La Prof.ssa Maria Domenica Cappellini (Milano): “L'internista è una figura chiave per la diagnosi e la terapia delle malattie rare”
Roma – Le malattie rare hanno avuto un ampio spazio all'interno del 118º Congresso della Società Italiana di Medicina Interna (SIMI), che si è svolto a Roma dal 27 al 29 ottobre scorsi. A margine del congresso, la Prof.ssa Maria Domenica Cappellini, Ordinario di Medicina Interna all'Università degli Studi di Milano e Direttore dell'U.O. di Medicina Interna presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, ha parlato nello specifico di un gruppo di malattie rare, le porfirie.
Professoressa, qual è il contributo dell'internista in quest'area?
L'internista è una figura chiave nella diagnosi e nella terapia delle malattie rare, che sono oltre 6.000, molte delle quali sono di pertinenza dell'adulto: vengono quindi riconosciute e diagnosticate in età giovane-adulta. Data la complessità della malattia rara, che spesso è una malattia multiorgano, l'internista è sicuramente il medico che in un'occasione, prima o poi, incontra un soggetto affetto da malattia rara, che in genere non è diagnosticato o viene diagnosticato molto tardivamente.
Proprio in quest'ottica, la SIMI ha contribuito enormemente, negli ultimi 2-3 anni, a sviluppare un'attenzione e un interesse alla diagnosi delle malattie rare, che comportano la conoscenza e la capacità di affrontare i problemi con una metodologia, per sospettare le varie malattie rare e indirizzarle ai centri che se ne occupano in maniera specifica.
Un secondo aspetto molto importante che riguarda alcune patologie rare di pertinenza pediatrica, o meglio, che vengono diagnosticate in età pediatrica, è quello della 'transizione': molti soggetti affetti da malattia rara, fortunatamente, oggi sopravvivono a lungo, superano l'età adolescenziale ed entrano nel mondo dell'adulto, ma non hanno una controparte che li assista come sono stati assistiti in età pediatrica. Questa è una tematica su cui l'internista deve lavorare tantissimo, ed è un impegno che, come SIMI, ci siamo presi.
Lei ha sviluppato una notevole esperienza nel trattamento delle porfirie: come possono essere inquadrate in questo gruppo di patologie?
Tra le malattie rare, sicuramente le porfirie rappresentano un capitolo complesso, soprattutto dal punto di vista diagnostico. Si riconoscono diverse forme di porfiria, alcune acute ed altre ad andamento più cronico: se ci focalizziamo sulle forme acute, che sono quelle a maggior rischio per la sopravvivenza dei pazienti, il problema è legato al fatto che l'attacco acuto spesso si manifesta con segni e sintomi che possono simulare molte altre patologie più comuni. Quindi, spesso, gli attacchi acuti di porfiria non vengono posti in una diagnostica differenziale di un paziente che si presenta in Pronto Soccorso o in una Unità di Medicina Interna con un corollario di sintomi che possono andare da dolori addominali non spiegabili ad alterazioni di tipo neurologico o epatico, e che possono simulare altri quadri.
Il messaggio che vorremmo trasmettere, dunque, anche attraverso la formazione in ambito internistico, è che le porfirie devono essere considerate in una diagnostica differenziale ogniqualvolta sintomi comuni ad altre patologie, ma non completamente spiegati, si presentano in un soggetto che in genere ha come quadro dominante il dolore addominale.
Fra le porfirie, le forme acute sono le più critiche. Quali trattamenti sono oggi disponibili?
Le forme acute, tra cui collochiamo in particolare la porfiria acuta intermittente e la porfiria variegata, sono caratterizzate da episodi acuti ricorrenti, molto spesso imprevedibili, che se non vengono adeguatamente riconosciuti come attacchi di porfiria e trattati invece in altro modo, possono esporre il paziente a gravi rischi. Spesso, questi pazienti vengono mandati in sala operatoria per dolori addominali importanti, o finiscono in reparti psichiatrici per comportamenti anomali legati alle problematiche generate da queste patologie.
Quindi, il riconoscerle è fondamentale per evitare rischi o esposizioni a trattamenti che possono peggiorare la situazione. La problematica maggiore, tuttavia, è che ad oggi gli strumenti terapeutici sono piuttosto limitati. Di fronte a un attacco acuto in cui ancora non è stata posta la diagnosi, il consiglio che suggeriamo sempre è l'infusione di soluzione di glucosio, perché si è visto che alla concentrazione del 10%, o anche più, può quantomeno controllare l'acuzie dell'evento, che può portare il paziente in rianimazione. Questo è un primo approccio.
Il secondo approccio terapeutico, l'unico fino ad ora disponibile, è l'arginato di ematina, che viene infuso nel momento dell'attacco acuto per cercare di controllare la via metabolica dell'eme ed evitare un eccessivo accumulo di protoporfirine. Va detto che, però, anche questa situazione non risolve completamente la problematica del trattamento delle porfirie, quindi ancora oggi ci sono degli 'unmet need', che richiedono un investimento di ricerca per possibili nuovi target terapeutici.
Vi saranno delle novità terapeutiche nel prossimo futuro?
Oggi, avendo conosciuto i meccanismi fisiopatologici delle porfirie, in particolare delle forme acute, quindi avendo riconosciuto quali sono i difetti enzimatici della via biosintetica dell'eme, e grazie allo sviluppo delle nuove tecniche di biologia molecolare, è possibile pensare e disegnare delle terapie mirate, ed è il passaggio che stiamo vivendo proprio in questi ultimi due anni. C'è sicuramente un interesse, pur trattandosi di malattie rare, da parte delle biotech che investono nella ricerca molecolare.
A breve partirà un trial clinico con un approccio terapeutico di RNA interference: è una tecnica, con una molecola ovviamente, che va ad agire sulla regolazione del gene coinvolto nella malattia e che dovrebbe appunto 'targettare' in modo specifico il difetto e controllarlo. I dati preliminari di uno studio di Fase II, che è stato condotto negli Stati Uniti, sono molto positivi, e a breve partirà uno studio in cui anche noi saremo coinvolti. Questa è dunque una promessa e un'attenzione che verrà rivolta ai pazienti con porfirie acute.
Il video dell'intervista alla Prof.ssa Cappellini
Seguici sui Social