Osservando l’immagine della scheda madre di un personal computer viene spontaneo chiedersi come quell’intricato labirinto di incomprensibili circuiti sia in grado di garantire l’interfacciamento di tutti i componenti del computer. Eppure la funzione delle schede madri è proprio la trasmissione di innumerevoli segnali di tipo diverso provenienti da processore, memoria e periferiche del computer. Nel nostro organismo esistono vie di segnalazione e trasmissione dei segnali ancora più complesse di quelle stampate su una scheda madre e che hanno il compito di regolare i processi di crescita e morte cellulare che mantengono in equilibrio l’organismo: nel caso dei personal computer ogni circuito è noto e in caso di danno può essere riparato mentre, per quanto riguarda le catene di trasmissione del segnale all’interno di un organismo vivente, il livello di complessità è tale che alcuni passaggi sono ancora oggetto di studio da parte di scienziati e ricercatori.

Conoscere tutti i protagonisti e gli effettori delle sequenze di trasmissione del segnale alla base dei più importanti processi fisiologici che si realizzano all’interno delle cellule è la chiave per dominarli e nell’eventualità che essi sfuggano al controllo dell’organismo – come nel caso dell’aberrante proliferazione cellulare che conduce al cancro – elaborare una terapia contro la patologia che si viene così ad instaurare. L’attivazione o la disattivazione di cascate di segnali che lanciano processi di proliferazione o arresto della crescita è la base per lo sviluppo di una patologia tumorale ma, in anni recenti, grazie alla scoperta degli anticorpi monoclonali è stato possibile compiere un enorme passo avanti nella lotta al cancro. Questa classe di anticorpi così specifici si è rivelata di grande utilità sia in chiave diagnostica, con l’identificazione di sottotipi tumorali mai distinti in precedenza, che terapeutica, aprendo la via allo sviluppo della terapia mirata. L’avvento di Imatinib ha cambiato completamente l’approccio terapeutico dei GIST (Tumori Stromali Gastrointestinali) e, in tempi recenti, Everolimus e Sunitinib hanno prodotto eccellenti risultati nella lotta ai NET (Tumori Neuroendocrini) del pancreas ben differenziati, non operabili o metastatici (leggi qui la notizia).

“Nonostante siano classificati come tumori rari, i NET hanno una prevalenza molto alta” – spiega il dott. Fernando Cirillo responsabile del Polo Tumori Rari presso il Dipartimento di Chirurgia degli “Istituti Ospitalieri” di Cremona – “E questo perché spesso la maggior parte dei pazienti convive con un NET senza saperlo: i NET sono tumori che colpiscono in larga misura il tratto digestivo, distinguibili essenzialmente in funzionanti e non funzionati sulla base della capacità di produrre sostanze ormonali specifiche in grado di suscitare l’insorgenza di una sindrome. In particolare, i NET pancreatici sindromici più noti sono rappresentati dall’insulinoma, dal gastrinoma, dal glucagonoma e dal somatostatinoma che producono rispettivamente insulina, gastrina, glucagone e somatostatina. Tuttavia, la frazione prevalente dei NET del pancreas è costituita da tumori non funzionati che, pertanto, non sottendono all’instaurarsi di una sindrome vera e propria. Questo contribuisce a renderli difficilmente individuabili e diagnosticabili.”

L’approccio terapeutico d’elezione per i NET localizzati solitamente è di tipo chirurgico ma, considerata l’eterogeneità di questo gruppo di malattie e la loro tendenza a metastatizzare, non è possibile definire un percorso curativo di tipo univoco: nel caso dei NET del pancreas endocrino ben differenziati metastatici o non operabili il trattamento con analoghi della somatostatina si è rivelato molto promettente nell’aumento della sopravvivenza, così come la terapia radio-recettoriale che subentra nel caso in cui la malattia progredisca a dispetto del trattamento con analoghi della somatostatina.

Oggi, i passi avanti compiuti nel campo della ricerca clinica hanno reso possibile il raggiungimento di nuovi traguardi aggiungendo un terzo livello di trattamento che prevede l’impiego di anticorpi monoclonali come Everolimus (Novartis) e Sunitinib (Pfizer). Si tratta di farmaci con una potente azione di inibizione di enzimi specificamente coinvolti nella via di trasmissione dei segnali che regolano i processi di crescita e proliferazione cellulare.

“L’armamentario terapeutico a disposizione contro i NET si è notevolmente allargato con l’avvento di Everolimus e Sunitinib” – spiega il dott. Cannizzaro, primario della S.O.C. di Gastroenterologia Oncologica presso il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano – “Everolimus è un inibitore specifico di mTOR mentre Sunitinib è un inibitore della tirosin-chinasi ed entrambi sono stati testati in trial clinici randomizzati contro placebo su una casistica corposa, fornendo ottimi risultati in termini di sopravvivenza. Lo studio incentrato su Everolimus, infatti, ha messo in luce una riduzione del rischio di progressione della malattia pari al 75% mentre quello su Sunitinib ha fatto rilevare una probabilità di sopravvivenza libera da malattia pari al 71%”.

Entrambi i farmaci hanno riportato un profilo di sicurezza più che accettabile ed i risultati degli studi – pubblicati sulla prestigiosa rivista The New England Journal of Medicine – sono stati determinati per l’approvazione, rispettivamente da parte della Commissione Europea e della Food & Drug Administration, ad Everolimus a Sunitinib per il trattamento dei NET metastatici o non operabili.

“Un approccio multidisciplinare che preveda la coordinazione delle figure del gastroenterologo, del chirurgo, dell’anatomo-patologo e dell’oncologo in grado di offrire diagnosi strumentale, istologica e radiologica con una corretta stadiazione della malattia è il primo importante passo per la cura di questi tumori” – Conlcude Cannizzaro – “e grazie all’impiego di questa nuova classe di farmaci è possibile osservare un concreto aumento della sopravvivenza e una stabilizzazione della malattia anche nei casi più severi”.

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