"Ciao, desidero condividere con voi la mia storia di convivenza con la Sindrome di Apert durante gli ultimi 33 anni. Presto sarà il mio compleanno e compirò 34 anni. Quando sono nata i miei genitori non avevano alcuna idea di quello che il destino aveva in serbo per loro, sebbene mia madre lavori come professore di neurologia al College di Medicina Veterinaria dell'Università Statale dell'Oregon.” Inizia così la testimonianza di Samantha, trentaquattrenne statunitense affetta dalla Sindrome di Apert che ha raccontato la sua storia su RareConnect, la rete della Comunità internazionale dei malati rari.
La sindrome di Apert è una patologia malformativa caratterizzata dall'associazione di facio-craniostenosi e sindattilie ossee e cutanee alle mani e ai piedi. La mascella superiore è gravemente ipoplasica, causando malocclusione e una mandibola inferiore protrudente. Il ritardo mentale è frequente e spesso di grave entità, di solito associato a malformazioni cerebrali.
“Essendo una persona così abituata a occuparsi sempre degli altri – continua Samatha - mia madre si è messa subito a cercare i migliori ospedali e cliniche in tutti gli Stati Uniti e in Canada per trovare i dottori migliori per me, e li ha trovati in California, a Stanford, e a San Francisco. Crescendo, mi sono sempre sentita normale, mai diversa, sebbene a chi mi guardava era chiaro quanto fossi diversa per via del mio aspetto. Ignoravo i commenti come ‘Ooh, che brutta faccia’ e quando mi chiedevano ‘Perché le tue mani sono così?’ rispondevo sempre ‘Perché sono nata senza dita e i dottori hanno dovuto ricostruirmele.”
“La sfida più dura per me è stata la diagnosi di displasia congenita dell'anca nel gennaio del 1999. Fu l'inizio di un incubo che non ho mai dimenticato; andavo da uno specialista all'altro, per trovare finalmente qualcuno in grado di aiutarmi. A gennaio del 2000, mia madre ha acquistato la mia prima sedia a rotelle manuale perché sentiva che in futuro avrei dovuto affrontare diversi problemi che avrebbero compromesso la mia mobilità sulla strada. Dopo circa due anni, l’osso dell’anca si era talmente deteriorato che Samantha non riusciva più a camminare e i medici decidono di sottoporla ad un intervento di protesi all’anca, ma il risultato non è quello sperato. Fu solo due anni dopo, mentre facevo fisioterapia, che il mio fisioterapista ebbe la grande idea di provare a utilizzare un tutore anca-piede per l'anca e il piede destro per vedere se mi poteva essere d'aiuto. Sin dal primo momento in cui me l'ha fatto indossare, sono riuscita a muovere i miei primi passi con un deambulatore (e la mia nuova anca).” Dopo circa 10 anni dal primo intervento, gli stessi problemi si sono presentati all’anca sinistra e si decide di realizzare un secondo intervento.
“Oggi il problema più grande che devo affrontare riguarda la schiena. Ho la scoliosi di livello moderato - grave, e la colonna vertebrale è fusa dal bacino fino al torace. Ho anche un'osteoartrite alla schiena che rende molto difficile percorrere lunghe distanze. Ci dovrò convivere per il resto della vita perché i medici non vogliono intervenire con una fusione spinale. Ma sono felice della mia vita perché riesco a muovermi su lunghe distanze usando la mia sedia a rotelle elettrica quando mi muovo da sola, e quella manuale quando sono con la mia famiglia o gli amici, oppure quando viaggio con loro in aereo verso altri stati.
Ho una relazione con un uomo meraviglioso, viviamo assieme – conclude Samantha - ma non possiamo sposarci legalmente perché entrambi perderemmo le agevolazioni dal punto di vista assicurativo. Per me è estremamente importante mantenere la copertura dell'assicurazione di mia madre. Lui ha problemi cerebrali, un'emiplegia destra, una lesione cerebrale traumatica e lievi disabilità mentali derivate dalle violenze subite dal compagno della madre quando aveva due anni. Quest'anno per il compleanno andremo in Australia, è il mio paese preferito perché anche loro sono molto sensibili al tema dell'accessibilità, Sarà il mio terzo viaggio in Australia e sono molto impaziente perché sarà il primo viaggio internazionale con il mio compagno che non è mai uscito dal paese.”
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