q23-q25), un enzima coinvolto nella distruzione della tiroxina. Il deficit di FAH inibisce la delta aminolevulinico anidrasi, un enzima chiave della sintesi dei porfobilinogeni. Questo significa che le persone che ne sono affette non possono metabolizzare fenilalanina e tirosina, presenti in moltissimi alimenti di una normale dieta (frumento, ceci, fagioli, fave, lenticchie, arachidi, coniglio e formaggio).
La patologia, se non diagnosticata immediatamente e non trattata correttamente, può causare grave insufficienza epatica, renale e danni al sistema nervoso periferico.
In Québec la Tirosemia di tipo 1 ha mostrato un’incidenza superiore alla media, pertanto il governo ha ritenuto opportuno rendere obbligatorio il test di screening per tutti i nuovi nati. Una volta diagnosticata la malattia, oltre a una dieta severa che i pazienti dovranno seguire per tutta la vita, dal 1994 in Canada è possibile il trattamento farmacologico a base di nitisinone, farmaco che inibisce la degradazione tirosina prima della formazione di metaboliti tossici come succinilacetone.
Il team medico, coordinato dal Dott.J. Larochelle, ha analizzato il decorso clinico di 78 pazienti della regione del Québec nati tra il 1984 e il 2004. Di questi, 28 non hanno mai ottenuto la somministrazione di nitisinone, 26 pazienti sono stati trattati dopo circa 1 mese di vita e 24 pazienti hanno ottenuto un trattamento tempestivo, entro il primo mese di vita.
I risultati hanno dimostrato che nei pazienti non trattati è stato necessario più frequentemente effettuare il trapianto di fegato. Il trapianto si è reso necessario per il 71 per cento dei pazienti non trattati, il 26 per cento dei pazienti trattati in maniera non tempestiva, mentre non è stato necessario per i pazienti che hanno iniziato immediatamente il trattamento. Nessuno dei pazienti trattati precocemente ha sviluppato la malattia epatica nei cinque anni successivi.
La ricerca conferma dunque che una diagnosi precoce, che permetta quindi un tempestivo trattamento farmacologico con nitisinone unitamente ad una dieta corretta seguita scrupolosamente permette di evitare le complicanze acute della tirosinemia tipo 1.
Ricordiamo che in Italia lo screening neonatale per la Tirosinemia epatorenale viene effettuato solo dalla regioni Toscana, Umbria, Sardegna ed Emilia Romagna.
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