Studio alopecia - giornata mondiale

Dolore e speranza nelle vicende di Alessandra, Donatella e Anna. Le terapie ci sono, ma manca ancora il riconoscimento della patologia da parte del SSN

Ha ancora senso, nel 2024, dedicare una giornata all’alopecia? L'abbiamo chiesto a tre donne che hanno vissuto la malattia, sulla propria pelle o su quella dei loro figli: Alessandra Sbarra, psicoterapeuta e presidente di ASAA (Associazione Sostegno Alopecia Areata)Donatella, mamma della 19enne Martina, e Anna, mamma di una bambina di due anni. Qual è, per loro, il significato dell'International Alopecia Day, che si celebra ogni anno il primo sabato di agosto, per sensibilizzare su questa malattia autoimmune cronica e invalidante?

ALESSANDRA: “IL MONDO È CAMBIATO, MA UNA 'TESTA SCALZA' CATALIZZA ANCORA L’ATTENZIONE”

“La società di oggi è ben diversa da quella che ho incontrato, ormai vent'anni fa, quando ho perso tutti i capelli. Allora non conoscevo, né mi era mai capitato di vedere, persone a 'testa scalza'. Mettersi a nudo, perché di questo si sta parlando, probabilmente avrebbe significato sfidare in maniera forte, ed emotivamente molto costosa, i canoni sociali. Quei canoni che, in qualche modo, ci volevano tutti uguali, omologati, rispettosi di un’idea di bello stabilita dall’alto”, spiega Alessandra Sbarra.

“Nel mio cammino con ASAA ho conosciuto persone che, a causa di questa filosofia di pensiero, non sono riuscite a mostrarsi neppure all’interno delle mura domestiche, portando addosso un carico di dolore incredibile. Negli ultimi anni si è iniziato a parlare di diversità, e di colpo abbiamo appreso che quel 'siamo tutti uguali' era una grande bugia, perché le differenze tra le persone esistono e sono sempre esistite. Possiamo avere gusti differenti, inclinazioni differenti, un aspetto differente e tutto questo ci rende unici. Il motore si è acceso e anche noi malati di alopecia, portatori di una differenza così grande e visibile, siamo saliti su quel treno, parlando di questa patologia, facendoci vedere senza protesi, organizzando eventi di sensibilizzazione, alla ricerca di una nuova libertà: la libertà di essere noi stessi”.

Oggi che assistiamo a sfilate e spot pubblicitari con modelle senza capelli, che ci troviamo a discutere di trattamenti che sembrano dare risultati positivi in molti casi di alopecia (ma non in tutti), che abbiamo fatto tutti questi passi avanti, perché continuare a riproporre una giornata in cui fermarsi a riflettere su questa patologia? “Perché, a mio avviso, bisogna mantenere alta l’attenzione su un tema che rischia di finire nel dimenticatoio, essendo da sempre considerato un 'semplice' problema estetico quando, in realtà, è qualcosa di molto più grande, soprattutto da un punto di vista psicologico. Certamente oggi è più semplice camminare per strada senza capelli. Più semplice, tuttavia, non vuol dire normale. Siamo ancora lontani dal raggiungere quell’obiettivo di invisibilità che tanto piacerebbe a ciascuno di noi. Perché anche nel 2024 una 'testa scalza' catalizza l’attenzione altrui e, in alcuni casi, offre il fianco a chi ha bisogno di sfogare le proprie frustrazioni aggredendo l’altro”.

Oltretutto, siamo ancora lontani dall’ottenere il riconoscimento della patologia da parte del Sistema Sanitario Nazionale. “Un riconoscimento che consentirebbe a tutti, indistintamente, di potersi curare pagando un ticket sanitario, di vedere rimborsati protesi e tatuaggi alle sopracciglia ma, soprattutto, darebbe dignità a questa patologia e a tutti coloro che ne soffrono”, conclude la presidente di ASAA. “Sì, nel 2024 ha ancora senso festeggiare la giornata internazionale dell’alopecia ma, come per tutte le problematiche che hanno un impatto sociale, facciamo in modo che non si parli di alopecia solo in rare occasioni, perché chi ne soffre convive con questa 'compagna' 365 giorni all’anno, senza pause”.

DONATELLA: “CI SONO DIVERSE TERAPIE, NON ARRENDETEVI DI FRONTE A UN FALLIMENTO”

Due anni fa abbiamo raccontato la storia di Martina, una ragazza che a 13 anni ha perso capelli, ciglia e sopracciglia, ma che poi, grazie a una nuova classe di farmaci, è guarita e ha finalmente detto addio alla sua parrucca. “Dopo la pubblicazione di quell'articolo sono stata letteralmente sommersa da richieste di confronto sulla terapia che Martina stava seguendo. Ho avuto modo di conoscere tante altre mamme, tanti ragazzi e ragazze che soffrono di questa patologia e ho avuto la sensazione che, per molti di loro, la vicenda di mia figlia abbia rappresentato la speranza di una via d'uscita. Da poco anche la trasmissione Le Iene ha realizzato un bellissimo servizio sulle donne affette dalla patologia, che ci ha emozionato e nel quale Martina si è ritrovata molto”, racconta Donatella, la mamma.

Martina, seguita dalla prof.ssa Antonella Tosti e dal prof. Claudio Feliciani, nel corso degli anni ha tentato diverse terapie: prima il tofacitinib (nome commerciale Xeljanz), poi il baricitinib (Olumiant). A queste due opzioni se n'è aggiunta recentemente un'altra: il ritlecitinib (Litfulo), approvato in Europa nel 2023 e facente parte, come gli altri due, della nuova classe di farmaci biologici JAK-inibitori.

“Cerco sempre di pensare a tutto il buono che l’utilizzo dei farmaci ci ha concesso in termini di qualità della vita e di relazioni”, prosegue Donatella. “Di questo sarò sempre infinitamente grata alla ricerca scientifica e ai medici che comprendono quanto sia doloroso vivere con l’alopecia universale. Spero che tutte le mamme possano tranquillizzare i loro figli dicendogli che ci sono diverse opzioni terapeutiche, e che l’inferno che sono costretti a vivere sta per finire; spero anche che non si arrendano di fronte a un fallimento”.

Martina ora è felice: ha appena dato l'esame di maturità, ha scelto la facoltà di Giurisprudenza a Bologna e sogna di fare il magistrato. “Io e suo padre siamo felici nel vedere che non soffre più, non piange più, non ha più paura di andare a dormire a casa di un’amica, o della piscina e delle estati al mare. Non si nasconde più se entra un vicino di casa e lei non ha la parrucca, non si dispera se la prendono in giro. A volte capita di rivedere le testine poggia parrucche e lì si sente il dolore, un dolore intenso che poi passa perché ora è tutto diverso”, conclude la mamma. “Voglio sempre credere che il peggio sia passato”.

ANNA: “È UNA SFIDA COMPLICATA ANCHE PER I GENITORI PIÙ PREPARATI E CORAGGIOSI”

Anna è una volontaria, mamma di una bambina di due anni affetta da alopecia areata. “Mi rivolgo ai ricercatori perché, curiosi e determinati, continuino a percorrere i sentieri già battuti dalla scienza e ne aprano di nuovi con l’obiettivo di trascendere il limite delle terapie e realizzare l’ambizione di trovare cure risolutive. Mi rivolgo ai docenti universitari, perché forniscano ai pediatri e ai medici di famiglia gli strumenti per formulare diagnosi certe e tempestive: a mia figlia, infatti, è stata diagnosticata la malattia ben nove mesi dopo le sue prime manifestazioni. Mi rivolgo ai giornalisti, affinché contribuiscano a sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema delicato e complesso, sotto il profilo non solo medico, ma anche umano e sociale”, sottolinea Anna.

“Essere madri e padri, nonni, zii di un bimbo senza capelli, privo di ciglia e sopracciglia, significa impegnarsi ogni giorno a difenderne l’identità e la serenità di fronte al rischio che venga percepito dai coetanei come un diverso da emarginare, piuttosto che uno di loro da accogliere. Significa lottare contro il senso di solitudine, impotenza, frustrazione e disistima che insidia anche i genitori più preparati e coraggiosi. Mi rivolgo, pertanto, anche a psicologi, educatori, operatori sociosanitari e volontari del terzo settore perché diano il loro contributo professionale in percorsi di formazione dedicati. Non solo i familiari ma anche gli insegnanti devono essere dotati delle conoscenze e competenze necessarie, sia per aiutare i bambini e gli adolescenti colpiti da questa patologia ad accettarsi, sia per favorire la loro interazione con gli altri”, conclude Anna.

Invito infine i genitori con figli affetti da alopecia e i pazienti di qualunque età con la stessa patologia a rimanere uniti, a tenersi in contatto e a condividere ogni novità che si riveli utile, mentre ai genitori che ogni giorno, ogni sera possono accarezzare i capelli dei propri piccoli, rivolgo un appello: non lasciateci soli a condurre una battaglia che non è soltanto nostra, ma di tutti coloro che hanno a cuore il futuro”.

Per approfondire, scarica l'infografica “A testa scalza – Impatto bio-psico-sociale dell’alopecia areata sulla vita delle persone”.

 

Seguici sui Social

Iscriviti alla Newsletter

Iscriviti alla Newsletter per ricevere Informazioni, News e Appuntamenti di Osservatorio Malattie Rare.

Sportello Legale OMaR

Tumori pediatrici: dove curarli

Tutti i diritti dei talassemici

Le nostre pubblicazioni

Malattie rare e sibling

30 giorni sanità

Speciale Testo Unico Malattie Rare

Guida alle esenzioni per le malattie rare

Partner Scientifici

Media Partner


Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni