Veronica Boero

A spiegare le differenze tra le diverse forme della patologia è la ginecologa Veronica Boero, della Clinica Mangiagalli di Milano

Non tutte le forme di lichen vulvare sono uguali. Solo il lichen sclerosus (conosciuto anche come lichen sclero-atrofico) è considerato raro, cioè è presente nel registro nazionale delle malattie rare (con codice di esenzione RL0060). Tuttavia, anche il lichen planus genitale, che non è inserito in tale registro, è di raro riscontro clinico. A spiegare la differenza tra le singole tipologie di lichen vulvare è la dottoressa Veronica Boero, ginecologa presso la Clinica Mangiagalli, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.

Ci sono tre tipi di lichen che possono manifestarsi a livello genitale: il simplex, il planus e lo sclerosus”, spiega la dr.ssa Boero. “Il lichen simplex è una reazione irritativa della cute che si crea in conseguenza di uno stimolo di partenza che può essere di varia origine, ad oggi non ancora ben specificata. Tale stimolo può dare origine ad un circolo vizioso di prurito e grattamento che si automantiene se non interrotto. Si cura cercando di interrompere il circolo vizioso del prurito, utilizzando spesso delle creme cortisoniche. Colpisce con maggiore frequenza la cute del dorso, degli arti superiori e inferiori e dell’area genitale”.

“Il lichen planus e il lichen sclerosus sono differenti dal simplex”, prosegue la ginecologa. “Il lichen planus, che si manifesta a livello vulvare, è una dermatosi autoimmune che colpisce sia la cute che la mucosa della vulva: nella maggior parte dei casi, si manifesta in forma più aggressiva del lichen simplex e del lichen sclerosus. Questo tipo di malattia, coinvolgendo anche la mucosa, può portare a stenosi, ovvero ad un restringimento dell’ingresso della vagina”. 

Il lichen sclerosus, invece – precisa la dr.ssa Boero – può colpire la cute di tutto l’organismo, ma nel 90% delle volte si manifesta a livello genitale. Si tratta di una dermatosi di probabile origine autoimmune che porta a modificazioni croniche del trofismo della cute e delle mucose vulvari. Fu identificato nel 1887 da Hallopeau, ma solo nel 1976 ottenne la denominazione corrente. La diagnosi clinica – spiega la ginecologa – si effettua nei centri che si occupano di questa patologia attraverso una vulvoscopia, ovvero una visita che utilizza un microscopio che ingrandisce le aree della vulva, studiando l’anatomia e la qualità di cute e mucose. Solitamente la diagnosi è clinica, ma talvolta si ricorre anche all’esame istologico. Non si conosce la reale prevalenza di questa malattia nella popolazione. Ci sono vari studi in letteratura che forniscono dati discordanti. Alcuni autori sostengono che in età pediatrica sia colpito un soggetto su 900, mentre tra gli adulti uno su 70”.

“Il lichen – continua la dr.ssa Boero – può interessare tutte le fasi della vita della donna, può insorgere nelle bambine, nell’età riproduttiva, in gravidanza e anche in menopausa. È una patologia importante che provoca una sintomatologia molto intensa e invalidante: prurito, forte bruciore e dolore durante i rapporti sessuali. Se non opportunamente curata, con il tempo può causare un’infiammazione cronica della cute e delle mucose, con una graduale modifica anatomica della vulva. Il riassorbimento delle piccole labbra, l’incappucciamento del clitoride e il restringimento dell’introito vaginale sono tra le modificazioni più frequenti. Ciò può comportare una difficoltà per la donna ad avere rapporti sessuali e, in casi estremi, può provocare difficoltà anche ad urinare. Se non adeguatamente curato, inoltre, il lichen vulvare può esporre ad un maggior rischio di sviluppare un tumore maligno della vulva. Per questo, la diagnosi va fatta il più precocemente possibile: purtroppo però, ad oggi buona parte degli specialisti non conosce bene la malattia e quindi la malattia viene individuata in ritardo”.

Una volta confermata la diagnosi, la terapia di prima scelta consiste nell’utilizzo di creme cortisoniche per un periodo di 3 mesi circa”, prosegue la ginecologa. “Con la terapia cortisonica si spegne l’infiammazione acuta e già così si riesce a dare alla donna un beneficio a livello dei sintomi: si spegne il prurito e il bruciore e si ferma la progressione della malattia. Alla terapia d’attacco ne segue una di mantenimento, basata sull’utilizzo di creme emollienti e cortisoniche. Esistono, inoltre, terapie di medicina rigenerativa il cui razionale, oltre a spegnere l’infiammazione, è quello di rigenerare il tessuto danneggiato”.

Al Policlinico di Milano – spiega Boero – stiamo portando avanti degli studi sulle terapie rigenerative in collaborazione con i chirurgi plastici e con il centro trasfusionale. Una di queste terapie consiste nell’infiltrazione locale, in regime ambulatoriale, di PRP, ossia Plasma Ricco di Piastrine. Il PRP è solitamente ottenuto dal sangue della paziente mediante un prelievo venoso. Quindi il sangue è centrifugato mediante un macchinario specifico che ne isola le piastrine, dei frammenti cellulari potenti antinfiammatori e serbatoi di fattori di crescita. Il preparato è iniettato con degli aghi sottili nella cute e nelle mucose vulvari. Altra terapia di medicina rigenerativa è il lipofilling, o trapianto di tessuto adiposo. In questo caso, si preleva in day hospital del tessuto adiposo dall’addome o dalle cosce, mediante liposuzione, e si inietta a livello vulvare. Il tessuto adiposo è infatti ricco di cellule staminali mesenchimali, che svolgono un ruolo cruciale nella rigenerazione. Sia il PRP che il lipofilling sono efficaci nella riduzione dei sintomi e nella rigenerazione del tessuto, evitando l’instaurarsi di modificazioni anatomiche vulvari distruttive. Si tratta di terapie innovative, in fase di studio ed effettuate all’interno di programmi di ricerca clinica”, conclude la dr.ssa Boero. “Da anni sono diventate terapie eseguite di frequente, anche in specialità diverse dalla ginecologia: il nostro obiettivo è quello di farle diventare interventi di routine clinica nelle pazienti affette da lichen scleroso vulvare”.

Coloro che sono affetti da lichen sclerosus possono rivolgersi anche all'associazione Lisclea, nata a Fiumicino (Roma) nel 2018 e che oggi si sta espandendo in tutta Italia. Obiettivo della Onlus: sostenere i pazienti e le loro famiglie, divulgare informazioni sulla patologia e organizzare convegni in merito. 

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