Terapia per il cancro al seno HER2Low: verso la rimborsabilità per un anticorpo monoclonare

Le interrogazioni parlamentari dell’On. Sportiello e dell’On. Malavasi portano l’attenzione su un problema che esige una rapida soluzione. Il tumore alla mammella metastatico HER2Low colpisce circa 30 mila donne in Italia

Lo scorso anno, durante la presentazione al Congresso della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO) dei dati sull’anticorpo monoclonale coniugato trastuzumab deruxtecan (nome commerciale: Enhertu) contro il tumore alla mammella metastatico HER2Low, l’intera platea di oncologi è esplosa in un boato che i presenti difficilmente dimenticheranno e che testimoniava, al di sopra di ogni cosa, l’entusiasmo per un traguardo cruciale nella lotta al tumore alla mammella. Ciononostante, a un anno di distanza da allora quel risultato considerato una pietra miliare dell’oncologia moderna fatica a tramutarsi in pratica clinica. Lo confermano due recenti interrogazioni parlamentari incentrate proprio sulla rimborsabilità del trattamento per le pazienti affetti da tumore metastatico alla mammella.

Sostenute rispettivamente dall’On. Sportiello (M5S) e dall’On. Malavasi (PD), le due interrogazioni presentate alla Camera dei deputati la scorsa settimana vertono su trastuzumab deruxtecan, un anticorpo monoclonale coniugato a un chemioterapico che, rispetto ad altri farmaci impiegati per il trattamento del cancro alla mammella in metastasi, ha riscosso risultati particolarmente significativi. Sia per le forme HER2+ che per quelle HER2Low, di cui aveva parlato in un’intervista alla testata Sperimentazioniclinihe.it il prof. Paolo Tarantino, Research Fellow presso il Dana-Farber Cancer Institute e la Harvard Medical School di Boston, nonché oncologo presso l’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano, il quale l’anno scorso era a Chicago per prendere parte alla presentazione dei risultati del farmaco.

Gli anticorpi coniugati come trastuzumab deruxtecan sono stati i “grandi protagonisti” di quella edizione del Congresso ASCO di conseguenza l’attesa per un’estensione del loro utilizzo alla pratica clinica era forte. Purtroppo, come ribadiscono le interrogazioni parlamentari poc’anzi citate, sono “incomprensibilmente attive due diverse procedure per la rimborsabilità dello stesso farmaco”.

Trastuzumab deruxtecan è già stato approvato dall’Agenzia Italiana per il Farmaco (AIFA) per la cura del cancro metastatico alla mammella di tipo HER2+, cioè una forma nella quale la presenza in più copie del gene HER2 determina un’elevata espressione della proteina omonima, conferendo alle cellule tumorali maggior aggressività. HER2 esercita una funzione fondamentale per la crescita e la proliferazione del tumore e i risultati dello studio di Fase III Destiny-Breast04 presentati l’anno scorso a Chicago mostravano in maniera chiara i vantaggi di trastuzumab deruxtecan anche contro il tumore alla mammella metastatico HER2Low che, solo in Italia, colpisce circa 30 mila donne.

Da così tanto tempo queste pazienti attendono la possibilità di curarsi con trastuzumab deruxtecan, approvato da AIFA oltre che per la cura del cancro metastatico alla mammella HER2+ anche per le forme HER2Low, ma per cui è stato concluso l’iter di rimborsabilità unicamente per HER2+, lasciando quindi le donne affette da HER2Low sospese fino al termine del nuovo iter, cosa che dovrebbe avvenire non prima di febbraio 2024.

Sportiello e Malvasi si rivolgono al Ministero della Salute chiedendo quali siano le “motivazioni che fanno coesistere due procedure di approvazione per una medesima patologia che differenzia i pazienti che ne sono affetti a seconda della bassa o alta presenza della proteina HER2” e quali siano le iniziative da intraprendere per colmare questo vuoto terapeutico.

La casa farmaceutica che produce il farmaco è la stessa e il tipo di cancro anche, la sola distinzione riguarda la concentrazione di proteina HER2 nel sangue. Ulteriore elemento di discussione deriva dal fatto che - come si legge nell’interrogazione parlamentare di Malvasi - “nel caso di HER2+ e nelle more della rimborsabilità è stato previsto l’uso compassionevole, mentre per HER2Low tale possibilità non è stata prevista dalla casa farmaceutica”. È necessario dunque che la politica sia sensibile a un tale problema attivandosi per assicurare a tutte le pazienti i medesimi tempi di accesso al farmaco, evitando che coloro che soffrono di cancro alla mammella metastatico HER2Low debbano attendere tempi maggiori per l’accesso alle cure, quando è noto che proprio il tempo è l’elemento contro cui devono fare i conti i malati oncologici.

Nel frattempo uno studio sull’European Journal of Human Genetics condotto dagli oncologi dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) su una rara e aggressiva forma di carcinoma mammario - detto metaplastico - stabilisce per la prima volta un legame fra la patologia e le mutazioni del gene BRCA1, divenuto “celebre” da quando l’attrice Angelina Jolie e, più di recente, la modella Bianca Balti  hanno dichiarato di avere delle mutazioni ad esso correlate. Risultano particolarmente scarse le informazioni sul carcinoma mammario metaplastico, sebbene alcune pubblicazioni avessero posto il sospetto che nella sua evoluzione patogenetica potessero esser coinvolte mutazioni nel gene BRCA1. I ricercatori milanesi hanno pertanto riesaminato tutte le pazienti con cancro alla mammella che avevano sostenuto un test genetico per la ricerca di mutazioni nei geni BRCA1 e 2 scoprendo che un’elevata percentuale dei tumori metaplastici diagnosticati è di tipo ereditario: infatti, circa il 65% delle pazienti con questo tumore presenta una mutazione patogenica della linea germinale. Nell’86,7% dei casi tale variante è associata al gene BRCA1. Va precisato che si tratta di un risultato ottenuto su una casistica di malati fortemente selezionata e che saranno necessarie indagini di popolazione più ampie ma quanto visto potrebbe rappresentare un solido punto di partenza per lo sviluppo di future opportunità terapeutiche.

Una bella prova che la ricerca non dorme mai e che non bisogna smettere di impegnarsi affinché i risultati da essa promossi diventino parte integrante dei protocolli di cura dei malati.

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