Il dato emerge da uno studio italiano condotto in collaborazione dall'Università di Pisa e dall'Ospedale San Camillo IRCCS di Venezia
Pisa - Con il temine di 'anosognosia' si definisce un disturbo neuropsicologico che consiste nell'incapacità di un paziente di riconoscere lo stato della sua malattia, manifestando il convincimento di possedere le capacità motorie o cognitive che in realtà ha perso in seguito a lesione cerebrale. Nella distrofia miotonica di tipo 1 (DM1), le disfunzioni neuropsicologiche e le comorbilità psichiatriche associate possono compromettere la consapevolezza dei pazienti in merito agli effetti e alla progressione della patologia, dando luogo a ritardi nelle procedure diagnostiche e a difficoltà nella gestione di adeguati trattamenti. Di recente, la rivista Orphanet Journal of Rare Diseases ha pubblicato i risultati di una ricerca italiana progettata per stimare il grado di prevalenza dell'anosognosia nelle persone colpite da DM1.
La distrofia miotonica di tipo 1, altrimenti nota come malattia di Steinert, è la forma più comune di distrofia muscolare autosomica dominante negli adulti, ed è causata da un'espansione della tripletta CTG (citosina-timina-guanina) nella regione 3' del gene DMPK. Dato che questo particolare difetto genetico finisce per destabilizzare i processi cellulari di diversi organi e tessuti, come i muscoli scheletrici, gli occhi, il cuore, il tratto gastrointestinale, l'apparato endocrino e il sistema nervoso centrale (SNC), la DM1 si presenta come una patologia multisistemica progressiva, ed è all'origine dello sviluppo di gravi forme di disabilità.
Nel corso degli ultimi 20 anni, numerosi sono gli studi condotti per valutare il coinvolgimento del sistema nervoso centrale nella DM1, studi che hanno ben documentato come la malattia sia spesso associata a deficit neuropsicologici e comorbilità psichiatriche. Contemporaneamente, le analisi di routine, effettuate con tecniche di imaging ed esami neuropatologici, hanno permesso di notare, nel tessuto cerebrale dei pazienti, la presenza non solo di lesioni, ma anche di forme di deterioramento che sono classiche dell'Alzheimer e di altri tipi di disturbi neurodegenerativi.
Allo scopo di indagare la consapevolezza della malattia nelle persone affette da distrofia miotonica di tipo 1, un team di ricercatori italiani ha condotto uno studio osservazionale su 65 individui adulti con diagnosi genetica di DM1, che sono stati seguiti, dal dicembre del 2012 al dicembre del 2014, presso la Clinica Neurologica dell'Università di Pisa e l'Ospedale San Camillo IRCCS di Venezia. I partecipanti hanno innanzitutto ricevuto una valutazione clinica e neuropsicologica e, in seguito, sono stati sottoposti ad un questionario INQoL (Individualized Neuromuscular Quality of Life) sulla loro qualità di vita. Il medesimo test è stato separatamente somministrato anche al principale caregiver di ogni paziente, per poter verificare, dal confronto dei risultati, il grado di anosognosia nei malati di DM1. Nello studio è stato arruolato anche un gruppo di 26 individui sani di controllo.
Dall'analisi dei dati è emerso che il 51,6% delle persone con malattia di Steinert non è conscio degli effetti della condizione. Sebbene questa mancanza di consapevolezza riguardi sia le conseguenze fisiche della patologia che l'impatto della stessa sulla vita quotidiana, i pazienti hanno evidenziato una più marcata anosognosia in merito ad aspetti che riguardano la sfera delle proprie relazioni sociali e dell'indipendenza personale. Nei malati di DM1, l'inconsapevolezza della malattia risulta essere significativamente correlata a deficit cognitivi che investono gli ambiti della memoria visuo-spaziale, della flessibilità mentale, della comprensione e della concettualizzazione.
I risultati dell'indagine sembrano confermare l'ipotesi che, nella DM1, l'insorgenza di anosognosia sia legata alle disfunzioni cerebrali provocate dalla patologia. Secondo gli autori dello studio, una migliore comprensione di questo aspetto potrebbe servire a migliorare la diagnosi e il trattamento dei pazienti. Si potrebbero stabilire, ad esempio, validi 'indicatori' di deficit cognitivo, tramite cui valutare il grado di coinvolgimento neuropsicologico e la gravità della condizione, procedendo con interventi mirati e terapie tempestive che siano in grado di prevenire gli eventi dannosi legati alla progressione della malattia.
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