Con il progetto CAROSELLO finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ai sensi della legge 383/2000 annualità 2013,  lettera f), si è sviluppato un percorso di empowerment  sia individuale  che organizzativo  che, partendo da una analisi degli assetti istituzionali e organizzativi dei servizi per i malati rari nelle diverse regioni, alla quale hanno concretamente collaborato tutti i Centri di Coordinamento Regionale per le malattie rare, ha portato alla formulazione di proposte condivise per il miglioramento delle reti regionali di assistenza.

Al progetto hanno aderito le regioni Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Valle d'Aosta e Veneto e numerose altre regioni, a cui si sono aggiunte molte altre realtà, tra le quali Regione Lombardia, per un totale di quasi 30 partner tra istituzioni pubbliche e private con i quali si è condiviso che uno dei problemi principali per i pazienti  affetti da patologia rara è la difficoltà di orientamento nel sistema e quindi l'accesso alle informazioni. Per superare  questo primo ostacolo è fondamentale essere correttamente indirizzati nell’accesso ai servizi sanitari, socio-sanitari e sociali per favorire, di conseguenza, la inclusione sociale delle persone con malattia rara. Con questo obiettivo le informazioni raccolte sono state sistematizzate nella “GUIDA AI DIRITTI ESIGIBILI E ALLE AGEVOLAZIONI IN AMBITO LAVORATIVO PER LE PERSONE CON MALATTIA RARA” a breve scaricabile  dai siti  www.uniamo.org, e su www.malatirari.it, un agevole strumento di documentazione e orientamento rispetto al complesso sistema di norme e provvedimenti che regolano la materia.

Altro punto critico è stato riscontrato nella complessità di valutazione delle malattie rare in sede di commissione per il riconoscimento dell’invalidità civile, dell’handicap e della disabilità che rappresentano passaggi obbligati per poter accedere alle facilitazioni previste dal Sistema di inserimento lavorativo attualmente normato dalla Legge n. 68/1999.  Un traguardo importante raggiunto dal progetto è l'aver condiviso con il Coordinamento Generale Medico Legale dell’INPS e con le Regioni l’impegno a lavorare nei prossimi mesi insieme alla Federazione per disegnare un nuovo modello organizzativo ed elaborare, indicazioni, per gruppi di patologie, atte a supportare la corretta valutazione delle persone con malattia rara in sede di commissione di invalidità.

Per rendere concreto tutto questo percorso nel mondo dell'inclusione lavorativa delle persone con disabilità, quasi una chimera in un momento storico di disoccupazione cronica della popolazione in generale, la Federazione vuole diffondere e collaborare nella trasferire una buona pratica in un’azione di sistema. “L'adozione lavorativa", promossa dalla Provincia di Lecco" è uno strumento che consente alle persone disabili portatrici di gravi disabilità di poter accedere al mondo del lavoro: attraverso l’adozione lavorativa:  gli oneri sociali derivanti dall’inserimento occupazionale delle persone disabili sono sostenuti dalle aziende soggette all’obbligo.  La procedura prevede che l’impresa, invece di chiedere l'esonero perché non riesce ad assumere una persona disabile, stipuli una convenzione ai sensi dell’art. 11/Lg. 68/99 e sottoscriva un “Patto di adozione lavorativa” in cui si impegna a sostenere l’integrazione di uno o più lavoratori disabili in un contesto di inserimento, preferibilmente, nel comune di residenza e coerente alle aspirazioni e alle capacità lavorative della persona.
Oltre 200 le persone disabili che hanno trovato un inserimento lavorativo nell’ultimo  anno grazie a questa opportunità offerta dalla Provincia di Lecco; delle 400 persone seguite in questi anni, 80 hanno sottoscritto  un regolare rapporto di lavoro, nonostante il periodo di crisi.

La diffusione di questa prassi in tutti i territori, che la Federazione UNIAMO chiede possa avvenire proprio attraverso il suo recepimento nel processo di riforma attualmente in corso della Legge n. 68/1999, potrebbe essere una buona risposta alla necessità di inclusione di quei malati rari, e più in generale, di tutte le persone con disabilità con analoghi bisogni assistenziali, che potrebbero svolgere un lavoro all'interno della propria comunità e divenirne parte attiva.

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