Debora Berretti

Secondo le ultime stime, la prevalenza della patologia nella regione è di 24 casi ogni 100.000 abitanti

A chi non è capitato di soffrire di episodi di reflusso gastro-esofageo, specialmente nelle ore serali o notturne? È un fenomeno piuttosto diffuso, associato a un indebolimento dello sfintere esofageo inferiore, la valvola che separa l’esofago dallo stomaco. Anche l’acalasia esofagea tra le sue cause annovera l’alterata funzionalità dello sfintere esofageo, ma si tratta di una patologia ben più rara - si stima che abbia un’incidenza di 2-3 casi ogni 100.000 persone all’anno - e che conduce a sintomi molto più fastidiosi del bruciore di stomaco o del rigurgito acido. Per questo è importante predisporre un percorso diagnostico-terapeutico che garantisca una corretta individuazione e presa in carico dei pazienti.

Esattamente come è stato fatto in Friuli Venezia Giulia, dove il Centro di Coordinamento Regionale per le Malattie Rare, diretto dal prof. Maurizio Scarpa, ha valutato e dato l’approvazione al PDTA (Percorso Diagnostico-Terapeutico Assistenziale) stilato dal Gruppo di lavoro Regionale coordinato dalla dott.ssa Debora Berretti, della S.O.C. di Gastroenterologia dell’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata Friuli Centrale di Udine. “L’acalasia è un disturbo neurogeno della motilità esofagea caratterizzato da un’alterata peristalsi esofagea e dal mancato rilasciamento, durante la deglutizione, dello sfintere esofageo inferiore”, spiega la dott.ssa Berretti. “Si pensa che l’acalasia sia causata dalla perdita delle cellule gangliari del plesso mioenterico dell’esofago, che determina la denervazione della muscolatura esofagea. L’eziologia di tale fenomeno è sconosciuta, ma si sospetta una causa virale ed autoimmune”.

Coloro che sono colpiti da questa patologia - che può interessare tanto individui intorno ai 20 anni quanto persone vicine ai 60 anni - manifestano gravi difficoltà nella deglutizione del cibo, essendo colpiti da una disfagia lenta e progressiva per i cibi sia solidi che liquidi, che vengono rigurgitati prima di essere digeriti. Quasi un terzo dei pazienti arriva a soffrire di rigurgiti notturni associati a tosse cronica e difficoltà respiratorie. In diversi casi all’acalasia si accompagna la presenza di dolore toracico e spesso nei pazienti si osserva una consistente riduzione del peso corporeo. “Il trattamento dipende dalle caratteristiche specifiche del paziente e può essere endoscopico, ricorrendo alla dilatazione pneumatica con palloncino, alla miotomia endoscopica perorale (POEM) o, ancora, alle iniezioni di tossina botulinica”, prosegue la dott.ssa Berretti. “In alternativa, la terapia può essere di tipo chirurgico e prevedere una miotomia laparoscopica combinata con plastica anti-reflusso o, nelle forme di acalasia più avanzate, l’esofagectomia. In ogni caso, la scelta del trattamento deve essere eseguita all’interno di un team multidisciplinare che valuti le comorbilità e le caratteristiche del paziente, fornendo un counselling adeguato sulle opzioni da valutare”.

Secondo l’ultima stima, eseguita nel 2019, nella Regione Friuli Venezia Giulia i casi prevalenti di acalasia erano 295, per un tasso grezzo di 24 persone ogni 100.000 abitanti. Un numero tale da non passare inosservato e richiedere particolare attenzione, inducendo alla creazione di un PDTA rivolto non solo ai gastroenterologi delle principali strutture ospedaliere regionali, ma anche ai radiologi, ai chirurghi, agli esperti di nutrizione e delle terapie intensive. Senza tralasciare i medici di medicina generale che, per primi, possono intercettare casi con una sintomatologia sospetta da sottoporre ad un approfondimento diagnostico. Infatti, in presenza di sintomi come disfagia, rigurgito o dolore toracico, il medico di medicina generale può richiedere per il paziente una visita gastroenterologica, a cui può far seguito l’esecuzione di un’esofago-gastro-duodenoscopia (EGDS), per l’esclusione di eventuali neoplasie. A questo punto, il paziente entra nel PDTA e può essere sottoposto alla manometria ad alta risoluzione (HMR), il test di riferimento per la diagnosi di acalasia esofagea con il quale si effettuano le misurazioni pressorie della motilità dell’apparato digerente. Successivamente, durante un’ulteriore visita gastroenterologica, al paziente sarà riconosciuta la certificazione di malattia rara, con l’attribuzione del relativo codice d’esenzione (RI0010), e si procederà all’inserimento nel Registro Regionale Malattie Rare.

Che fosse necessario un maggior coordinamento (non solo a livello regionale) in merito alla gestione dei pazienti affetti da acalasia esofagea era emerso già negli anni passati e la pubblicazione delle prime linee guida internazionali - nel cui processo di formulazione sono stati coinvolti anche i pazienti dell’Associazione Libera Malati Acalasia esofagea e altre malattie dell’esofago (ALMA) - aveva costituito un passo avanti significativo sul riconoscimento di questa patologia e sulla necessità di affrontarla in maniera omogenea. Il PDTA elaborato in Friuli Venezia Giulia per i pazienti adulti affetti da acalasia esofagea punta a stabilire un percorso che non dimentichi nessun paziente e fissi i termini per una presa in carico tempestiva, proseguendo nei mesi e negli anni il monitoraggio di una condizione cronica che, se non adeguatamente trattata, provoca conseguenze gravi sulla qualità di vita di chi ne è affetto.

Strumenti di lavoro di questo tipo rispondono in maniera mirata agli obiettivi della Rete Regionale per le Malattie Rare Gastroenterologiche del Friuli Venezia Giulia, che si prefigge di uniformare i comportamenti dei professionisti all’interno della regione relativamente alla presa in carico dei pazienti, avvicinandoli alle raccomandazioni evidence based”, conclude Debora Berretti. “Inoltre, rientrano tra gli obiettivi della Rete la qualificazione dei livelli di assistenza e trattamento secondo specifici criteri di appropriatezza ed efficacia, l’integrazione tra strutture e professionisti mediante l’utilizzo di strumenti e linguaggi condivisi, l’equità di accesso alle cure e l’attenzione alla possibilità di fare diagnosi precoce attraverso il coinvolgimento del medico di medicina generale. Infine, non bisogna dimenticare la necessità di creare un sistema di raccolta dei dati epidemiologici, predisponendo gli strumenti di monitoraggio dell’efficacia diagnostico-terapeutica, e di implementare le capacità del Registro Regionale Malattie Rare”. Tutto ciò trova concretizzazione in quell’ottica di multidisciplinarietà imprescindibile per una buona gestione dei malati rari.

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