MADRID (SPAGNA) – La sindrome di Simpson-Golabi-Behmel (SGBS) è una malattia rarissima inizialmente descritta da Joe Leigh Simpson e colleghi nel 1975. Poi, nel 1984, Golabi e Rosen, Behmel e altri hanno riportato indipendentemente ulteriori casi. Ora, in uno studio pubblicato sull’Orphanet Journal of Rare Diseases, un gruppo di medici spagnoli ha fatto il punto su tutto ciò che si conosce di questa patologia. Finora, infatti, sono stati segnalati nella letteratura medica solo circa 250 pazienti, e la prevalenza della sindrome è sconosciuta.
La sindrome è caratterizzata clinicamente da iperaccrescimento pre e postnatale, molteplici anomalie congenite, peculiari caratteristiche cranio-facciali, macrocefalia e organomegalia.
Possono essere osservate anche anomalie del sistema scheletrico, del cuore, del rene, del tratto gastrointestinale del sistema nervoso centrale. A volte sono presenti ritardo mentale, del linguaggio e delle prime tappe dello sviluppo motorio. La sindrome è anche associata ad un aumento del rischio di sviluppare tumori embrionali, per lo più epatici e di Wilms (la neoplasia renale più frequente in età infantile).
Ci sono almeno due differenti sottotipi clinici di SGBS: la forma classica (SGBS tipo I), associata a mutazioni del gene GPC3, e una forma letale (SGBS tipo II), associata a una diversa regione del cromosoma X, probabilmente con meno di dieci casi descritti in letteratura. La forma letale è una variante infantile di solito associata a idrope fetale, una condizione del feto caratterizzata dall’accumulo di fluido, o edema, in almeno due dei compartimenti fetali.
Lo spettro di segni e sintomi associati alla sindrome di Simpson-Golabi-Behmel è ampio, e varia da forme molto miti in donne portatrici a forme infantili letali nei maschi affetti. Una percentuale di maschi interessati muoiono nel periodo neonatale, alcuni di loro presumibilmente a causa di difetti cardiaci, mentre le femmine portatrici e le persone con casi più lievi vivono spesso fino all’età adulta.
A causa dei diversi gradi delle manifestazioni e della gravità associata alla condizione, la previsione della prognosi e dell’aspettativa di vita varia.
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