Al San Raffele, l’Unità del dottor Maurizio De Pellegrin corregge nei bambini l’asimmetria delle gambe con un approccio mini-invasivo
Chi nasce con una gamba molto più lunga dell’altra guarda all’esperienza italiana in cerca di speranza. A Milano, infatti, c’è un’eccellenza che il mondo ci invidia, punto di riferimento per l’eterometria, una delle caratteristiche di alcune malattie genetiche rare, la sindrome di Beckwith-Wiedemann (BWS) e le PROS (sindromi da iperaccrescimento PIK3CA-correlate). I genitori che, con i loro bambini, devono fare i conti con questa grave asimmetria degli arti – in alcuni casi anche di dieci centimetri – si rivolgono al dottor Maurizio De Pellegrin, responsabile dell’Unità funzionale di Ortopedia e Traumatologia Infantile dell’IRCCS San Raffaele di Milano, che opera all’interno della Divisione di Ortopedia diretta dal Prof. Vincenzo Salini. La soluzione, nei casi più complessi, è la chirurgia, un tema che l’ortopedico ha affrontato nell’incontro online con le famiglie organizzato dall’Associazione Italiana Sindrome di Beckwith-Wiedemann (AIBWS) e dall’Associazione Italiana Macrodattilia e PROS (AIMP).
“Non parliamo di una differenza di un centimetro, che troviamo nel 20% della popolazione, anche in individui perfettamente sani, ma di coloro che hanno dai 2,5 centimetri in su. In questi casi, si può operare”, spiega il dottor De Pellegrin. La possibilità di riuscita è molto alta. “Nell’80 per cento dei casi dà ottimi risultati”, continua l’ortopedico, “dopo appena un mese alcuni di quei bambini sono tornati a giocare a calcio”. A rincuorare le famiglie è anche il tipo di intervento messo a punto dai medici del San Raffaele: “Parliamo di un intervento non difficile dal punto di vista tecnico, anche se preciso, mini-invasivo e che dura mediamente 22 minuti. Fare i chirurghi però non basta, perché sono bambini speciali”.
Per questo l’approccio è differente da quello in uso nella maggior parte degli ospedali. “Come soluzione, alcuni associano l’arto più corto a un possibile allungamento. Ma perché dovrei toccare l’arto sano? È quello lungo che presenta una patologia. Possiamo bloccare quindi temporaneamente la sua crescita inserendo delle placche nella cartilagine di crescita del ginocchio”, spiega l’ortopedico. L’operazione si chiama epifisiodesi temporanea, è molto meno dolorosa dell’allungamento dell’arto sano e prevede tre interventi: uno alla tibia, uno al femore e uno per la rimozione delle placche.
Dal 2006 a oggi, De Pellegrin ha operato ventuno bambini con BWS e venticinque con PROS. Un’enormità rispetto alla maggior parte dei colleghi. “Abbiamo inviato a diversi specialisti, anche stranieri, un questionario. La metà l’ha rimandato indietro vuoto, confessando di non conoscere queste sindromi e di non aver mai trattato un paziente di questo tipo”, ricorda il medico.
Nei ragazzi che hanno concluso il loro percorso terapeutico, che dura anni, gli arti ora hanno la stessa lunghezza e solo in due casi resta un centimetro di differenza, considerato comunque fisiologico. Ma c’è un momento giusto per intervenire? “In base alla mia esperienza, attorno ai 7-8 anni alla tibia, 10-11 al femore - chiarisce De Pellegrin - ma nella BWS ho operato anche un bimbo con meno di 3 anni e nella PROS di 1”.
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