Osservatorio Malattie Rare organizza l’Orphan Drug Day, per sfatare alcuni falsi miti

Si chiamano ‘farmaci orfani’ e sono destinati a pazienti affetti da malattie o tumori rari. Ma di cosa sono orfani questi farmaci? Davvero non c’è ricerca e non c’è interesse delle aziende a portarli sul mercato? Non è raro sentire queste affermazioni, che circolano nonostante siano smentite dai dati e dalla odierna disponibilità di farmaci - alcuni frutto di una ricerca tutta Italiana - che hanno radicalmente cambiato la vita di pazienti affetti da malattie rare gravissime.  Si tratta di uno dei falsi miti molto diffusi intorno a questi farmaci, complice probabilmente una denominazione coniata oltre 30 anni fa e che oggi non rende giustizia.

I dati però parlano chiaro: da quando questa designazione è stata introdotta, prima nel 1983 negli stati Uniti (Orphan Drug Act) e poi  anche in Europa (Regolamento CE n. 141/2000 e successivamente con il Regolamento CE n. 847/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione Europea)  lo ‘status orfano’ è stato concesso a migliaia di molecole e terapie. In Europa le designazioni orfane sono state ben 1163: questo vuol dire che in questo settore c’è una forte ricerca, che ha portato ad individuare queste molecole e a cominciare un lungo iter. Un percorso che, per le malattie rare – i cui meccanismi spesso sono meno noti che per patologie più comuni – parte proprio da una ricerca di base sulla patologia, perché è solo comprendendone i meccanismo che si può intervenire. Questo tipo di ricerca, anche quando non porta ad avere un farmaco, è comunque utile perché apre la strada a nuove ipotesi terapeutiche. Certo, si tratta di una ricerca dai tempi particolarmente lunghi e dai costi elevati. Rischi e tempi chiaramente mostrati dai dati: su 1163 molecole che hanno ottenuto dall’Ema lo status ‘orfano’ solo 93 – cioè l’8% - hanno ad oggi avuto l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC). L’altro 92% è ancora per strada, oppure ha tradito le promesse fallendo.  Se oggi ci sono a disposizione farmaci orfani lo si deve per lo più ad aziende private, che decidono, nonostante i rischi elevati e il ritorno economico limitato, di impegnarsi in questo settore.  
Ed ecco così che cade il falso mito secondo il quale le aziende non sarebbero interessate alle ricerca sui farmaci orfani.

L’Italia è in linea con questo impegno nella ricerca? I numeri, e anche i risultati ottenuti, dicono di sì. La risposta è sorprendente. Il 20% della sperimentazione clinica in Italia è effettuata con farmaci orfani. Gli ultimi dati forniti da Aifa (2014) parlano di ben 117 trial clinici aperti, l’80% circa dei quali è arrivata alla fase II o alla fase III, cioè le fasi della sperimentazioni più vicine al ‘letto del paziente’. Ciò vuol dire anche che per trovare pazienti da inserire nelle sperimentazioni è necessario girare l’Italia in lungo e in largo, perché i pazienti appunto sono pochi e sparsi, avviare le sperimentazioni in tanti diversi ospedali e qui passare tutta la trafila delle autorizzazioni e dei comitati etici, un impegno che anche in questo caso è più complesso da quello richiesto per lo sviluppo di una terapia destinata a un numero elevato di pazienti, facilmente individuabili anche raggruppando solo due o tre grandi centri.

Dunque in Italia siamo bravi nella ricerca. Non sono però tutte rose e fiori, non si possono chiudere gli occhi su alcuni dati meno positivi. Ad esempio quello per cui, se pure è vero che su 93 farmaci che hanno avuto l’AIC dall’Ema il 78% è già arrivato a disposizione dei pazienti italiani dopo aver passato tutto il lungo iter di prezzo e rimborso con Aifa e l’inserimento nei prontuari regionali, c’è purtroppo un 22% che sta ancora aspettando di arrivare alla fine di questo iter. In concreto significa che ci sono pazienti affetti da una ventina di diverse malattie rare che ancora oggi, nonostante le sperimentazioni si siano positivamente concluse, non ha un pieno accesso alla terapia che può cambiargli decisamente in meglio la vita.

Insomma, se il primo passo per una corretta cultura sui farmaci orfani è l’essere consapevoli di cosa stiamo parlando e dei grandi risultati ottenuti fino ad oggi, in Europa e in particolar modo grazie alla ricerca ‘Made in Italy’ il secondo passo è anche domandarsi  se e cosa si può fare per far andare le cose ancora meglio.
È proprio per parlare di tutto questo che Osservatorio Malattie Rare ha organizzato, con il contributo non condizionato di Alexion, Biomarin, Celgene, Genzyme, Orphan Europe e Shire, la prima edizione dell’Orphan Drug Day - "FARMACI ORFANI, RICERCA & SVILUPPO “MADE IN ITALY”: IL PUNTO SU PROGRESSI ED OSTACOLI” – un evento tutto concentrato  sul tema della ricerca.

Questo incontro, aperto da una Lectio Magistralis del prof. Emilio Clementi -  Università degli Studi di Milano - Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche "L. Sacco" e Direttore dell'UO di farmacologia clinica della azienda ospedaliera L. Sacco  dal  titolo “Peculiarità della ricerca e sviluppo dei farmaci orfani” e coordinata dalla Sen. Laura Bianconi -  permetterà a ricercatori, aziende e istituzioni di sedersi intorno ad un tavolo per condividere storie di successo, dati e suggerimenti per fare sviluppare ulteriormente questo settore, a beneficio dei pazienti, della ricerca e dello sviluppo economico del paese.

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