Copertina del volume La mia storia è quella di mio fratello

Migliore il rapporto con i fratelli malati, gli atteggiamenti sono per lo più di aiuto e protezione. I sibling si sentono più liberi di esprimersi con i fratelli che con mamma e papà

Roma – Un’indagine condotta da Osservatorio Malattie Rare (OMaR) nell’ambito del Progetto Rare Sibling, realizzato con il contributo non condizionato di Pfizer, scatta la prima fotografia dei fratelli e delle sorelle di persone affette da una malattia rara nel nostro Paese. I risultati, analizzati con la supervisione della dottoressa Laura Gentile, psicologa e psicoterapeuta, mostrano un mondo tutto da scoprire e caratterizzato da sentimenti talvolta ambivalenti e da una percezione differente della realtà tra figli e genitori.

Il questionario online, strutturato in due formulari diversi – uno per i sibling e uno per i genitori – è rimasto aperto per 7 mesi ed ha raccolto le risposte di 83 ‘rare sibling’ e di 126 genitori, con una netta prevalenza del genere femminile. Le sorelle rappresentano infatti il 73,5% delle risposte, e le madri addirittura l’85%, a conferma che l’accudimento – di un fratello o di un figlio – è un ruolo rivestito soprattutto dalle donne, anche in giovane età, visto che la metà dei sibling che ha risposto ha meno di 30 anni.

Dall’indagine emerge che l’impatto della malattia rara è stato significativamente percepito come responsabile di grandi cambiamenti nella vita e nell’organizzazione familiare, sia dai sibling (per il 70%) che dai genitori (87,3%) ma tra i due gruppi ci sono percezioni differenti, per circa il 30% dei siblings l’elemento più significativo è relativo alla diminuzione del tempo disponibile dei genitori, mentre per i genitori a pesare di più è la riorganizzazione familiare e delle relazioni. La condizione mette a dura prova tutto il nucleo familiare, compresi i genitori che risentono anche dei cambiamenti nell’aspetto lavorativo, soprattutto a fronte del peggioramento della condizione economica o della perdita/rinuncia al lavoro da parte di uno dei genitori, solitamente la madre.

I sibling sono comunque ottimisti, circa il 60% dice di passare sempre o spesso momenti di leggerezza e svago in famiglia, mentre la percentuale di queste risposte tra i genitori è del 36,5%. È evidente da queste risposte che la presenza di una malattia rara viene vissuta con maggior peso dai genitori. A conferma di ciò, il dato che i genitori sentono, e spesso vivono con senso di colpa, è il fatto di non passare abbastanza tempo esclusivo con i figli non affetti dalla malattia: il 45% di loro vorrebbe avere più tempo a disposizione, mentre solo 21% dei sibling lamenta di non avere mai del tempo dedicato e il 44% di loro dice comunque di poter passare del tempo esclusivo con la madre o il padre.

Per quanto riguarda invece il rapporto con i fratelli affetti da malattia rara, il 41% dei sibling ritiene di essere trattato in maniera equa, mentre solo il 31% dei loro genitori ritiene di riuscire in questo. I loro atteggiamenti nei confronti del fratello/sorella sono principalmente di aiuto (lo dicono il 50% dei sibling e il 60% dei genitori), con reazioni che possono anche essere di iperprotezione o di difesa. Nel 20,6% delle risposte dei genitori, però, emergono anche atteggiamenti di disinteresse da parte dei fratelli, una percezione che non trova riscontro nei sibling.

I sentimenti negativi, come aggressività, attribuzione della colpa, indifferenza, ostilità e ribellione, provati dai sibling per i loro genitori sono ammessi dal 35% del campione, più di uno su tre. Molto meglio va nel rapporto tra fratelli: il 61.5% dei sibling si sente più libero di esprimere le proprie emozioni con loro che con i genitori (45.8%) e questo indica come la relazione fraterna sia più spontanea nonostante la presenza di una malattia rara. A prevalere tra le emozioni è l’affettuosità (66,3%), anche se accompagnata da tristezza (44,6%), ansia (42,2%) e anche rabbia (37,3%).

La peculiarità dell’essere sibling emerge anche se si rivolge lo sguardo al futuro: mentre i genitori dicono per lo più di non voler coinvolgere i sibling nell’accudimento del fratello malato, il 67% di questi sente che è previsto un proprio ruolo in tal senso e il 50% teme il futuro e, pur desiderando una vita autonoma, il 51,4% vorrebbe realizzarla senza allontanarsi troppo dalla famiglia d’origine per poter essere d’aiuto. E se i genitori si dicono contenti per questi progetti di autonomia, in realtà il 58,7% è estremamente preoccupato per l’impatto che l’allontanamento potrebbe avere sul figlio con malattia rara.

È infine riconosciuto, tanto dai sibling che dai loro genitori, che la presenza della malattia rara nella famiglia, al di là delle difficoltà, comporta anche degli aspetti positivi per la crescita del sibling, riconoscendo in un maggiore senso di responsabilità e in una maggiore sensibilità le caratteristiche più sviluppate. Essere sibling, insomma, può essere duro, ma è un’esperienza che nella vita si può trasformare in punto di vantaggio.

I risultati dell'indagine condotta nell'ambito del Progetto Rare Sibling sono pubblicati nel volume "La mia storia è quella di mio fratello. Racconti di famiglie e di malattie rare".

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