Un farmaco già esistente, il Bosentan - utilizzato per l’ipertensione polmonare – può rallentare la formazione di nuove ulcere nei malati di sclerosi sistemica, o sclerodermia, una malattia rara autoimmune che colpisce il tessuto connettivo causando fibrosi della pelle e di alcuni organi interni come polmoni, apparato gastrointestinale, cuore e reni. A capo del gruppo di studio che ha fatto l’importante scoperta, pubblicata il 30 agosto scorso sull’Annals of the Rheumatic diseases, è un ricercatore italiano, il dottor Marco Matucci Cerinic, dell'Università di Firenze, esponente di spicco della reumatologia italiana e internazionale.

Lo aveva predetto la rivista Science: uno dei campi da cui ci si doveva attendere maggiori risultati nel 2010 era quello degli ‘Exome Studies’, il sequenziamento di quei geni che producono le proteine essenziali al funzionamento della macchina umana. Previsione giusta se si considerano i risultati dello studio condotto dal prof Friedhelm Hildebrandt nel laboratorio che dirige all'Università del Michigan e pubblicato nel numero di settembre di  Nature Genetics. Hildebrand è infatti riuscito a sperimentare con successo un nuovo metodo di analisi genetica, molto più veloce di quelli usati in passato, che combina il metodo di cattura dell’exome con una elaborazione dei dati detta a parallelismo massiccio e capace di analizzare velocemente una grande mole di fattori. Nel caso specifico lavorando sul materiale genetico di persone affette da una famiglia di gravi malattie renali ereditarie, le ciliopatie associate a nefronoftisi o NPHP-RC, è riuscito ad individuare un nuovo gene coinvolto e a farlo anche  in breve tempo.

Che la terapia genica sia la strada da percorrere per arrivare ad una cura definitiva della ADA SCID - una malattia rara conosciuta anche sindrome dei ‘Bubble Boys’, i ragazzi rinchiusi in una bolla di protezione a causa del malfunzionamento del sistema immunitario - non ci sono ormai dubbi. La speranza è arrivare a guarire la malattia con un solo intervento e senza nemmeno la chemioterapia.

Quando si parla di malattie di origine genetica la più grande speranza della medicina moderna è quella di riuscire a correggere la (o le) mutazione genetica che le provocano (per esempio utilizzando metodologie come la terapia genica), ma una ricerca da poco pubblicata online su Science Express, potrebbe indicare una nuova via, quella cioè i ricombinare i geni (in una forma salutare) man mano che la malattia stessa procede. Keith Choate, professore di dermatologia all’Università di Yale, e il suo team hanno infatti osservato un singolare fenomeno che si verifica nella grave malattia della pelle chiamata ittiosi a coriandoli.

Tra gli autori di uno degli studi due italiani, il Prof. Carlo Rivolta e Silvio Alessandro Di Gioia, che però lavorano all'Università di Losanna

Tre nuovi studi fanno luce sulla retinite pigmentosa, malattia rara che restringe il campo visivo e può portare alla cecit. Il primo, uno studio condotto su 118 pazienti tedesch,i ha appena identificato delle nuove mutazioni genetiche implicate nella malattia. A condurlo un pool di ricercatori che ha operato all'Università di Genetica Umana di Regensburg, in Germania: tra questi figurano anche due ricercatori italiani, che attualmente però lavorano all’Università di Losanna, in Svizzera: il professor Carlo Rivolta, laureato all’Università di Pavia, e Silvio Alessandro Di Gioia. I risultati dello studio sono recentemente stati pubblicato sull’American Journal of Human Genetics e tra gli autori.

Al San Raffaele è pronta la nuova stimolazione magnetica transcranica che può aiutare il cervello a reagire ad alcune malattie

Il nome farebbe pensare a qualche cosa di futuristico ma poco scientifico. Si chiama infatti Magics la tecnica appena messo a punto dal ricercatore israeliano Abraham Zangen, ma con la magia non ha nulla a che fare, è piuttosto una grande evoluzione di meccanismi terapeutici già noti ed utilizzati e potrebbe rappresentare un grande passo avanti per malattie degenerative e vascolari come Parkinson, Alzheimer, Sla, malattia di Huntington, depressione profonda resistente ai farmaci e conseguenze dell'ictus.

Negli Stati Uniti si eseguono ogni anno circa 40.000 trapianti di cornea, di questi uno su quattro è dovuto ad una malattia chiamata Distrofia Corneale di Fuchs. Fa parte del più ampio gruppo delle distrofie stomali della cornea che spesso hanno come unica cura ill trapianto, senza il quale i pazienti, per lo più  uomini e donne sopra i 50 anni, ma talvolta anche adolescenti, sarebbero condannati a gravi difetti della vista fino alla cecità oltre che anche a manifestazioni dolorose dovute talvolta alla comparsa di piccole ulcere nella cornea. Fino ad oggi si sapeva che la distrofia di Fuchs, così come le altre distrofie della cornea, avesse origine genetica ma gli interrogativi sulle vere cause del male erano ancora aperti. Ora, una ricerca condotta da un gruppo dell’Università dell’Oregon, guidati dal prof. Albert O. Edwards,  utilizzando la tecnica dell’analisi genome wide (GWA) è riuscita ad individuare una modifica del fattore di trascrizione del gene-4 (TCF4): l’annuncio della scoperta è stato dato sul New England Journal of Medicine.

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