Pseudomixoma: un tumore che cresce nell’addome

Qualche mese fa la campionessa di tennis Tathiana Garbin, attuale capitano della nazionale femminile, ha annunciato di aver subito due operazioni a causa della patologia

La gelatina è un prodotto che tendiamo ad associare ai coloratissimi dolci di cui traboccano i banconi nelle pasticcerie pertanto assume quasi sempre una connotazione positiva, tuttavia coloro che ricordano il film cult del 1958 “The Blob - Fluido mortale” (con un giovanissimo Steve McQueen) e quanti hanno visto una medusa abbastanza da vicino da esser punti, sanno che la gelatina può essere anche pericolosa. Lo conferma la realtà dello pseudomixoma peritonei, un tumore rarissimo (l’incidenza è di 1-2 casi per milione all’anno) che si localizza nella cavità del peritoneo, dove tende ad accumularsi del materiale mucinoso, provocando una condizione nota come “jelly belly”, cioè addome a consistenza gelatinosa. Per capire meglio che tipo di tumore sia e come si possa curare ci siamo rivolti al prof. Fabio Pacelli, Direttore dell’U.O.C. di Chirurgia del Peritoneo e del Retroperitoneo presso l’IRCCS Fondazione Policlinico Gemelli di Roma.

SEGNI E SINTOMI DELLO PSEUDOMIXOMA PERITONEI

Lo pseudomixoma peritonei è un tumore ad accrescimento lento che, solitamente, trae origine da una neoplasia dell’appendice, dell’intestino o dell’ovaio”, spiega il prof. Pacelli. “Infatti, si ritiene possa manifestarsi come conseguenza della lenta diffusione nella cavità addominale di un altro tipo di tumore che, nella stragrande maggioranza dei casi, interessa l’appendice. Questa può essere colpita da una forma tumorale muco-producente che poi si rompe e riempie l’addome di mucina”. In termini pratici è come se nell’addome si accumulassero grappoli d’uva avvolti in vari strati di materiale gelatinoso.

Di pseudomixoma peritonei ha dichiarato di esser ammalata anche la campionessa di tennis Tathiana Garbin, quarantaseienne ex numero 22 al mondo nella classifica WTA e attuale capitano della Squadra italiana femminile alla Billie Jean King Cup. Proprio in occasione dell’ultima edizione del torneo, disputata lo scorso anno a Siviglia, Garbin aveva annunciato di doversi sottoporre a delle operazioni chirurgiche per curare il tumore. Sebbene provata dalla malattia l’atleta veneziana non ha voluto rinunciare ad essere vicina alle sue ragazze che disputavano la finale (poi persa contro il Canada). Alcune settimane più tardi, in un’intervista al Corriere della Sera ha raccontato la sua esperienza con lo pseudomixoma peritonei, iniziata con forti dolori alla pancia.

La prima modalità con cui uno pseudomixoma si manifesta è di tipo acuto, con un dolore ai quadranti addominali inferiori che può far propendere per l’ipotesi di appendicite acuta”, prosegue Pacelli. “A volte però capita che in certe persone, operate d’urgenza, il chirurgo si trovi di fronte un’appendice perforata con presenza più o meno abbondante di materiale mucinoso nel peritoneo, aspetto che costituisce un tipico segnale d’esordio acuto dello pseudomixoma. Diversamente, può accadere che il paziente noti un progressivo aumento delle dimensioni dell’addome e si rivolga al medico per problemi di gonfiore addominale, senza tuttavia avvertire particolare dolore”. Infatti, esistono due forme di pseudomixoma peritonei: quelle più aggressive - dette di alto grado - in cui le cellule tumorali sono presenti nella sostanza mucosa, e quelle benigne, caratterizzate solamente dall’accumulo di materiale mucoso più o meno denso. “Mentre gli pseudomixomi di alto grado aggrediscono gli organi della cavità addominale - tra cui intestino tenue e colon, stomaco, fegato, milza oppure organi pelvici quali utero ovaie e vescica - quelli benigni hanno invece un carattere indolente, non provocano sintomi particolari e perciò la diagnosi tende a giungere in ritardo, quando la malattia è già estesa nell’addome”.

LA DIAGNOSI

Come accertarsi della presenza di uno pseudomixoma del peritoneo? Il medico che sospetti la malattia suggerisce fin da subito indagini strumentali, comprendenti una Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) con mezzo di contrasto o una risonanza magnetica, per studiare la situazione dell’addome. “Di fronte a un sospetto di pseudomixoma peritonei è obbligatorio eseguire nel paziente un intervento diagnostico in laparoscopia”, precisa Pacelli, spiegando come questo esame sia minimamente invasivo e si effettui tramite l’introduzione di una microcamera all’interno della cavità peritoneale allo scopo di visualizzare l’estensione della malattia e prelevare anche dei campioni istologici. “Il peritoneo può essere suddiviso in 9 quadranti e in base al numero di noduli e alla quantità di muco presente si genera un punteggio che va da 0 a 39 e definisce la gravità della malattia e le sue possibilità di essere curata”.

L’APPROCCIO TERAPEUTICO

L’esame istologico è dunque fondamentale per capire quale sia il miglior approccio terapeutico: se sia necessario eseguire subito l’intervento chirurgico o sia meglio farlo precedere dalla somministrazione di un chemioterapico, o se, ancora, sia necessario optare per un intervento palliativo così da migliorare i sintomi e procedere in seguito con la chemioterapia. “L’intervento chirurgico può essere lungo, complicato e molto delicato”, afferma l’esperto romano. “Il chirurgo deve possedere una robusta esperienza di una malattia rara come questa per raggiungere un residuo tumorale pari a zero. Ciò significa una macroscopica asportazione di ogni traccia del tumore che può comportare anche il sacrificio di parte di numerosi organi endo-addominali, come le ovaie, l’utero e gli annessi, parte dell’intestino o la milza”. È proprio il caso della Garbin, a cui è stata asportata la milza nel corso degli interventi eseguiti all’Ospedale Cisanello di Pisa, in seguito alla diagnosi di pseudomixoma del peritoneo. “Gli interventi chirurgici per rimuovere il tumore e ripulire la cavità peritoneale da ogni sua traccia possono durare molto a lungo”, precisa Pacelli, protagonista insieme alla sua equipe di un’eccezionale rimozione di uno pseudomixoma nel corso di un intervento in due fasi di 12 ore intervallate da 24 ore di terapia intensiva. “Si tratta di casi particolari con resezioni molto estese che devono esser attentamente valutate in fase di preparazione. Solo così si danno chances di sopravvivenza ai pazienti”.

Le percentuali di guarigione dallo pseudomixoma peritonei possono arrivare al 90% per le forme di basso grado, riducendosi invece nel caso di quelle più aggressive, in cui aumenta il rischio di comparsa di recidive. Tuttavia, uno pseudomixoma di basso grado non riconosciuto per tempo, a cui sia stato concesso il tempo di crescere e diffondersi, mette a repentaglio la vita del paziente suscitando problematiche di compressione degli organi interni, ad esempio comprimendo il diaframma e compromettendo la capacità respiratoria. In questi casi anche una rimozione chirurgica parziale può produrre un miglioramento della qualità di vita. Ciononostante, occorre sempre rivolgersi ai centri esperti dotati di reparti di chirurgia all’avanguardia, popolati da personale che conosca a fondo la problematica.

ATTENZIONE A RIVOLGERSI SEMPRE AI CENTRI ESPERTI

“Il medico che si imbatta occasionalmente in uno pseudomixoma del peritoneo deve assolutamente astenersi dall’effettuare un’operazione chirurgica poiché un intervento parziale o che non tenga sufficientemente conto dell’estensione del tumore potrebbe aprire strade che prima erano anatomicamente chiuse, dando così modo al materiale mucoide e alle cellule neoplastiche di diffondersi ulteriormente”, dichiara Pacelli. “Inoltre, l’intervento deve esser svolto in centri di riferimento non solo per ottenere una buona cura intra-operatoria ma anche per ricevere la miglior assistenza post-operatoria con cui fronteggiare le complicanze”. La gestione delle complicanze successive all’operazione è uno degli aspetti del racconto di Tathiana Garbin e non bisogna dimenticare che - specie nel caso di operazioni della durata di varie ore - si tratta di conseguenze inevitabili (la degenza media in seguito all’operazione è di 10 giorni): ecco perché l’equipe chirurgica deve esser pronta ad affrontarle, come accade all’Unità di Chirurgia del Peritoneo e del Retroperitoneo del Gemelli, in cui la mortalità post-operatoria per questo tipo di tumore si è azzerata. “L’operazione si conclude con una chemioterapia intra-peritoneale ad alta temperatura (Hipec)”, aggiunge Pacelli. “Una volta eseguito l’intervento di citoriduzione con asportazione del peritoneo malato e degli altri organi coinvolti, per massimizzare gli effetti dell’atto chirurgico si esegue un lavaggio intra-operatorio della durata di circa novanta minuti con un chemioterapico ad alta temperatura (42-43°C) che consente al farmaco di raggiungere maggiori livelli di efficacia e penetrazione dei tessuti. Questo passaggio supporta la rimozione di eventuali cellule residue attraverso l’introduzione nel momento di massima necessità di un farmaco attivo sul residuo tumorale microscopico”. Si tratta di una fase che può ulteriormente complicare l’intervento, confermando la necessità che esso sia svolto solo da chirurghi con una lunga esperienza di pseudomixoma del peritoneo.

Questa patologia tumorale è molto rara e non bisogna quindi cedere al pensiero che dietro ogni gonfiore addominale si celi uno pseudomixoma”, conclude Pacelli. “Ciononostante è essenziale dare informazioni ai pazienti e ai medici affinché suggeriscano i corretti esami di approfondimento e invitino i loro assistiti a rivolgersi e farsi seguire da personale altamente qualificato in materia di tumori rari”.

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