Intelligenza artificiale nelle malattie rare

Strumenti come il nuovo mediKanren possono suggerire opzioni terapeutiche potenzialmente utili per specifiche patologie, ma quanto sono affidabili e come utilizzarli?

All’udire l’espressione “Intelligenza Artificiale” alcuni rievocheranno i racconti di Asimov o il geniale “Macchine come me” di Ian McEwan; qualcun altro penserà agli automi della serie TV “Westworld” e del film “Ex machina”, o ancora a HAL-9000, il sofisticato e spietato software reso celebre da Stanley Kubrick in “2001 - Odissea nello spazio”. Innumerevoli sono gli esempi offerti sul tema dalla letteratura e dal cinema e tutti sono riconducibili a tecnologie - a volte anche con fattezze umane - dotate di sconfinate conoscenze e in grado di trovare risposta ad ogni problema umano. Pertanto, non sorprende l’incursione dell’intelligenza artificiale in medicina, dal momento che solamente un programma con un’esorbitante potenza di analisi sembra poter scrutare nell’incredibile mole di dati contenuta nel nostro genoma per trovare risposte esaurienti a interrogativi clinici ancora senza soluzione.

È quello che deve aver pensato un gruppo di ricercatori statunitensi dell’Università dell’Alabama: in un articolo pubblicato sulla rivista Frontiers in Artificial Intelligence, essi hanno presentato le potenzialità di MediKanren, uno strumento di intelligenza artificiale, sviluppato nei laboratori dello Hugh Kaul Precision Medicine Institute, che utilizza complessi percorsi logici per descrivere le relazioni che intercorrono tra una malattia rara, i geni interessati da mutazioni che la scatenano, le proteine e gli enzimi in essa alterati, i sintomi che la caratterizzano e, infine, i farmaci potenzialmente adatti per trattarla.

Sembra fantascienza ma è realtà: mediKanren elabora una quantità spaventosa di dati restituendo informazioni che potrebbero essere d’aiuto al medico per capire se vi siano eventuali terapie che possano essere adatte al singolo paziente. Una tale realtà ricorda da vicino ChatGPT, il modello di intelligenza artificiale oggi sulla bocca di tutti (tra i proprietari della società che lo ha sviluppato c’è anche Elon Musk), che agisce secondo un modello di Deep Learning grazie a cui elabora risposte puntuali e precise alle più svariate domande poste dagli utenti.

C’è chi ritiene che questi strumenti arriveranno a sostituirsi all’uomo in molti campi del sapere ma è davvero possibile fidarsi di un software per somministrare un farmaco a un paziente? Anche gli stessi autori dell’articolo sono convinti che non possa essere così. MediKanren analizza una miriade di dati, dalle informazioni di genetica fino alle nozioni mediche relative a patologie diagnosticate a un qualunque individuo o, addirittura, ai sintomi di condizioni non ancora definite da una diagnosi; successivamente, fornisce un report completo delle possibili opzioni terapeutiche individuate. Ma gli stessi autori ribadiscono che “il processo di consultazione funziona in collaborazione con il medico, non in sua sostituzione”.

A cosa serve, dunque, un simile strumento di intelligenza artificiale? Nel descrivere la potenza di calcolo di mediKanren, che esplora tutti i database internazionali più conosciuti confrontando migliaia di geni e focalizzandosi su quelli più utili, gli autori spiegano che il programma va alla ricerca di farmaci capaci di agire in maniera mirata sulle conseguenze di una data mutazione genetica e ne suggerisce l’utilizzo, nell’ottica di quel processo noto come “drug repurposing”, o “riposizionamento dei farmaci”: seguendo questo principio, un medicinale già approvato per un certo uso clinico potrebbe trovare valido impiego anche contro una patologia per cui non è ancora indicato. Uno dei più celebri esempi di questo processo è dato dal sildenafil - conosciuto con il nome commerciale di Viagra - un vasodilatatore che è stato pensato per contrastare l’ipertensione arteriosa e l’angina pectoris ma che ha trovato ampio uso anche contro la disfunzione erettile.

Secondo le attuali stime, le malattie rare ammontano a quasi ottomila e nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di patologie che hanno un’origine genetica. Il DNA umano è composto da oltre tre miliardi di lettere e più di 20mila geni, contiene ripetizioni, sequenze ridondanti o elementi di significato sconosciuto: non c’è dubbio alcuno che sia un linguaggio estremamente complesso da decifrare, perciò servono analizzatori ‘intelligenti’ per trarre le dovute correlazioni tra una traccia genetica e le sue conseguenze fisiologiche e molecolari.

Nel loro articolo, i ricercatori dell’Università dell’Alabama riportano alcuni esempi pratici dell’operato di mediKanren ma chiariscono che strumenti come questo hanno un elevato valore nel campo della medicina traslazionale, pur non sostituendo affatto gli studi clinici, che sono essenziali per valutare l’impatto di nuovi farmaci sull’organismo umano. Un algoritmo può effettuare un calcolo combinatorio complesso analizzando milioni di variabili con la massima precisione, ma non è in grado di dire se il farmaco frutto della sua ricerca possa o meno suscitare effetti collaterali e di che tipo; inoltre non stabilisce la dose adeguata di un medicinale e non può, pertanto, rappresentare una risposta definitiva. Ciononostante, l’algoritmo è in grado di accelerare i processi di ricerca e indirizzare le ipotesi di lavoro di medici e biologi che, in tal modo, possono dare avvio a necessari studi clinici di sicurezza ed efficacia su determinate molecole. Un valido esempio può venire dal COVID-19, per cui oltre 1300 farmaci sono attualmente in valutazione in modelli di studio di drug repurposing.

“Il sistema mediKanren stabilisce un collegamento tra i meccanismi della malattia e il principio d’azione di un farmaco, mettendo insieme molte variabili”, commenta il dott. Giuseppe Recchia, Co-fondatore e CEO di daVi DigitalMedicine, società attivamente impegnata nella promozione delle terapie digitali. “Sicuramente fornisce un aiuto importante alla ricerca ma occorre verificare che tutte le indicazioni offerte siano supportate da prove sperimentali, che giungono solo - fino a quando qualcuno non troverà una modalità migliore - con gli studi clinici”.

Insomma non c’è dubbio che, allo stesso modo di qualsiasi altro settore, l’intelligenza artificiale stia cambiando il mondo della biologia e della medicina e che i suoi influssi saranno sempre più rilevanti nei prossimi anni. Tuttavia, è ancora presto per pensare che un computer possa offrire soluzioni immediate a problemi così complessi come l’individuazione di un farmaco efficace contro una malattia rara, anche se nell’immaginario collettivo continua ad affasciare lo stereotipo del computer interattivo, pronto in ogni momento a offrire risposte precise e sicure, dialogando amabilmente con gli “amici umani”, come facevano K.I.T.T. o Jarvis [si lascia al lettore la possibilità di trovare le fonti di queste citazioni… magari senza utilizzare ChatGPT o altri software di ricerca intelligenti, N.d.R.].

Leggi anche: "Paralisi spastica ereditaria infantile, usare l’intelligenza artificiale per studiare le mutazioni associate".

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