La ricerca scientifica sulla patologia è molto attiva: l’obiettivo principale è riuscire a individuare un approccio terapeutico che sia realmente efficace in tutti i pazienti
In tutte le forme di alopecia areata, il sistema immunitario attacca i follicoli piliferi sani considerandoli ‘estranei’, facendoli diventare più piccoli e rallentando la crescita del pelo, o del capello, al punto da interromperla totalmente. A seconda del tipo e della gravità della malattia, si può verificare una perdita di capelli e peli in aree diverse del corpo, e perdita e ricrescita possono essere imprevedibili e cicliche per molti anni. Sebbene per l’alopecia areata non esistano dei trattamenti che funzionino per tutti i pazienti, alcuni sono talvolta efficaci: ciò che manca, quindi, è una terapia valida per tutte le forme della patologia, comprese quelle più gravi che, ancora oggi, possono risultare difficilmente trattabili. Per tale motivo, la ricerca in questo ambito è molto attiva.
L’alopecia areata è una malattia autoimmune che colpisce la pelle e si ritiene sia di origine multifattoriale. Può colpire persone di tutte le età, di entrambi i sessi e di tutti i gruppi etnici: in molti casi, compare già dall’infanzia e può manifestarsi in maniera diversa in ogni persona colpita. Stando ai dati della National Alopecia Areata Foundation, organizzazione nata negli anni ’80 per offrire supporto ai pazienti, sono 147 milioni le persone affette dalla patologia nel mondo. La classificazione principale dell’alopecia areata si basa sulla gravità della malattia: la forma più comune è quella cosiddetta “a chiazze”, che crea delle piccole aree senza capelli o peli; la variante nota come “totale”, invece, implica una perdita totale dei capelli; la forma “universale”, infine, oltre ai capelli, porta alla perdita di tutti i peli del corpo.
Gli obiettivi principali delle attuali terapie consistono nel bloccare l'attacco del sistema immunitario e nello stimolare la ricrescita dei capelli. Questo approccio a volte funziona, soprattutto per le persone con forme più lievi della malattia (meno del 50% di perdita di capelli), ma in diversi casi i trattamenti risultano inefficaci. Fortunatamente, anche nel caso di malattia attiva, i follicoli restano vivi e i capelli possono quindi ricrescere anche dopo un lungo periodo di tempo. A seconda del tipo di alopecia areata, dell'età dei pazienti, della durata della malattia e dell'entità della perdita di capelli, sono disponibili diverse opzioni di trattamento: tra le più note ci sono corticosteroidi (il trattamento più comune), ditranolo, minoxidil, ciclosporina, metotrexato, immunoterapia topica, fototerapia e terapia fotodinamica.
Tuttavia, non essendoci ancora una terapia risolutiva per l’alopecia areata, molti gruppi di ricerca hanno concluso o stanno conducendo studi clinici sulla malattia. Tra questi, quelli attivi e che stanno attualmente reclutando partecipanti sono poco più di una decina, come riportato sul sito “Clinical Trials”.
Tra gli approcci più innovativi in via di sperimentazione ci sono gli inibitori delle Janus chinasi (JAK), una classe di farmaci immunomodulatori che hanno mostrato benefici e che oggi vengono considerati molto promettenti. Negli USA stanno procedendo due studi di estensione sulla molecola CTP-543, un inibitore di JAK1 e JAK2. Nello specifico, dopo la conclusione, con buoni risultati, dello studio di Fase III THRIVE-AA1, i partecipanti sono stati coinvolti in altri due trial clinici: uno di Fase II/III negli Stati Uniti e in Canada, l’altro di Fase III in Europa (Francia, Germania, Ungheria, Polonia e Spagna).
Jaktinib idrocloride è un altro inibitore delle Janus chinasi (ad ampio spettro, in quanto agisce su JAK1, JAK2 e JAK3) in sperimentazione in Cina in tre diversi trial clinici. Le modalità di utilizzo della molecola sono diverse: uno studio multicentrico, di Fase I/II, riguarda la sua formulazione in crema del farmaco, sperimentata in dosi crescenti, e coinvolgerà in totale 160 partecipanti con una perdita di capelli inferiore al 50%; un secondo studio, di Fase II, riguarda la somministrazione orale del medicinale e prevede di arruolare 111 partecipanti maggiorenni con almeno il 50% di aree colpite dalla malattia; infine, la terza sperimentazione, che riguarda sempre la somministrazione orale, è di Fase III, con controllo tramite placebo, e coinvolgerà 420 persone, sempre con il 50% o più di zone corporee colpite.
Il farmaco etrasimod, invece, è un inibitore selettivo del recettore della sfingosina 1-fosfato (S1P) somministrabile per via orale. Già in studio per diverse malattie immuno-infiammatorie, è ora in sperimentazione per l’alopecia areata in un trial di Fase II che è in corso negli Stati Uniti e in Canada e che coinvolgerà 78 partecipanti adulti.
Un altro studio clinico negli Stati Uniti vuole valutare sicurezza ed efficacia di una miscela biocellulare emulsionata di una frazione vascolare di tessuto adiposo e di plasma concentrato: un approccio molto vicino alla medicina rigenerativa che coinvolgerà 60 partecipanti con diagnosi di alopecia areata o cicatriziale.
Una diversa strategia terapeutica prevede l’utilizzo del laser frazionato a CO2, come monoterapia o in combinazione con altri trattamenti, per l’alopecia areata refrattaria. Questo particolare approccio è in via di sperimentazione in un trial clinico di Fase IV che si svolge in Egitto e che prevede l’arruolamento di 40 partecipanti dai 10 anni in su.
Immunoterapia e anticorpi monoclonali sono oggetto di tre studi clinici statunitensi: nel primo caso si tratta di una sperimentazione di Fase III, con 10 partecipanti adulti, sull’unguento a base di difenilciclopropenone per i casi di alopecia areata estesa, portata avanti in collaborazione con la National Alopecia Areata Foundation; il farmaco rosnilimab, un anticorpo monoclonale somministrato per via sottocutanea, è invece il protagonista di un trial clinico di Fase II; daxdilimab, infine, è un altro anticorpo monoclonale ed è diretto contro le cellule dendritiche plasmacitoidi: uno studio di Fase II, della durata di 24 settimane, coinvolgerà 30 partecipanti adulti tra USA e Canada e valuterà il farmaco somministrato tramite iniezione sottocutanea.
Le innovazioni tecnologiche possono venire in aiuto anche nell’ambito dell’alopecia areata: negli USA, una sperimentazione clinica di Fase IV riguarda infatti l’utilizzo del farmaco triamcinolone (un corticosteroide) tramite uno speciale dispositivo per la somministrazione senza ago. L’obiettivo dello studio è di valutare, in pazienti pediatrici (dai 6 ai 17 anni) con diagnosi di alopecia areata a chiazze, la tollerabilità del trattamento quale alternativa alla somministrazione del medicinale mediante siringa.
Ultimo, ma non meno importante dal punto di vista della ricerca, lo studio osservazionale TARGET-DERM che si svolge tra USA, Canada e Germania. È previsto l’arruolamento di 15.000 pazienti – sia adulti che pediatrici – che abbiano una diagnosi di malattia cutanea infiammatoria immunomediata (Immune-Mediated Inflammatory Skin Conditions, IMISC), tra cui proprio l’alopecia areata, e che siano in trattamento farmacologico. L’obiettivo dello studio è la creazione di un registro internazionale sulle best practice per la gestione di queste patologie e la raccolta di informazioni circa i vari approcci farmacologici utilizzati.
Molti sono i gruppi di ricerca attivi nel mondo nell’ambito dell’alopecia areata: basti ricordare che quelle appena elencate sono solo le sperimentazioni cliniche che stanno attualmente reclutando partecipanti, ma un ampio numero di altri studi è stato completato, o è attivo ma non sta più cercando pazienti. La speranza, perciò, è che nel prossimo futuro si giunga ad un trattamento definitivo per questa patologia, in grado di portare un significativo miglioramento nella qualità di vita dei pazienti.
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