La bambina di vetro

Scritto da Beatrice Alemagna, il volume è pensato per lettori dai 5 anni in su ma è adatto a persone di tutte le età

Lo sguardo degli altri, il sentirsi sbagliati, l’isolamento e poi, finalmente, l’accettazione di sé e della propria diversità rispetto a un parametro che qualcuno ha scelto di definire “normalità”. È questo, in sintesi, il messaggio dell’albo illustrato “La bambina di vetro” (Topipittori), di Beatrice Alemagna, che ne ha curato il testo e i disegni. Un volume pubblicato da una casa editrice per l’infanzia e pensato per lettori dai 5 anni in su, in realtà però adatto a tutti, non solo per la grazia delle illustrazioni, ma anche perché tratta di un tema universale: il dolore di sentirsi unici e incompresi, costretti a fuggire di lido in lido per non incontrare il giudizio di quanti non riescono a contemplare la fragilità.

La storia è semplice e, nel contempo, sorprendente. La bambina di vetro nasce in un villaggio vicino a Bilbao e a Firenze. È così pura, trasparente e luminosa da incantare tutti quelli che la vedono. Anzi, la gente arriva da ogni angolo del mondo per ammirare la sua straordinaria bellezza. Le cose, però, si complicano quando diventa evidente che chiunque può leggere i suoi pensieri, come se la sua mente fosse un libro aperto. Così, se all’inizio tutti corrono a rassicurarla alla minima paura, crescendo la bambina si rende conto di non avere vita facile: nulla di ciò che pensa o di ciò che prova può sfuggire agli altri. Ed essere diversi procura, al tempo stesso, stigma e dolore. Pubblicato per la prima volta in Francia nel 2002, l’albo è stato tradotto anche in Spagna, Stati Uniti, Giappone e Corea e, nel 2019, è stato selezionato dal “New York Times” tra i migliori dieci libri per l’infanzia.

Per scrivere la storia, Beatrice Alemagna si è ispirata al racconto di Gianni Rodari “Giacomo di cristallo”, il bambino trasparente che non può dire bugie e neanche mantenere segreti, perché ciascuno può leggere nella sua fronte e nel suo petto. Ma a differenza di Giacomo, la bambina di vetro non verrà messa in prigione da un dittatore che non ama la verità. A lei spetterà, infatti, un destino più triste: si sentirà costretta, senza che nessuno glielo abbia espressamente imposto, a lasciare la propria famiglia e a vagare di paese in paese in cerca di un luogo da poter chiamare “casa”. E dovrà fare leva soltanto su sé stessa per trovare la forza di tornare indietro e riprendere in mano la propria vita. Perché, come scrive l’autrice nell’introduzione, quella della bambina di vetro “non è una storia che parla di quanto sia potente la verità, ma di fiducia in sé stessi e di coraggio, doti che coloro che oggi lottano nella vita non dovrebbero mai perdere”.

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