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Prof.ssa Sabrina Rita Giglio (Cagliari): “I campi di applicazione dell’analisi genomica sono molti e spaziano dalle malattie rare all’oncologia, dalle patologie degenerative a quelle infettive”

Oggi il sequenziamento del genoma è diventato uno strumento indispensabile non solo nella ricerca scientifica, ma anche nella pratica clinica. Quella che è definita “medicina personalizzata” vede nell’utilizzo di questa tecnica un grande beneficio, perché permette una diagnosi più precisa delle malattie grazie all’analisi di tutte le varianti genomiche. La professoressa Sabrina Rita Giglio è intervenuta sul tema durante il convegno online “Prevenzione e diagnosi ai tempi della genomica. Il nuovo ruolo del genetista nelle malattie rare e genetiche”, organizzato da OMaR - Osservatorio Malattie Rare con il patrocinio di SIGU - Società Italiana di Genetica Umana (clicca qui o sull’immagine dell’articolo per guardare il filmato dell’intervento).

Conoscere la causa primaria di una patologia è sicuramente importante per comprendere i suoi meccanismi e per un'adeguata classificazione, prognosi e trattamento. Per anni siamo stati abituati a studiare le cosiddette malattie mendeliane, cioè le malattie monogeniche che forse sono state proprio l'esempio diagnostico più robusto di quella che oggi viene chiamata medicina di precisione o personalizzata”, spiega Giglio. “Quando parliamo di malattie autosomiche dominanti o recessive, oppure legate all'X, noi abbiamo un chiaro modello di ereditarietà e di segregazione di queste patologie all'interno della famiglia. Se invece ci riferiamo a condizioni come il diabete o l'ipertensione, oppure ai tumori o alle malattie neurodegenerative, sappiamo che non rispondono a quelli che sono i criteri di ereditarietà che abbiamo finora studiato. Quindi oggi dobbiamo fare riferimento a quello che è il rischio poligenico, che viene chiamato “Polygenic Risk Score”, cioè il numero totale di varianti genomiche che in un dato individuo aumentano il rischio di sviluppare una data patologia”.

Ma quali sono le applicazioni cliniche per il sequenziamento del genoma umano? “Innanzitutto è uno strumento utile per diagnosticare i disturbi mendeliani e le malattie rare - prosegue la professoressa - ma ha un ruolo di primo piano anche in oncologia, perché oggi sappiamo benissimo che esiste una genomica dei tumori, che è importante per utilizzare dei farmaci specifici per la cura dei pazienti. Inoltre, è da usare il sequenziamento quando vogliamo studiare le malattie neuromuscolari o degenerative, e poi sta diventando importante la parte di farmacogenomica. Ultimamente, con l'arrivo del COVID-19, sappiamo anche quanto conti la genomica delle malattie infettive e le indagini sulle epidemie. Infine, dobbiamo anche ricordare che il sequenziamento del genoma fa sì che noi possiamo definire varianti patogenetiche anche in nuovi possibili geni-malattia”.

Anche se le più recenti tecnologie di sequenziamento hanno permesso di compiere grandi passi avanti nell’ambito della genomica, permangono ancora delle criticità da affrontare. “Una delle principali sfide da superare è quella di interpretare clinicamente le varianti presenti nelle porzioni non codificanti del genoma”, sottolinea Sabrina Rita Giglio. “Oggi abbiamo acquisito tante informazioni sul genoma, però ancora non sappiamo bene tutto: un aspetto che potrebbe spaventare, ma un modo per superare questo limite è continuare a sequenziare”.

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