Per effettuare uno studio clinico a 360° su una patologia rara sono necessari almeno due elementi: una casistica di pazienti piuttosto numerosa e un intervallo di follow-up sufficientemente lungo. Generalmente, queste sono condizioni difficili da realizzare perché una malattia rara, per definizione, non ha indici di prevalenza alti, come quelli di certe forme tumorali. Inoltre, nei pazienti afflitti da malattie rare i tempi di sopravvivenza possono essere, a volte, più brevi di quelli imposti da un tumore. Anche l'identificazione di un soggetto con una patologia rara può presentarsi in maniera ostica e complessa, specialmente per le realtà ospedaliere non specializzate e che non hanno l'abitudine di trattare queste classi di pazienti.
Il progetto Euro-Phospolipid è nato per supplire alla mancanza di tali punti focali, garantendo l'opportunità di programmare studi scientifici con un alto numero di pazienti e di grande valore informativo sulla sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi (APS), un disturbo sistemico autoimmune contraddistinto da un elevato titolo di anticorpi anti-fosfolipidi (aPL) e da ripetuti eventi trombotici di natura venosa e arteriosa. L'APS è una malattia che può manifestarsi anche in associazione ad altre sindromi autoimmuni, quali il Lupus Eritematoso (LES) e, in una forma molto grave e molto rara (CAPS, Catastrophic Antiphospholipid Syndrome), può comportare tassi di mortalità estremamente elevati. Infine, non è infrequente osservare un incremento degli aborti nelle pazienti affette da APS.
Sono sufficienti queste brevi indicazioni per farsi una chiara idea della necessità di realizzare protocolli di ricerca incentrati sulla diagnosi e sul trattamento di questa malattia che considerino un congruo numero di pazienti, al fine di approfondire le caratteristiche cliniche della APS su una popolazione quanto più possibile eterogenea. È anche importante riuscire a seguire i malati nel tempo, inquadrando con accuratezza le prime manifestazioni e quelle che appaiono in fasi più tardive della malattia. Lo scopo del progetto Euro-Phospolipid, che ha incluso più di 1000 pazienti con APS, è stato di fornire un quadro della prevalenza della malattia e delle sue caratteristiche principali , delineandone le sfumature immunologiche iniziali e quelle a 10 anni dalla diagnosi.
I risultati di questo studio prospettico osservazionale sono stati pubblicati sull'ultimo numero della rivista Clinical and Epidemiological Research e derivano da un intenso lavoro di analisi condotto su 820 donne e 180 uomini provenienti da 13 stati europei (Belgio, Bulgaria, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Israele, Italia, Olanda, Portogallo, Spagna e Inghilterra). I ricercatori hanno osservato che, in totale, più della metà dei pazienti (53,1%) soffriva di una forma di APS primaria e il 36.2% era affetto da APS in associazione a LES. Inoltre, nei 10 anni di monitoraggio si è potuto vedere che la manifestazione più frequente della malattia è stata la trombosi: ictus, attacchi ischemici, trombosi delle vene profonde ed embolia polmonare sono stati gli eventi avversi più ricorrenti. Altri segnali evidenti associati alla malattia sono stati la trombocitopenia, la livedo reticularis e l'anemia emolitica. Queste informazioni aiutano a dare un inquadramento della APS dal momento che non è stato possibile registrare una correlazione statisticamente significativa tra l'insorgenza della malattia e la presenza – o l'assenza – di anticorpi specifici (aCL, LA, ANA o anti-dsDNA).
La maggior parte dei pazienti inclusi è stata trattata con farmaci anti-trombotici, che sembrano aver ridotto l'incidenza di eventi trombotici venosi, ma non arteriosi. Questo potrebbe essere indice del fatto che un sottogruppo di pazienti necessitasse di un trattamento ad alto impatto e di uno stretto monitoraggio delle comorbidità e dei fattori pro-trombotici. Il tasso di mortalità registrato durante il periodo di studio è stato del 9.3%, più alto di quello fatto evidenziato da un precedente studio europeo sul LES, mentre la percentuale di pazienti con CAPS è stata dello 0.9% (con una mortalità del 55.6%). Infine, nonostante l'alto rischio di interruzione di gravidanza per le donne malate di APS, il 72,9% delle donne incinte ha condotto a termine con successo la gravidanza, confermando i notevoli passi avanti compiuti nella gestione delle pazienti gravide e la validità di un percorso terapeutico mirato e costellato di visite di controllo specifiche e puntuali.
Nonostante non sia stato possibile identificare un profilo immunologico con un robusto valore prognostico, questo studio ha prodotto una considerevole dose di informazioni su una malattia poco diffusa e difficile da interpretare e da curare, fornendo una base per ulteriori ricerche volte a scovare nuovi marcatori prognostici e innovative misure terapeutiche per migliorare la qualità di vita dei pazienti e, soprattutto, garantirne la sopravvivenza prevenendo gli eventi avversi legati alla malattia.
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