La rarissima patologia neuorlogica porta il paziente ad avere bisogno di assistenza continua. Cosa succede se la famiglia non ce la fa più?

Venezia - La sindrome di McLeod è una malattia neurologica che colpisce duramente il sistema nervoso, provoca movimenti involontari scordinati, disturbi cardiaci, alterazioni psichiatriche.  Attualmente i casi diagnosticati sono 150 in tutto il mondo e non se ne conosce cura.  
Enrico Pavan, quarantottenne di Mira (Venezia) è una delle 150 persone affette da Sindrome di McLeod. La patologia gli è stata diagnosticata nel 2005 e da allora la sua vita è cambiata completamente.


“Prima Enrico era una persona con una vita normale – racconta suo fratello Daniele a “Il Gazzettino” di Venezia - guidava l'auto, aveva un lavoro e si era sposato, poi la malattia. Negli ultimi due anni si è aggravato ed oggi è a letto, alimentato dal Peg, un sondino gastrico, attraverso il quale somministriamo anche le medicine, triturate e diluite”.

Daniele è il tutore legale di Enrico, lo assiste da anni insieme alla madre e attualmente vivono nella stessa casa su due piani. La situazione è difficile ed ultimamente è peggiorata, tanto che Daniele e la sua famiglia non riescono più ad assistere Enrico da soli, avrebbero bisogno di aiuto, ma i medici paiono non voler fare nulla a riguardo.

La terapia di calmanti che gli somministriamo tre volte al giorno non è più sufficiente. È sempre più nervoso, il suo corpo non distingue la notte dal giorno, urla e si dimena continuamente. Nell'arco di un paio di settimane abbiamo più volte modificato i dosaggi dei farmaci, sempre su indicazioni dei medici che però non l'hanno visitato. Siamo arrivati a somministragli almeno tre punture di calmanti al giorno, una decina di pastiglie e più di sessanta gocce di tranquillanti ma senza ottenere risultati. Abbiamo chiesto aiuto al medico curante, al Pronto soccorso e al primario della Neurologia di Mirano, che l'ha ricoverato un anno fa. Dopo un paio d'ore in osservazione l'hanno rimandato a casa sedato ma senza risolvere il problema della cura. Abbiamo chiesto che venga ricoverato alcuni giorni all'ospedale per cercare di calibrare la cura e riuscire a tenerlo calmo almeno per qualche ora al giorno. Ci hanno risposto che non è possibile”.

Esasperato e preoccupato Daniele è arrivato a minacciare di togliere il sondino al fratello, se non dovesse ottenere l'aiuto di cui ha bisogno.  

“Sappiamo che non c'è cura per questa malattia, ma non sopporto di vedere Enrico così. Di fronte a tutto questo meglio finirla qui e togliere il sondino che lo alimenta. È terribile, ma so che anche Enrico la pensa così, me l'ha fatto capire. Siamo esasperati, ci sentiamo impotenti e abbandonati”.

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