sindrome di Crigler-Najjar, Gaia GroppiLa ragazza è affetta dalla sindrome di Crigler-Najjar, che la costringe ogni notte a otto ore di fototerapia. In Italia sta per iniziare una sperimentazione che potrebbe risolvere definitivamente il problema

Varese – Gaia Groppi ha 26 anni, una laurea in Scienze dell'Organizzazione e lavora nel campo delle risorse umane. Conduce una vita normalissima, ma ogni notte, da quando è nata, deve sottostare a una fastidiosa schiavitù: dormire sotto una lampada a raggi ultravioletti. La fototerapia è infatti l'unico modo per smaltire la bilirubina, che si accumula pericolosamente in chi, come lei, ha la sindrome di Crigler-Najjar. Questa rarissima malattia genetica del fegato, secondo una stima, colpisce in Italia circa 50-60 persone, che ora vedono nella terapia genica una speranza concreta di liberarsi dalla fototerapia: la sperimentazione inizierà tra qualche settimana a Bergamo e a Napoli, come ha spiegato in quest'intervista il dr. Lorenzo D'Antiga.

BILIRUBINA ALTA, MA UNA VITA NORMALE

Nata all'Ospedale di Varese, Gaia manifestò da subito un ittero persistente: i medici, nel corso dei tre mesi di ricovero, procedettero a una diagnosi differenziale per capire a quale patologia fosse dovuto, fino a identificare la sindrome di Crigler-Najjar di tipo 2, nella quale il deficit enzimatico è parziale e si ha una risposta al farmaco fenobarbital. Quattro anni dopo la famiglia ebbe la fortuna di incontrare il dr. Velio Venturi, fondatore di CIAMI (Crigler-Najjar Italia Associazione Malati Iperbilirubinemici), e il dr. Flavio Ronchi, pediatra e direttore scientifico della Onlus, ed entrò così a far parte dell'associazione.

Ogni notte Gaia fa circa 8 ore di fototerapia, in una camera dotata di un grande termosifone per contrastare il freddo, in quanto i raggi ultravioletti non possono essere ostacolati da indumenti, lenzuola o coperte. Chi è affetto dalla forma di tipo 1 (deficit totale) può arrivare a dover stare sotto la lampada per 10 o 12 ore. Per il resto, la malattia non condiziona la vita di Gaia: tutti gli anni, in vacanza in Sardegna, per 15 giorni evita di fare la fototerapia, sostituendola con la ben più efficace luce del sole. L'unico accorgimento da prendere, d'estate, è quello di non abbronzarsi, fatto che diminuirebbe l'effetto della fototerapia. Nessun problema neppure per viaggi più impegnativi (è stata per un anno in Scozia, con una lampada prestata da un amico scozzese affetto da Crigler-Najjar). Insomma, basta attrezzarsi, e anche l'associazione CIAMI ha dato il suo contributo mettendo a punto a questo scopo una piccola fototerapia portatile a misura di trolley.

AL VIA IL PROGETTO PER LA TERAPIA GENICA

Anche Gaia è in lista per la sperimentazione, ma non sa ancora se vi potrà partecipare: il numero dei pazienti, infatti, è superiore a quello dei posti disponibili nel trial (17 tra Italia, Francia e Olanda). La sperimentazione rientra nel progetto CureCN, un consorzio multidisciplinare che comprende 11 partner di 6 Paesi, ed è finanziato dai fondi di Horizon 2020, il Programma Quadro europeo per la Ricerca e l’Innovazione 2014–2020. Ente capofila di CureCN è Généthon, un ente no-profit di ricerca e sviluppo sulle bioterapie creato e finanziato dall'Associazione francese contro le miopatie (AFM-Téléthon), che organizza l'annuale maratona televisiva nel Paese. Coordinatore del progetto CureCN è il ricercatore italiano Federico Mingozzi.

L'IMPEGNO DELLE FAMIGLIE

“Quando è nata Gaia si sapeva poco di questa malattia, e tanti bambini morivano o riportavano danni irreversibili a causa del kernittero, la sua più grave conseguenza neurologica”, racconta Rossana Cantù Groppi, la madre di Gaia, vicepresidente di CIAMI Onlus. “Noi genitori abbiamo deciso di non farle affrontare il trapianto di fegato da piccola, ma di aspettare il compimento della maggiore età, in modo che potesse decidere da sola. Oggi, se entrasse a far parte della sperimentazione, potrebbe dire addio anche a questa ipotesi”, prosegue la madre della ragazza. “A volte è stato difficile per lei doversi giustificare con le persone che magari a scuola o in un negozio, vedendola un po' gialla sul viso e nelle sclere, le chiedevano se stesse bene”.

Ora che Gaia è più grande, è tutto più semplice: ha addirittura scelto di fare la sua tesi di laurea sul network di terapia genica CureCN. “Nella mia tesi, dal titolo 'Ricerca scientifica, co-produzione e no profit', ho voluto parlare proprio di questi argomenti e in particolare dell'importanza della collaborazione tra medici, ricercatori, associazioni e pazienti”, spiega Gaia. “Ho conosciuto e intervistato alcune persone che stanno lavorando al progetto CureCN e ho trovato in loro tanto entusiasmo, grande disponibilità nell'ascoltare le reali esigenze dei pazienti e a collaborare tra loro per raggiungere la cura più sicura e funzionale”, prosegue. “Spero di poter far parte di questo trial clinico perché, anche se da adulti sembra più facile affrontare le difficoltà, in realtà si arriva a un punto in cui non si sopporta più il fatto di dormire ogni notte sotto la lampada, di essere legati ad una macchina e di doversi giustificare quando gli altri ci vedono diversi”.

Guarda il video girato al meeting introduttivo di CureCN, lo scorso aprile ad Amsterdam.

CureCN has received funding from the European Union's Horizon 2020 research and innovation programme under grant agreement number 755225

CureCN ha ricevuto fondi dal programma europeo di ricerca e innovazione Horizon 2020 con l'accordo di finanziamento numero 755225

Seguici sui Social

Iscriviti alla Newsletter

Iscriviti alla Newsletter per ricevere Informazioni, News e Appuntamenti di Osservatorio Malattie Rare.

Sportello Legale OMaR

Tumori pediatrici: dove curarli

Tutti i diritti dei talassemici

Le nostre pubblicazioni

Malattie rare e sibling

30 giorni sanità

Speciale Testo Unico Malattie Rare

Guida alle esenzioni per le malattie rare

Partner Scientifici

Media Partner


Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni