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Paolo Spagnolo

L’intervista al Prof. Paolo Spagnolo, dell’Azienda Ospedale-Università di Padova 

La sarcoidosi è una malattia infiammatoria sistemica caratterizzata dalla presenza di granulomi “non necrotizzanti” negli organi che possono essere coinvolti, ossia polmoni, sistema linfatico, cuore, sistema nervoso, occhi, rene e cute, anche se potenzialmente ogni organo può essere colpito. Ad oggi le cause della patologia restano sconosciute. “La malattia insorge intorno ai 45-50 anni – spiega Paolo Spagnolo, Professore associato di Malattie dell’Apparato Respiratorio e Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Respiratorio presso il Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica dell’Università di Padova – ed è caratterizzata da un’ampia variabilità clinica, sia in termini di manifestazioni che di gravità. Infatti, circa il 50% dei pazienti non necessita di una terapia farmacologica ma solo di un attento monitoraggio clinico, radiologico, funzionale ed emato-chimico.”

Nei pazienti con sarcoidosi il sistema immunitario è particolarmente reattivo – prosegue l’esperto – e la terapia farmacologica mira a limitarne questa “iperattività”. La terapia di prima linea è rappresentata dai corticosteroidi (cortisone) e il trattamento generalmente dura alcuni mesi. Se non c’è risposta a questi farmaci o se compaiono effetti collaterali intollerabili si utilizzano i farmaci di seconda linea (immunosoppressori). Tra questi il più usato è il metotrexato: si tratta di un farmaco efficace e ben tollerato, che viene somministrato per via sottocutanea o orale, settimanalmente per diversi mesi, monitorando il paziente a intervalli regolari con dei semplici esami del sangue. Nella maggior parte dei pazienti questo tipo di terapie sono sufficienti per arrestare la patologia, che quindi va in remissione. Nei casi di patologia “refrattaria” è possibile ricorrere ai farmaci biologici (infliximab e adalimumab), sui quali però ci sono evidenze relativamente scarse. Ricordiamo, però, che nelle forme più gravi la patologia può essere fortemente invalidante, e che circa il 10% dei pazienti deve assumere una terapia per tutta la vita.”

“Per questo motivo – spiega ancora Spagnolo – siamo lieti di annunciare ai pazienti che finalmente, dopo 20 anni, c’è uno studio clinico di Fase III su una nuova molecola, efzofitimod, che è un inibitore della proteina neuropilina 2. Si tratta di un farmaco immunomodulatore, da assumere in associazione con la terapia cortisonica, che ha dimostrato (in uno studio di Fase II eseguito su un numero ridotto di pazienti) di essere ben tollerato e di permettere la riduzione del dosaggio del cortisone stesso. Si tratta di uno studio clinico internazionale, che in Italia vedrà la partecipazione, oltre al nostro centro di Padova (Unità Operativa Complessa di Pneumologia Azienda Ospedale Università di Padova), di un numero molto limitato di centri selezionati. Lo studio durerà circa un anno e coinvolgerà circa 260 pazienti in tutto il mondo. Il farmaco sarà somministrato una volta al mese per via endovenosa in ambiente ospedaliero. Per essere arruolati nello studio i pazienti devono già essere in terapia cortisonica e lamentare un peggioramento progressivo clinico-funzionale o della qualità della vita causato da astenia generalizzata, depressione e disturbi dell’umore.” 

A Padova abbiamo in carico circa 300 pazienti con sarcoidosi – conclude Spagnolo – ma forniamo anche consulenze e second opinion a pazienti provenienti da altri centri, quasi sempre provenienti da altre regioni, per un numero totale quasi raddoppiato. Vediamo i nostri pazienti ad intervalli di tempo variabili in base alle loro necessità: in genere ogni 6 mesi ma anche molto più spesso, se necessario. Abbiamo a disposizione un team multidisciplinare composto da specialisti in diverse discipline che forniscono consulenze e discutono con noi i casi più complessi. Perché, come sempre accade nelle patologie rare, la multidisciplinarietà e la collaborazione sono indispensabili.”

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