Ottavo Simposio sulla leucemia promielocitica

Il tema è stato al centro dell’8° Simposio Internazionale sulla malattia, dedicato alla memoria del prof. Francesco Lo Coco

A volte, sfogliando le pagine di cronaca locale dei quotidiani capita di leggere notizie relative all’improvvisa scomparsa di persone, apparentemente sane, a causa della cosiddetta leucemia “fulminante”; tale aggettivo generico è riferito a una forma ben precisa di malattia, la leucemia promielocitica acuta (APL) che, nel giro di poche ore, può condurre alla morte una persona in perfette condizioni di salute fino a qualche tempo prima di ammalarsi. Della APL si è molto parlato durante i lavori dell’8° Simposio Internazionale, tenutosi a Roma il 10 e 11 aprile 2024, e che quest’anno è stato fondamentale non solo per fare luce sulle sfide da superare nel trattamento dei pazienti ma anche per ricordare il prof. Francesco Lo Coco che, con le sue ricerche, ha cambiato il volto della leucemia fulminante.

APL: UN SUCCESSO TUTTO ITALIANO

Franco Mandelli fu il primo ematologo italiano a imparare a riconoscere questa strana forma di leucemia, imparando a Parigi dallo scopritore della malattia, l’ematologo Jean Bernard”, ricorda Marco Vignetti, Ematologo e Presidente della Fondazione Gimema Onlus - Franco Mandelli Onlus. “Egli ha immediatamente iniziato a condividere la conoscenza con tutti i colleghi italiani, così da aumentare le probabilità di riconoscere la malattia in tempo e iniziare le giuste cure. Sempre Mandelli intuì l’impiego di un farmaco particolare (l’idarubicina) che era stato messo a punto proprio da un’azienda italiana, Farmitalia”. La storia della APL, dunque, ha profonde radici in Italia, Paese da cui venne una svolta significativa nel protocollo di trattamento quando, grazie a Franco Mandelli, fu proposta una terapia basata solo su due farmaci “target”, senza la chemioterapia che, pure, dava risultati eccezionali. “Insieme al prof. Francesco Lo Coco, Mandelli portò avanti questa linea di terapia, senza chemioterapia, basata su due farmaci ‘strani’”, aggiunge Vignetti. “Un derivato dell’arsenico (il triossido d’arsenico) e un derivato della vitamina A (l’acido all-trans-retinoico). Due farmaci che - il destino ha voluto - ci hanno indicato alla fine del secolo scorso i ricercatori cinesi; guardati con una certa diffidenza da parte di molto ricercatori occidentali, tranne che da italiani, francesi e spagnoli”. La storia della medicina è fatta di persone che non hanno avuto timore di portare avanti le proprie convinzioni, mettendole sempre alla prova in maniera scientifica: in questo caso, la strategia di Mandelli e Lo Coco si rivelò vincente, trasformandosi in una cura che guarisce in oltre il 95% dei casi. “Guarisce, definitivamente, bambini, giovani, adulti e anziani”, precisa Vignetti. “Un modello per tutta la ricerca sul cancro”.

OTTIMIZZARE I PROTOCOLLI TERAPEUTICI

Due capitoli centrali del Simposio dedicato alla APL sono stati quelli relativi al miglioramento dei regimi terapeutici che non prevedono chemioterapia e alla prevenzione delle ricadute a lungo termine. Maria Teresa Voso, Professore Ordinario di Ematologia al Policlinico Universitario di Roma Tor Vergata e tra i coordinatori scientifici dell’evento, ha presentato i dati provenienti dal vasto database APL Harmony, che mettono in rilievo come fattori quali l’età avanzata e l’alto rischio (secondo la classificazione correntemente in uso) siano associati a una minore sopravvivenza dei pazienti. La combinazione di acido all-trans retinoico (ATRA) e triossido di arsenico (ATO) senza chemioterapia si è dimostrata la migliore opzione terapeutica per le fasce di rischio cosiddetto “standard”, con alti tassi di sopravvivenza a lungo termine e una ridotta probabilità di ricaduta rispetto ad altri regimi terapeutici. Aggiornamenti significativi sono stati inoltre dedicati al trattamento di importanti complicanze della APL. I risultati di studi recenti presentati durante il Simposio suggeriscono che le cellule staminali leucemiche potrebbero giocare un ruolo significativo nella genesi della coagulopatia, una complicanza tipica per cui i pazienti presentano all’esordio emorragie anomale potenzialmente letali. È stato osservato che un sottogruppo specifico di queste cellule leucemiche potrebbe essere responsabile della regolazione della coagulazione, suggerendo così l’esistenza di nuovi potenziali bersagli terapeutici e lo sviluppo di strategie più efficaci per gestire questa complicanza. Si stanno dimostrando efficaci, inoltre, le strategie contro la sindrome da differenziamento, una complicanza potenzialmente letale associata al trattamento della APL. Questa condizione si verifica quando le terapie mirate, come ATRA e ATO, inducono un’infiammazione sistemica e una sindrome da liberazione di citochine (CRS) - un evento collaterale comune anche a terapie avanzate come le CAR-T - manifestando una serie di sintomi clinici come difficolta respiratoria, febbre e insufficienza renale. La CRS può essere devastante se non trattata precocemente ma, negli ultimi anni, l’introduzione della terapia steroidea profilattica ha contribuito significativamente a ridurre la mortalità, portandola a livelli stimati tra l’1 e il 2%.

L’OMAGGIO AL PROFESSOR FRANCESCO LO COCO

L’ematologia italiana ha grandemente contribuito agli importanti risultati ottenuti nella APL e, in particolare, il professor Francesco Lo Coco, coinvolto fin dai primi anni Novanta nel clonaggio dei geni riarrangiati nella traslocazione, che includono, oltre al gene RARA, anche il gene PML”, commenta la professoressa Voso. “Nell’ambito del gruppo cooperativo Gimema, il trattamento della APL ha beneficiato prima degli studi con ATRA e idarubicina, nello schema di chemioterapia AIDA, per culminare, nel 2013, nella pubblicazione dello studio APL0406 sul New England Journal of Medicine, anche questo a cura di Lo Coco. Questo studio dimostrava l’efficacia superiore e la minore tossicità del regime chemio-free ATRA e ATO rispetto alla chemioterapia AIDA. Grazie a questo trattamento totalmente chemio-free, ormai adottato a livello mondiale, la probabilità di guarigione della APL arriva al 90% nella normale pratica clinica, come dimostrato dallo studio europeo Harmony. All’efficacia clinica, corrisponde anche un significativo miglioramento della qualità della vita. Numerosi studi biologici mirati a caratterizzare il blocco differenziativo del riarrangiamento genico PML-RARA, hanno chiarito i meccanismi di trasformazione leucemica, il ruolo della malattia misurabile residua come guida al trattamento e i meccanismi, seppur rari, di resistenza alla terapia”. Quella basata su ATRA-ATO è diventato così la terapia standard per la leucemia promielocitica a rischio basso-intermedio.

TRIOSSIDO DI ARSENICO PER USO ORALE: I VANTAGGI PER I PAZIENTI

Una novità di certo gradita a molti pazienti ha riguardato l’aggiornamento delle nuove terapie in fase di sperimentazione. Harry J. Iland, Professore di medicina all’Università di Sydney e medico specialista al Royal Prince Alfred Hospital, ha presentato i risultati di uno studio sull’uso dell’arsenico per via orale. Infatti, la terapia standard a base di ATO richiede infusioni prolungate di due ore: tale procedura, sebbene efficace, comporta un impatto sull’utilizzo delle risorse ospedaliere e sulla comodità del paziente. L’ATO orale potrebbe così rappresentare un’alternativa vantaggiosa dal punto di vista economico e forse anche in termini di sicurezza, ma attualmente la sua disponibilità per uso clinico è limitata principalmente alla Cina e a Hong Kong. Lo studio di Iland si è concentrato sulla disponibilità di una nuova formulazione orale di ATO, sviluppata come parte della terapia di consolidamento standard del trattamento della APL. La ricerca ha confermato la bioequivalenza tra la somministrazione orale e quella endovenosa, il che potrebbe aprire nuove prospettive nella gestione della malattia. Infine, altri ricercatori fra cui Hongming Zhu, dell’Istituto di Ematologia di Shanghai, stanno esplorando la possibilità di una terapia post-induzione senza chemioterapia per i pazienti affetti da APL, a prescindere dalla classificazione del rischio: si tratta di un trattamento post-remissione completamente privo di chemioterapia, che includa una terapia di mantenimento orale. Una nuova prospettiva che potrebbe portare a benefici significativi per un numero maggiore di pazienti.

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