Nell’hackathon promosso da Novartis ed H-FARM, team multidisciplinari cercheranno soluzioni innovative per questa problematica
Si avvicina Thalathon, l’hackathon completamente dedicato allo sviluppo di soluzioni dedicate ai pazienti talassemici, che si terrà a Roncade (TV) i prossimi 24 e 25 gennaio. I partecipanti, suddivisi in team multidisciplinari, svilupperanno un progetto seguendo una delle tre sfide che, come emerso nella fase di ideazione dell’evento, sono risultate di maggiore impatto sulla qualità della vita dei pazienti affetti da talassemia.
Una di queste sfide consiste nella valorizzazione del tempo che i pazienti devono trascorrere periodicamente in ospedale, a causa delle frequenti trasfusioni di sangue a cui devono sottoporsi. “La frequenza delle trasfusioni varia in base alla severità della talassemia”, spiega il Prof. Alberto Piperno dell’Ospedale San Gerardo di Monza, il ‘mentor’ di riferimento per questa sfida, che cercherà di convincere i team a sceglierla tra le tre proposte e poi li affiancherà durante lo sviluppo delle possibili soluzioni. “La media è intorno alle 2-3 settimane: c’è chi riesce ad arrivare alle 4 settimane senza trasfusione, chi invece deve affrontarle più frequentemente; è un tempo tecnico di sopravvivenza dei globuli rossi trasfusi, che vivono meno rispetto a quelli prodotti fisiologicamente”.
Al di là della frequenza, anche l’organizzazione della singola trasfusione può variare molto: “Fondamentalmente – prosegue il Prof. Piperno – ci sono due opzioni: la più comune è che il paziente venga 1 o 2 giorni prima della trasfusione, per fare i prelievi e per quella che viene definita compatibilità di controllo (un’operazione che richiede circa 15-20 minuti). Poi avviene la trasfusione, di solito di due sacche di sangue, la quale, considerando anche le varie procedure collaterali, richiede dalle 2,5 alle 3 ore. La seconda modalità, meno frequente, è quella in cui una persona fa tutto nella stessa giornata. Questo accade per diversi motivi, ad esempio a causa di festività imminenti, o perché il paziente viene da lontano, in modo da ridurre il disagio di continui spostamenti. Con questa modalità si arriva facilmente alle 5-6 ore”.
Perciò, il modo in cui ogni paziente trascorre questo lasso di tempo in ospedale dipende fortemente dai suoi gusti, dalle sue inclinazioni e dal proprio carattere: “c’è chi si porta da leggere – spiega Piperno – e chi fa relazione sociale (ci si sposta nella stanza vicina per chiacchierare con chi si ha maggiore confidenza); altri si portano un computer per lavorare, altri ancora sfruttano il loro cellulare. Ma c’è anche chi non fa niente, e si annoia”.
I margini di manovra sono dunque piuttosto larghi e, secondo il Prof. Piperno, il momento delle trasfusioni potrebbe essere attivamente impiegato per migliorare la qualità di vita degli stessi pazienti. “C’è innanzitutto da fare una distinzione tra pazienti in età pediatrica o adulta”, chiarisce l’esperto. “Per i primi sarà fondamentale pensare a soluzioni che puntino quasi al gioco; per gli adulti, invece, il tempo trascorso durante le trasfusioni potrebbe essere utilizzato, ad esempio, per informare o per supportare i pazienti in merito alla gestione della patologia, soprattutto per quanto riguarda la loro aderenza ai controlli e alla terapia. Le risorse mediche e infermieristiche per fornire questo tipo di servizio sono infatti sempre più ridotte, e quando si propongono incontri formativi su questi argomenti non si raggiunge quasi mai una fetta di pazienti soddisfacente”.
L’idea è quella di trovare soluzioni che, in un certo senso, promuovano un ribaltamento della concezione che i pazienti talassemici hanno di loro stessi e della loro patologia, una malattia cronica che richiede terapie continue che possono incidere molto sul benessere psicofisico dell’individuo: “bisogna ideare una metodologia, qualcosa che possa fungere da ‘scatola’ di contenuti vari: dal sostegno psicologico a tecniche in grado di coinvolgere in maniera più attiva i pazienti nella gestione della talassemia”, conclude il Prof. Piperno. “Queste persone vivono una serie di difficoltà difficili da immaginare, ma è importante che continuino a percepirsi e vivere in maniera reattiva e partecipativa”.
Per partecipare a Thalathon è sufficiente inviare la propria candidatura online. L’iniziativa è aperta a studenti, neolaureati e giovani professionisti.
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