Fratture ossee - Immagine esemplificativaI soggetti più a rischio di fratture ossee sono le donne e gli anziani

Martedì scorso ha avuto luogo a Roma, presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), il Workshop 'La gestione appropriata delle fratture da fragilità', un evento che ha fornito l'occasione per presentare ufficialmente le nuove 'Linee Guida sulla gestione dell’Osteoporosi e delle Fratture da fragilità', redatte da un'apposita Commissione che ha riunito otto diverse Società Scientifiche italiane: SIE, SIGG, SIMFER, SIMG, SIMI, SIOMMMS, SIR e SIOT. Il simposio ha dato modo di discutere delle principali problematiche cliniche ed epidemiologiche connesse alla prevenzione e all'ottimale gestione assistenziale dell'osteoporosi e del rischio di danni ossei associati.

La situazione dell’osteoporosi e delle fratture in Italia

L’impatto epidemiologico dell’osteoporosi è molto elevato: si ritiene che in Italia ne siano affetti circa 3,5 milioni di donne e 1 milione di uomini. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, ogni 3 secondi si verifica una frattura di femore, polso o vertebra a causa dell’osteoporosi: nel nostro Paese, ogni anno, negli over 50 le rotture del femore sono più di 90.000, mentre per quelle vertebrali, nel 2010, sono stati registrati più di 70.000 accessi al Pronto soccorso. Considerando, però, che molte delle fratture vertebrali non vengono diagnosticate, si ritiene che il loro numero complessivo sia almeno 10 volte superiore.

In futuro il quadro generale peggiorerà: nei prossimi 20 anni, infatti, la popolazione italiana al di sopra dei 65 anni d’età aumenterà del 25%, ed è dunque atteso un proporzionale incremento dell’incidenza dell’osteoporosi e delle sue conseguenze.

In questo contesto, è rilevante il lavoro svolto da medici internisti e ortopedici. “Nella gestione del paziente con fratture da osteoporosi, il ruolo dell’ortopedico è cruciale, in quanto ha la possibilità di intercettare tutti i pazienti con fratture da fragilità e di indirizzarli verso un iter terapeutico mirato alla guarigione della frattura stessa, ma anche alla prevenzione di successive nuove fratture”, sottolinea il prof. Umberto Tarantino della SIOT.
Elemento distintivo del medico internista è invece il suo particolare punto di osservazione. “La Medicina interna è una disciplina trasversale che agevola la visione olistica del paziente che, assai spesso, presenta caratteristiche di complessità, ovvero con polipatologia, condizione questa che è in grado di provocare un maggior rischio per l’osteoporosi e per le sue conseguenze”, chiarisce il prof. Ranuccio Nuti della SIMI, coordinatore del gruppo di lavoro sulle Linee Guida della Commissione intersocietaria. 

Terapie efficaci a chi ne ha bisogno

Le fratture da fragilità causano disabilità complesse, morbilità, riduzione della qualità di vita, limitazione funzionale; inoltre, quelle vertebrali e femorali aumentano il rischio relativo di mortalità: in particolare, per le fratture del femore, l’incidenza è sostanzialmente sovrapponibile a quella per ictus e carcinoma mammario. L’impatto economico di una patologia così diffusa è naturalmente molto elevato: è stato stimato che in Italia il costo per il trattamento delle fratture da osteoporosi superi i 7 miliardi di euro all’anno, di cui 'soltanto' 360.000 per la prevenzione farmacologica secondaria, che riduce sensibilmente il rischio di nuove fratture.

Dai dati OsMed emerge che segue una terapia specifica il 77% degli italiani che soffre di osteoporosi e non ha mai avuto problemi di fratture. Un dato positivo, probabilmente frutto delle campagne di sensibilizzazione rivolte in particolare alle donne che in menopausa sono più a rischio. Ora, lo sforzo è quello di spostare l’attenzione sui pazienti già fratturati che, ad oggi, non seguono cure adeguate. Pilastri della terapia sono i bifosfonati, il denosumab e il teriparatide, sempre in associazione con la vitamina D, visto l’elevato impatto epidemiologico che nel nostro Paese ha l’ipovitaminosi D, in particolare negli anziani: l’80% presenta livelli non ottimali, in molti casi estremamente bassi.

A loro, ai pazienti anziani, va perciò posta la dovuta attenzione, anche perché sono tra i più a rischio di abbandono delle cure, come spiega il prof. Paolo Falaschi, Coordinatore SIGG Italia Centrale: “Sono pazienti afflitti da diverse malattie croniche e, dovendo assumere molti farmaci, spesso presentano problemi di compliance. Per questo la gestione farmacologica dell'osteoporosi nell'anziano è particolarmente delicata”. In tema di cronicità, è molto critica la situazione di chi soffre di patologie reumatiche come l’artrite reumatoide e le connettiviti. “Considerando l'elevata prevalenza dell'osteoporosi fra questi pazienti, spesso trattati con corticosteroidi, occorre diffondere il più possibile tra di loro una maggior consapevolezza del problema, che deve essere poi affrontato con terapie appropriate”, fa presente Maurizio Rossini, coordinatore del Gruppo di studio dell'osteoporosi e delle malattie metaboliche dello scheletro della SIR. “L'importanza dell'artrite reumatoide e delle connettiviti come condizione di rischio per fratture osteoporotiche è stata recentemente riconosciuta dall'AIFA nella nuova nota 79, e dal Ministero della Salute nei nuovi LEA, che ora prevedono l'esecuzione della densitometria a carico del SSN in numerose malattie reumatiche. Peraltro è stato recentemente dimostrato un ruolo dell'autoimmunità nella patogenesi dell'osteoporosi, e che prevenire e trattare quest’ultima può contribuire alla riduzione delle complicanze ossee di malattie come l’artrite reumatoide”. Non sono da trascurare nemmeno le persone con malattie endocrine. “Sono diverse le patologie, come per esempio l’ipertiroidismo e l’iperparatiroidismo, che hanno l’osteoporosi come importante complicanza. Indubbiamente, queste nuove Linee Guida aggiornate rivestono un ruolo importante anche nell’approccio clinico a questi pazienti”, afferma la prof.ssa Maria Luisa Brandi della SIE.

Nuove strategie terapeutiche e prevenzione

In futuro le terapie saranno ancora più mirate: da poco, la FDA, l’ente statunitense che controlla il mercato dei farmaci, ha approvato l’abaloparatide, un analogo del PTH (l’ormone paratiroideo implicato nella regolazione del metabolismo del calcio e del fosfato a livello osseo) che si è dimostrato in grado di ridurre l’incidenza delle fratture; inoltre, sono in avanzata sperimentazione due anticorpi monoclonali anti sclerostina, una proteina che ostacola la neoformazione ossea. 

La promessa di farmaci più efficaci non deve però distogliere l’attenzione dai fondamenti della prevenzione, sia primaria che secondaria. “La regolare attività fisica è un importante fattore protettivo per l'osteoporosi, e un adeguato programma riabilitativo è in grado di ridurre il rischio di rotture ossee, di migliorare il recupero e di ridurre le complicanze dopo una frattura”, precisa il prof. Giovanni Iolascon, membro del Consiglio direttivo della SIMFER, aggiungendo che “un allenamento costante, basato su esercizi personalizzati di rinforzo muscolare e di rieducazione all’equilibrio e alla deambulazione, è in grado di diminuire negli anziani sia il rischio di caduta che di traumi correlati”.

Strategici per tutti i pazienti sono l’approccio nutrizionale corretto e l’abolizione dei cosiddetti fattori di rischio modificabili, come fumo e alcol, scelte inerenti lo stile di vita che trovano nel medico di famiglia un punto di riferimento importante. Ma il suo ruolo va ben oltre, e in tal senso è certamente un valore aggiunto la partecipazione della SIMG alla Commissione intersocietaria. “Al fine di stimare il potenziale rischio di fratture osteoporotiche, i dati provenienti dalla medicina generale rappresentano una preziosa fonte di informazione”, afferma la dott.ssa Raffaella Michieli, Responsabile nazionale Area Salute della Donna della SIMG. “Grazie a questi dati, e utilizzando uno specifico algoritmo, è stato prodotto uno 'score' denominato FraHS, in grado di predire il rischio di fratture osteoporotiche. Finalmente il medico ha sottomano, con immediatezza, ciò che prima andava calcolato a mente, valutando singolarmente tutti i fattori di rischio. Questo sistema, infatti, produce un valore che non solo ci permette di allertarci in caso di pazienti che già necessitano di terapia, ma ci consiglia anche nel caso ci sia bisogno di una procedura di approfondimento diagnostico come la densitometria ossea”.

Clicca qui per maggiori informazioni sulle nuove Linee Guida sulla gestione dell’Osteoporosi e delle Fratture da fragilità. Clicca qui per scaricare il documento (in italiano) da OMaR.

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