L’Osservatorio Malattie Rare ha chiesto al giornalista Marco Piazza (supiazza.blogspot.it), tra gli autori della trasmissione Presa Diretta dedicata al Caso Stamina trasmessa da Rai3 nel mese di gennaio, cosa ne pensa.
“Anche sul fronte mediatico ci sarebbero regole e codici deontologici da seguire”

Nei giorni scorsi si è chiusa l’inchiesta, condotta dal Procuratore Raffaele Guariniello di Torino, sul caso Stamina e le cronache riportano la notizia che ci sarebbero venti persone indagate per le quali si ipotizzano i reati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, aggravata dall’essere ai danni del servizio sanitario nazionale, e somministrazione di farmaci pericolosi.
Secondo l’inchiesta di Guariniello, oltre al presidente e al vicepresidente di Stamina Foundation, Davide Vannoni e Marino Andolina, sarebbero coinvolti neurologi, biologici, otto medici degli Spedali Civili di Brescia e anche un membro dell’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco). Tutti gli indagati, sarebbero persone che a vario titolo avrebbero favorito e somministrato la presunta cura dal 2007 al 2014.

Nei confronti di Davide Vannoni, i Nas e la Procura di Torino ipotizzano anche il reato di esercizio abusivo della professione medica e violazione delle norme della privacy, in riferimento ai video di alcuni bambini malati pubblicati su Facebook per promuovere il trattamento. Fra gli indagati c’è anche Gianfranco Merizzi, presidente dell’associazione farmaceutica Medestea, il principale finanziatore del metodo Stamina. Nel provvedimento sono indicati più di sessanta pazienti che sarebbero stati truffati. Una volta conclusi tutti i provvedimenti di legge, il caso Stamina, dopo sette anni di dubbi e polemiche, passerà al vaglio di un giudice.  

Per chi, come il sottoscritto, segue la vicenda di Vannoni e soci da oltre un anno, la chiusura delle indagini della procura di Torino era un avvenimento atteso da mesi. Ricordo che nel dicembre scorso, quando con Riccardo Iacona e Liza Boschin preparavamo la puntata di Presa Diretta dedicata al caso Stamina che sarebbe andata in onda ai primi di gennaio, eravamo pronti a rivedere la scaletta del programma, nel caso Guariniello avesse messo un punto alle sue investigazioni. Invece da allora sono passati altri quattro mesi nei quali, inevitabilmente, sono continuate le polemiche intorno alla presunta terapia a base di cellule staminali mesenchimali, ai comportamenti dei medici di Brescia, alle sentenze dei giudici del lavoro. Mediaticamente parlando l’attenzione sulla vicenda era però scesa di livello. Dopo i mesi di “esclusiva” delle Iene e il picco di audience di dicembre e gennaio in cui l’”affaire” è venuto fuori in lungo e in largo, di Stamina si parlava sempre meno. Ma il caso era tutt’altro che chiuso. Continuerà a non esserlo almeno fino a quando un tribunale scriverà la sentenza definitiva. E sulla celerità di tale decisione, visti i tempi della giustizia italiana, c’è poco da essere ottimisti.
Se poi si guarda cosa è accaduto per altre clamorose “bufale” sanitarie, come i casi del siero di Bonifacio e del metodo Di Bella, che anni dopo essere stati bocciati da tutte le commissioni possibili ancora trovano adepti o se si allarga lo sguardo all’estero, dove la cosiddetta medicina rigenerativa è in pieno boom e i venditori di staminali impazzano, allora la questione diventa preoccupante.

In attesa delle sentenze, però, si può azzardare un primo bilancio su quanto ci insegna questa controversa vicenda. Dal punto di vista medico scientifico c’è poco da inventare. Basterebbe che venissero rispettate le leggi, che le terapie, anche quelle compassionevoli, fossero somministrate solo in presenza dei requisiti richiesti, che ci si basasse su dati condivisi dalla comunità scientifica, che i medici avessero il diritto (e il dovere) di conoscere quanto somministrano ai propri pazienti e che i giudici, in caso di ricorsi o denunce, facessero anche loro riferimento alla scienza. Tutto questo, è ormai evidente, per Stamina non è avvenuto. E le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
Anche sul fronte mediatico ci sarebbero regole e codici deontologici da seguire. Qui però la questione è più sfumata. Perché l’informazione, soprattutto in ambito televisivo, viaggia ormai anche fuori delle redazioni giornalistiche e perché, negli stessi giornali e tg, chiunque può nascondersi dietro al diritto di cronaca. E’ troppo facile, però,  appassionarsi alla causa dei poveri genitori che chiedono la terapia per la loro bambina affetta da un male incurabile e prendersela con il ministro o lo scienziato di turno che negano la speranza. Come pure è ipocrita limitarsi al “faccia a faccia” tra il guru delle staminali (che non è medico e non ha nessuna pubblicazione scientifica che dimostri la validità del suo metodo) e lo scienziato di turno. Sulla salute e sulla speranza delle persone non si scherza e non ci si lascia abbindolare da improbabili teorie complottistiche, a meno di non avere le prove. Se le redazioni e i programmi hanno esperti in materia li consultino. E se non li hanno vedano di trovarli al più presto.

C’è infine un aspetto sociale o assistenziale che dir si voglia. E’ forse il più importante e riguarda le vere vittime del caso Stamina e di storie come questa: i malati e i loro familiari. Purtroppo esistono ed esisteranno sempre patologie per le quali non sono state trovate cure definitive. Questo non vuol dire che in molti casi la ricerca non abbia fatto passi in avanti che hanno reso possibile un miglioramento della qualità della vita e un allungamento della sua durata. Chi scrive frequenta da tempo persone affette da distrofia muscolare di Duchenne. La loro vita media, trent’anni fa, non arrivava ai vent’anni. Oggi è quasi raddoppiata. E anche dove non arriva la ricerca biomedica c’è molto da fare. Con la fisioterapia, ad esempio, o con l’assistenza psicologica alle famiglie. Come fa il Sapre (Servizio abilitazione precoce) di Chiara Mastella, che a Milano si prende cura dei bambini con malattie gravissime (le stessi dei bambini protagonisti nei servizi su Stamina delle Iene) e insegna ai genitori come gestire le giornate con loro, emergenze incluse.  “La storia di Stamina mi intristisce – dichiarò quando la intervistai – perché vedo che i padri e le madri dei piccoli malati arrabbiarsi e dedicare tempo ed energie ad una battaglia improbabile, sottraendoli inevitabilmente ai propri figli”. Ecco, se ci fossero tante Chiara Mastella, se le autorità sanitarie, a livello nazionale e regionale, fossero presenti e attive con tutti i mezzi disponibili oggi quei genitori sarebbero meno soli. E Davide Vannoni avrebbe meno seguaci.”  


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