Dolore addominale

I più comuni sono dolore addominale e muscolare, affaticamento, ansia e insonnia, e si manifestano a prescindere dalla frequenza degli attacchi neuroviscerali acuti

Murcia (Spagna) – L'aggettivo “intermittente” sembra essere sempre meno appropriato per descrivere la porfiria acuta intermittente (AIP). Questa rara malattia metabolica, causata dal deficit di un enzima coinvolto nella biosintesi dell'eme, rappresenta la forma più comune di porfiria epatica acuta (circa l'80% dei casi) ed è caratterizzata da attacchi neuroviscerali acuti, molto dolorosi. Numerose ricerche, però, hanno ormai appurato che l'AIP condiziona la vita quotidiana a prescindere dalla frequenza degli attacchi.

In particolare, in uno studio pubblicato nel 2018 e promosso da Alnylam Pharmaceuticals, la quasi totalità dei diciotto partecipanti (tutti tranne uno) riferivano di aver avuto sia attacchi acuti, sia sintomi cronici quotidiani. In altre parole, la maggior parte degli intervistati aveva manifestato dei sintomi sia nel corso delle esacerbazioni che fra un attacco e l'altro: in questi pazienti, quindi, la porfiria acuta non è solo intermittente, come suggerisce il nome.

Nel 2019, inoltre, sono stati resi noti i risultati dello studio EXPLORE, che meglio di tutti ha definito la storia naturale della malattia: in questo trial, condotto in 21 centri (7 negli Stati Uniti e 14 in Europa), i sintomi cronici sono stati segnalati dal 65% dei pazienti, e il 46% di loro li manifestava quotidianamente. I partecipanti, infine, hanno riportato una media di 6 attacchi acuti (con un range che andava da zero a un massimo di 52) nell'anno precedente all'avvio dello studio.

Il numero di attacchi avuti nel corso della vita è un indicatore utile per determinare la gravità della patologia e per collocarla in una delle sue forme: 'latente' se la persona non ha mai avuto attacchi, 'sporadica' se ne ha avuti meno di quattro all'anno o 'ricorrente' se ne ha avuti più di quattro.

Le più frequenti condizioni cliniche a lungo termine correlate alla patologia sono ipertensione, malattia renale cronica e carcinoma epatocellulare. I sintomi cronici sono invece dolori addominali e muscolari, debolezza, nausea, stanchezza, ansia e insonnia. È evidente, quindi, che i pazienti affetti da questa malattia abbiano una qualità di vita peggiore rispetto alla popolazione generale, anche nei periodi in cui non si verificano attacchi acuti. Tuttavia, le ricerche condotte su questi temi sono esigue, e quelle esistenti riguardano principalmente soggetti con forme ricorrenti. Recentemente uno studio pubblicato sull'Orphanet Journal of Rare Diseases da un team di esperti spagnoli ha colmato questo gap: i ricercatori hanno infatti valutato l'impatto della malattia sullo stato di salute dei pazienti con forme non ricorrenti durante i periodi in cui non si verificano attacchi.

Nello studio sono stati inclusi cinquantacinque partecipanti, con un'età media di 44,7 anni: 28 affetti dalla forma latente (la più comune) e 27 da quella sporadica (la più frequente fra quelle sintomatiche). Gli specialisti hanno riesaminato le cartelle cliniche e hanno condotto interviste individuali, esami fisici, analisi biochimiche ed ecografie addominali. La qualità di vita è stata valutata tramite il questionario EQ-5D-5L, che misura cinque dimensioni: “mobilità”, “cura di sé”, “attività abituali”, “dolore/disagio” e “ansia/depressione”. Infine, è stato effettuato uno studio comparativo fra le due forme.

Relativamente alle condizioni cliniche a lungo termine dei partecipanti, il dato più interessante è che il 14,5% di loro aveva ricevuto una diagnosi di malattia renale cronica, avvenuta all'età media di 34,6 anni, ed erano tutti affetti dalla forma sporadica. I sintomi cronici sono stati riportati nell'85,2% dei pazienti con AIP sporadica e nel 46,4% di quelli con AIP latente: il dolore addominale aspecifico e ricorrente è stato il sintomo più comune nell'AIP sporadica, seguito da affaticamento, dolore muscolare, ansia e insonnia, tutti con una frequenza significativamente più alta rispetto all'AIP latente. In quest'ultima forma, invece, il sintomo più riportato era l'ansia, seguita da affaticamento e dolore muscolare; l'ansia si è rivelata il principale problema psichiatrico in entrambi i gruppi, mentre i sintomi depressivi sono risultati meno frequenti. I pazienti con la forma sporadica hanno dunque uno stato di salute peggiore: in particolare, secondo il questionario EQ-5D-5L, l'impatto sui punteggi di “dolore/disagio”, “ansia/depressione” e “mobilità” era più intenso sia rispetto ai soggetti con la forma latente, sia rispetto alla popolazione generale spagnola.

“Il nostro studio, in sintesi, mostra che la porfiria acuta intermittente ha un impatto negativo sulla salute, ed evidenzia che i pazienti con la forma sporadica manifestano sintomi cronici significativi e condizioni cliniche a lungo termine, nonostante un basso tasso di attacchi o lunghi periodi senza attacchi”, spiegano gli autori. “L'AIP non dovrebbe essere considerata solo come una malattia acuta, poiché gli attacchi neuroviscerali non sono la sua unica espressione clinica. Ciò rafforza la necessità di un monitoraggio regolare dei pazienti con AIP sintomatica indipendentemente dal loro tasso di attacchi o dal tempo trascorso dal loro ultimo attacco, insieme a una corretta gestione del dolore”, concludono gli esperti spagnoli. “Particolare attenzione, infine, dovrebbe essere prestata alla funzione renale, al fine di rilevare il deterioramento precoce e la progressione verso la malattia renale cronica”.

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