Fabrizio Malta, presidente di AIMAK

Il presidente Malta: “Ci siamo resi conto che molti non vogliono rivelare la diagnosi; al contrario, parlare apertamente delle proprie difficoltà fa bene”

Invalidante. È questo il primo aggettivo che si incontra nella descrizione dell’atrofia muscolare spinale e bulbare (SBMA), nota anche come malattia di Kennedy, sul sito di AIMAK, l’associazione dei pazienti e familiari nata nel 2019 per volontà dell’attuale presidente Fabrizio Malta. Individuata per la prima volta dal dottor Hiroshi Kawahara nel 1897, in due fratelli e un loro zio materno, la patologia fu descritta in maniera dettagliata solo 70 anni dopo, nel 1968, da Milton Alter, Joo Ho Sung e William Kennedy, lo scienziato da cui prende ancora oggi il nome. Si tratta di una rara forma di atrofia muscolare che, secondo quanto si legge sul sito dell’associazione, presenta un’incidenza di un caso su 536.315 maschi all’anno e una prevalenza di un caso ogni 30.000 nati maschi.

Trattandosi di una malattia a ereditarietà recessiva legata al cromosoma X, colpisce solo gli uomini, mentre le donne possono essere portatrici. Ha esordio nell’età adulta, nella fascia di età compresa tra i 30 e i 60 anni, e prevede una progressione lenta ma inesorabile, che abbassa di poco l’aspettativa di vita. “In quanto malattia neurodegenerativa tende a peggiorare nel tempo, causando l’atrofizzazione dei muscoli, in particolare quelli delle gambe, ma anche quelli delle braccia, della respirazione, della masticazione e della deglutizione, rendendo per noi pazienti difficile compiere i normali gesti della vita quotidiana e rendendo necessario l’uso di ausili per camminare, fino, in diversi casi, all’utilizzo della sedia a rotelle”, spiega il presidente di AIMAK.

Fabrizio Malta, romano, ha deciso di fondare l’Associazione Italiana Malattia di Kennedy (AIMAK) alla fine del 2019 per dare voce ai pazienti, ai medici e ai ricercatori che stanno tentando di trovare una cura per l’atrofia muscolare spinale e bulbare. In particolare, l’Associazione intende raccontare all’opinione pubblica come si vive con la patologia, migliorare la vita delle persone affette, sostenere la ricerca attraverso raccolte fondi e favorire la comunicazione tra i ricercatori di varie nazionalità. “Abbiamo creato un Comitato Scientifico composto da medici e ricercatori di livello internazionale e abbiamo dato voce ai tre centri italiani di eccellenza nella presa in carico della malattia: l’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, l’Azienda ospedale-Università di Padova e il Centro Clinico Nemo del Policlinico Gemelli di Roma”, spiega il Presidente.

Sul fronte del benessere dei pazienti, invece, è stato creato uno sportello psicologico online dedicato, che offre percorsi di psicoterapia a prezzi calmierati, e uno spazio dove poter fare online sedute di fisioterapia one to one personalizzate e adattate allo stato di avanzamento della malattia. “I primi tre incontri sono completamente gratuiti per i soci AIMAK”, chiarisce Malta. “L’obiettivo è quello di insegnare ai nostri soci alcuni esercizi specifici da fare poi in autonomia per arginare gli effetti della patologia”. Sempre ai pazienti è dedicato il progetto “Che piacere vederti”, che consiste in quattro incontri annuali online nel corso dei quali è possibile confrontarsi e raccontare la propria esperienza. “È un momento di aggregazione sempre molto gradito”, prosegue il presidente. “Possiamo parlare delle problematiche e delle best practice, condividendo il nostro vissuto personale. Da quest’anno poi – aggiunge – abbiamo creato anche due momenti dedicati ai caregiver, che hanno così l’occasione di incontrarsi online e supportarsi nella gestione dei propri partner, genitori o figli”. Una volta l’anno, inoltre, AIMAK organizza un convegno nazionale, dove medici e ricercatori possano fare il punto sullo stato della ricerca a livello italiano e internazionale. Dopo Milano, Padova e Trento, il prossimo appuntamento è per il 4 e 5 ottobre a Roma. “Sulla malattia di Kennedy si stanno portando avanti diversi studi scientifici in tutto il mondo e l'Italia è all'avanguardia con diversi studi in atto e due trial clinici appena partiti. Di questo e molto altro si discuterà al meeting di Roma, che parlerà anche di fisioterapia respiratoria, dell’importanza del supporto psicologico e di come gli ausili ortopedici possano rendere la vita più semplice”.

Attualmente l’AIMAK conta una crescita continua di pazienti e caregiver che desiderano diventare soci dell’associazione. “Ma se questa è una buona notizia, si registra a livello nazionale, e in particolare al Sud, ancora un numero troppo basso di pazienti”, commenta il presidente. “È come se la malattia di Kennedy si fermasse a Roma. Nelle regioni meridionali esiste, probabilmente, una sacca di pazienti che non hanno ricevuto la diagnosi corretta, un problema di cui spesso gli stessi interessati non si preoccupano molto”. Infatti, poiché l’atrofia muscolare spinale e bulbare può manifestarsi anche in età avanzata, nell’esperienza dell’associazione, alcuni pazienti non sentono la necessità di ottenere la diagnosi corretta e, in certi casi, quando l’hanno ottenuta, evitano di rivelarla. “Ci sono pazienti che fino a 60 anni riescono ancora a vivere abbastanza bene”, sottolinea Malta. “In genere sono proprio quelli che hanno più difficoltà ad accettare la malattia. Ma questa condizione comporta non solamente problematiche del sistema muscolare, ma anche difficoltà di natura respiratoria o agli organi interni, come il fegato, o disturbi metabolici (come il diabete e il colesterolo), problemi dell’apparato uro-genitale e osteoporosi. Risulta quindi fondamentale essere seguiti da centri che conoscono bene la malattia di Kennedy e tutte le problematiche correlate. Come AIMAK stiamo cercando di incontrare questi pazienti in modo che possano uscire allo scoperto con serenità e seguire uno stile di vita adeguato e, soprattutto, essere seguiti da personale formato sulla patologia”, conclude Malta. “Non bisogna vergognarsi di essere malati, anzi raccontare le nostre difficoltà a volte ci aiuta a essere di esempio per gli altri e a toglierci un peso. È una cosa che certamente ci fa sentire meglio”.

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