I pazienti trasfusione-dipendenti rischiano che l’accumulo di questo metallo danneggi organi e tessuti: per prevenirlo c’è la terapia ferrochelante. Ne parliamo con la dottoressa Milani del San Raffaele
MILANO- Almeno la metà dei pazienti colpiti da una delle sindromi mielodisplastiche (SMD), un gruppo eterogeneo di malattie del sangue a bassa incidenza nella popolazione, è costretto a ricorrere a continue trasfusioni. Efficaci come terapia ma non del tutto prive di rischi: il principale è l’accumulo di ferro in organi e tessuti. Perchè si insatura e come intervenire? Osservatorio Malattie Rare ne ha parlato con Raffaella Milani, responsabile della Citometria, Servizio Immunoematologia e Medicina Trasfusionale dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Le trasfusioni regolari di globuli rossi concentrati rappresentano una terapia di supporto che affianca altri trattamenti con chemioterapici e farmaci e sono efficace nel mantenere i livelli di emoglobina entro valori normali. Per alcuni pazienti rappresentano addirittura l’unica terapia prescritta. Il cosiddetto "iron overload" è un accumulo eccessivo di ferro nei tessuti che può progressivamente danneggiare cuore, fegato, pancreas e cute. E’ dovuto al fatto che nel nostro organismo non esiste un sistema di smaltimento di questo metallo, normalmente presente nel sangue legato all’emoglobina: si verificano solo piccole perdite fisiologiche, per lo più attraverso urina, feci e sudorazione. Con le trasfusioni, soprattutto quando numerose e continue, il livello ematico di ferro può aumentare e il corpo non riesce a eliminarlo. Per evitare questo accumulo dannoso esiste la terapia ferrochelante, ovvero la somministrazione di farmaci che legano il ferro nel sangue e ne impediscono un accumulo nei tessuti, favorendone l’eliminazione.
E’ sempre necessaria nei pazienti trasfusione-dipendenti?
“L’unico modo per evitare l’accumulo di ferro nei tessuti è proprio l’impostazione di una adeguata terapia ferrochelante. In condizioni normali l’assorbimento intestinale e le perdite di ferro sono in bilancio (circa 1mg/al giorno). Ogni unità di Globuli Rossi Concentrati (RBC) contiene 200-250 milligrammi di ferro. L’organismo non ha un meccanismo fisiologico per l’eliminazione il ferro in eccesso introdotto con le trasfusioni. Il sistema reticolo-endoteliale ha una capacità di clearance del ferro trasfuso di circa 10-15 grammi: superata questa soglia, il ferro si deposita e si accumula nei tessuti.”
Quando deve essere iniziata?
“Linee guida nazionali e internazionali suggeriscono di iniziare la terapia ferrochelante in pazienti con MDS a basso rischio, trasfusione-dipendenti con buona prognosi, dopo aver trasfuso 20-30 unità di globuli rossi concentrati, con livelli di ferritina >1000 microgrammi/litro o >2500 microgrammi/litro. Le linee guida della SIE (Società Italiana di Ematologia)-SIES (Società Italiana di Ematologia Sperimentale)-GITMO (Gruppo Italiano per il Trapianto di midollo Osseo, cellule staminali emopoietiche e terapia cellulare) raccomandano di iniziare la ferrochelazione in pazienti con MDS a basso rischio che ricevono regolare terapia trasfusionale, dopo 20 unità di globuli rossi concentrati. Il farmaco di prima scelta è il Deferasirox, per la provata efficacia, per la favorevole via di somministrazione e per la farmacocinetica. In altre linee guida la concentrazione epatica e cardiaca di ferro può essere utile per la decidere se iniziare la chelazione, ma è una metodica più complessa e non è facilmente percorribile.”
Quali sono i rischi di una terapia trasfusionale non abbinata alla somministrazione dei ferrochelanti?
“I danni tissutali da deposito di ferro sono ben noti. L’esperienza deriva dai pazienti affetti da talassemia e sottoposti a supporto trasfusionale prolungato. Il danno non è solo dovuto al deposito di ferro negli organi ma anche al danno ossidativo dei tessuti che il sovraccarico provoca. Studi scientifici hanno documentato che il sovraccarico di ferro a livello cardiaco nei talassemici è causa di insufficienza cardiaca, con conseguente aumento di mortalità se non adeguatamente trattato. Un ampio dibattito è tuttora in corso circa gli effetti nocivi del sovraccarico di ferro nei pazienti affetti da MDS e sulla ferrochelazione. I pazienti con MDS pesantemente trasfusi, che sviluppano così un importante sovraccarico di ferro soprattutto a livello del fegato e del cuore, possono avere una ridotta sopravvivenza dovuta a insufficienza cardiaca o a cirrosi. Tuttavia non è ancora possibile definire quale sia lo specifico ruolo del sovraccarico nel causare l’insufficienza d’organo perché i pazienti con MDS hanno diverse comorbilità e possibili concause che è difficile valutare singolarmente.”
La terapia ferrochelante può contribuire a migliorare il quadro clinico nei pazienti?
“Alcuni studi retrospettivi hanno mostrato che una adeguata ferrochelazione in pazienti con MDS pesantemente trasfusi migliora la sopravvivenza e riduce la progressione della malattia. Occorre comunque attendere i risultati degli studi prospettici in corso per considerazioni conclusive.”
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