Mario Capasso (Università di Napoli “Federico II”): “la nuova frontiera è sicuramente definita dal ricorso alla terapia personalizzata, con lo sviluppo di farmaci inibitori diretti contro le proteine alterate da specifiche mutazioni genetiche”

Spesso accade che da una perdita dolorosa nasca un’opportunità preziosa per molti. È il caso dell’Associazione Mawu (Marsilio always with us), una Onlus fondata in ricordo di Marsilio, un ragazzo strappato troppo presto alla vita dal neuroblastoma, un tumore maligno dell’età infantile che però, in casi molto rari, può colpire anche l’adulto. Si tratta di una malattia per certi versi sconosciuta e, purtroppo, molto pericolosa.

Il neuroblastoma è un tumore dell’infanzia che insorge mediamente in età prescolare nel periodo compreso tra i 7 e i 17 mesi”, spiega Mario Capasso, ricercatore in Genetica Medica - CEINGE Biotecnologie Avanzate presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. “La sua caratteristica principale è proprio l’alto grado di eterogeneità clinica, biologica e genetica. Esistono forme di neuroblastoma molto aggressive, considerate ad alto rischio, che presentano un intervallo di sopravvivenza estremamente ridotto, con un risicato 15-20% dei pazienti che sopravvive alla malattia. D’altra parte, esiste anche un altro gruppo di pazienti affetto da forme lievi, con curve di sopravvivenza ottime che dimostrano come il 90% dei malati sia in grado di superare la malattia. Esiste, però, anche un neuroblastoma dell’adulto [il neuroblastoma olfattivo, N.d.R.], che è molto raro e allo stesso tempo molto aggressivo e difficile da curare”.

Le conoscenze mediche in merito a questo tumore raro – in Italia si registrano appena 130 casi l’anno – sono ancora piuttosto lacunose, anche se sono state identificate alcune precise alterazioni genetiche che sembrano ricondurre alla genesi della malattia: una di queste è l’amplificazione del gene MYCN, il primo ad essere stato identificato e associato a una prognosi piuttosto infausta. Più di recente, in un ristretto numero di pazienti è stata individuata una mutazione nel gene ALK correlata alla malattia. Anche alcune varianti del gene BARD1 sembrano poter essere considerate un fattore predisponente all’insorgenza del neuroblastoma, sebbene questo aspetto sia ancora  corso di studio. “Stabilire le cause del neuroblastoma è ancora difficile, perché questa è una malattia eterogenea e ci sono vari fattori biologici e genetici che concorrono al suo sviluppo”, chiarisce Capasso. “Ogni tumore ha una sua storia, una sua progressione e richiede una specifica terapia, che deve essere personalizzata per il paziente e va sviluppata sulla base delle caratteristiche biologiche del tumore stesso”.

Purtroppo, il neuroblastoma affligge prevalentemente neonati o bambini in tenera età, molti al di sotto dei 10 anni, e questo lo rende particolarmente difficile da diagnosticare. Nonostante vi siano casi identificati addirittura prima della nascita, grazie all’impiego di tecniche ecografiche, la diagnosi avviene, in media, intorno a 1-2 anni d'età. I sintomi possono essere di vario tipo perché questo tumore colpisce le cellule del sistema nervoso autonomo che sono coinvolte in molti processi di fondamentale importanza, dalla respirazione al battito cardiaco. Una delle peculiarità del neuroblastoma è la sua tendenza a metastatizzare in diverse aree dell’organismo; pertanto, la sintomatologia può includere la presenza di masse addominali, problematiche respiratorie, dolore o chiazze scure sul corpo. “Questo tumore è molto difficile da individuare”, conferma Capasso. “A volte non se ne conoscono i segni clinici, spesso non semplici da interpretare. Ad esempio, anche una febbre persistente o la perdita di peso possono costituire dei sintomi. In alcuni casi, compaiono ecchimosi a livello degli occhi. In altre circostanze, sono necessarie indagini più approfondite per capire che ci si trova davanti ad un neuroblastoma”. Al di là dell’osservazione clinica, che rimane fondamentale, la medicina di laboratorio non offre molte armi: questo tumore riguarda sostanzialmente le cellule del surrene e, pertanto, si tende ad eseguire il dosaggio delle catecolamine urinarie in accompagnamento a esami come l'enolasi neurone-specifica (NSE). La diagnostica per immagini gioca un ruolo cruciale, specie per la stadiazione del tumore, ma quando si ha un sospetto di malattia possono essere utili anche i biomarcatori genetici. “Grazie alle indagini genetico-molecolari è possibile rilevare le mutazioni dei geni ALK o MYCN”, spiega l’esperto. “Inoltre, si possono individuare alcune aberrazioni genomiche tipiche della malattia, che aiutano a definirne il livello di aggressività”.

Il mio gruppo di ricerca, che collabora con il Prof. Achille Iolascon, ordinario di Genetica Medica dell’Università Federico II di Napoli, sta cercando di concentrarsi sulla genetica di questi tumori”, prosegue Capasso, che spiega come la comprensione delle alterazioni del DNA associate alla malattia sia di fondamentale importanza per lo sviluppo di potenziali nuove opzioni terapeutiche. “La scelta della terapia dipende in massima parte dalle condizioni del paziente”, conclude Capasso. “La chirurgia è un’opzione sicuramente valida, sia per il bambino che per l’adulto, perché permette la riduzione della massa tumorale. Può essere associata a diversi cicli di chemioterapia o all’uso della radioterapia. Per il neuroblastoma viene spesso usata anche l’immunoterapia, che ha garantito un evidente aumento della sopravvivenza, ma la nuova frontiera è sicuramente definita dal ricorso alla terapia personalizzata, con lo sviluppo di farmaci inibitori diretti contro le proteine alterate da specifiche mutazioni genetiche”.

Negli ultimi anni, anche grazie al contributo di associazioni come Mawu, la ricerca in campo oncologico ha compiuto un notevole balzo avanti. Fino a poco tempo fa, infatti, la mortalità dovuta al neuroblastoma era molto più alta, anche all’interno del gruppo di pazienti a basso rischio. Oggi, molti più tumori possono essere curati e molte più vite salvate. E questo grazie anche a persone come Marsilio, che purtroppo non ce l’hanno fatta, ma che hanno lasciato ad amici e familiari il desiderio di adoperarsi perché altri, nelle stesse condizioni, non dovessero subire la stessa sorte.

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