Non capita tutti i giorni che un familiare possa seguire da vicino il percorso spesso lungo e travagliato che porta alla diagnosi di una malattia rara in un familiare. E’ stato invece il caso di Claudia, 25 anni, che grazie al tirocinio svolto al Tigem, l’Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Pozzuoli ha potuto seguire le varie fasi della ricerca che ha portato all'identificazione della malattia di suo fratello Davide. Claudia, infatti, sta svolgendo lì la tesi che la porterà alla laurea in Biotecnologie Mediche. Un percorso di studi e di vita fortemente condizionato dallo stato di salute del fratello, ma anche dall’ascolto delle sue passioni.

“Penso che tutto faccia parte di un disegno, indubbiamente senza Davide non so se questo sarebbe stato il mio percorso”, racconta la 25enne al quotidiano Il Mattino. “Però la grande motivazione, oltre a trovare una risposta alle nostre domande riguardanti la malattia di Davide, è stata la passione e la curiosità per il mondo della scienza, che sono sempre state alla base delle mie scelte. Da quando ero al liceo ho cominciato a studiare chimica e biologia, ho capito che non potevo allontanarmi da quello che trovavo più affascinante”.

Davide, 21 anni, è affetto da sindrome MPPH (Megalencefalia-Polimicrogiria-Polidattilia-Idrocefalo), ed è stato condannato a una vita difficile ancora prima di venire alla luce: “Già in gravidanza - spiega sempre Claudia - s'intravedeva una dilatazione cerebrale diagnosticata con varie ecografie e che era stata considerata segno d’idrocefalia. Infatti, alla nascita il cranio era più grande della norma e Davide presentava anche una polidattilia bilaterale, per la quale sono successivamente intervenuti chirurgicamente. Inoltre, ha avuto sin dai primi tempi crisi epilettiche”.

La MPPH è una malattia rarissima e la letteratura ne riporta solo 14 casi. La mutazione causativa della patologia cade nel gene CCND2 e comporta un grave ritardo fisico, che consiste nell’incapacità di reggere il capo e il busto, disabilità cognitive e intellettuali, quindi difficoltà nell’espressione, deficit visivo, riduzione del tono muscolare, macrocrania (una circonferenza del cranio superiore alla norma), e crisi epilettiche, presenti ancora oggi, che sono farmaco-resistenti.

Una diagnosi a cui i ricercatori del Tigem sono arrivati da poco, dando una risposta a 20 anni di domande e sofferenze: “Il percorso che ci ha portati alla diagnosi – spiega ancora la studentessa napoletana - è composto di una serie di opportunità e casualità, che si sono incastrate alla perfezione fino all’ottenimento del nome della malattia di Davide, che finalmente dopo 20 anni di attesa, tre settimane fa è venuto fuori. Abbiamo ottenuto la diagnosi grazie al lavoro prezioso del professor Nicola Brunetti-Pierri e della dottoressa Gerarda Cappuccio, dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, nonché ricercatori Tigem. In seguito a una serie di anomalie evidenziate dalla risonanza magnetica cerebrale, hanno selezionato un gruppo di geni associati a malformazioni cerebrali, da sequenziare, ed è venuto fuori il nostro gene mutato CCND22”.

Claudia, in realtà, ha potuto solo seguire il loro lavoro dall’esterno, perché la tesi di laurea a cui sta lavorando si occupa si un’altra malattia genetica rara, la sindrome oro-facio-digitale di tipo 1 (sindrome OFD1). Ma per lei, che con la sua famiglia ha sempre sostenuto Telethon, la fondazione che finanzia l’istituto di ricerca, essere lì è stato il coronamento di un sogno: “Prima di essere tesista al Tigem - racconta Claudia - io sono volontaria Telethon, che supportiamo da molti anni, perché per noi, così come per tutte le altre famiglie che abbiamo conosciuto, è speranza di una diagnosi e di una cura. Quindi, quando sono entrata come tesista al Tigem è stato come il raggiungimento di un primo obiettivo. Volevo a tutti i costi fare un’esperienza lì e ci sono riuscita”.

Il futuro di Claudia, anche se è ancora incerto, dovrebbe gravitare ancora intorno a un laboratorio di ricerca: perché le piacerebbe lavorare in ambito della diagnosi genetica, e ricorda: “non bisogna sottovalutare le malattie genetiche rare, perché sono rare solo se prese singolarmente. "Raro non significa lontano da me" è la frase che ripeto sempre quando devo rivolgermi a chi pensa che queste malattie possano essere ignorate”.

Leggi qui la storia completa.

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