L’innovatività della terapia ha straordinarie ripercussioni non solo sugli aspetti clinici ma anche sulla sfera psicologica di pazienti e famiglie.
A spiegarlo è il dott. Jacopo Casiraghi, psicologo e psicoterapeuta presso Famiglie SMA Onlus e Centro Clinico NeMO
L’arrivo di nusinersen, primo - e ad oggi ancora unico - trattamento per l’atrofia muscolare spinale (SMA), ha aperto un nuovo orizzonte per questa malattia genetica rara caratterizzata dalla perdita dei motoneuroni, ovvero quei neuroni che trasportano i segnali dal sistema nervoso centrale ai muscoli, con la conseguente compromissione dei movimenti dei muscoli del corpo (comprese la respirazione e la deglutizione).
L’autorizzazione accelerata alla commercializzazione della terapia (con il marchio Spinraza) è arrivata nel 2016 da parte della Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti, sulla base degli ottimi risultati ottenuti nei primi studi clinici su bambini affetti da SMA1 e SMA2, e a seguire, nel 2017, anche dalla Commissione Europea (CE). In Italia, l’autorizzazione all’immissione in commercio, sia per bambini che per adulti con SMA, è stata concessa dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ad ottobre 2017, aprendo l’inizio di una nuova era per le famiglie italiane colpite da questa patologia.
Ancor prima della sua formale autorizzazione, grazie a un programma di uso compassionevole, l'AIFA ha reso disponibile nusinersen per oltre 100 pazienti affetti da SMA1. Una volta terminata la sperimentazione di Fase III, infatti, è stato avviato un programma di accesso esteso al farmaco (Expanded Access Program) al di fuori del trial ma presso gli stessi centri coinvolti nello studio clinico: il Centro Clinico NeMO di Milano, Roma e Messina, l’Istituto Gaslini di Genova e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Con questo percorso sono stati avviati al trattamento 134 bambini con SMA.
Attualmente, in Italia, nusinersen è erogato a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale e sono 371 i pazienti che hanno avuto accesso al farmaco. Si tratta di pazienti affetti sia da SMA1 che da SMA2 o SMA3, per lo più pediatrici: alcuni hanno iniziato il trattamento a poche settimane di vita, ma vi sono anche ragazzi più grandi. I benefici clinici sono stati largamente dimostrati dai trial e sono quotidianamente evidenti nei pazienti ai quali è somministrato il farmaco in commercio: un’importante riduzione della ventilazione respiratoria, un netto miglioramento delle funzioni motorie (ad esempio la capacità di sedersi senza supporto e camminare nei bambini SMA1), il tutto accompagnato da un significativo aumento dell’aspettativa di vita.
Oltre ai benefici clinici, misurati scientificamente, vi è un altro aspetto fondamentale non misurabile durante le sperimentazioni cliniche: l’impatto sulla qualità di vita dei pazienti e delle famiglie. Il Dott. Jacopo Casiraghi, psicologo e psicoterapeuta presso Famiglie SMA Onlus e al Centro Clinico NeMO di Milano, illustra questo importante argomento all’Osservatorio Malattie Rare.
Dott. Casiraghi, qual è la sua esperienza nell’ambito dell’impatto di nusinersen sulla qualità di vita dei pazienti e delle famiglie che vivono con la SMA?
Lavorando sul progetto SMArt - un lungo progetto che va avanti da ormai cinque anni, finalizzato a migliorare l’assistenza territoriale ai pazienti affetti da atrofia muscolare spinale, che è servito anche a preparare il territorio, negli ospedali, all’arrivo di nusinersen – e al Centro Clinico NeMO di Milano, ho potuto seguire una trentina di bambini trattati nell’ambito del percorso di “Expanded Access Program”, prima che nusinersen venisse approvato da AIFA, e sto tuttora seguendo i pazienti (bambini e adulti) a cui viene somministrata la terapia, ormai approvata, al NeMO. Ciò mi ha permesso di raccogliere tutta una serie di dati rispetto alla qualità di vita, dei pazienti e dell’intero nucleo familiare, prima, durante e dopo il trattamento con nusinersen. Quello che emerge chiaramente è che l’arrivo di questo farmaco è stato vissuto come un evento rivoluzionario. Era da decenni che pazienti e intere famiglie aspettavano che arrivasse qualcosa sul fronte terapeutico. Seguivano conferenze su conferenze, ma i dati presentati riguardavano prevalentemente la ricerca preclinica e l’avvio di alcuni trial, ma niente di ancora concreto per loro. L’atrofia muscolare spinale viene trattata con una presa in carico in ottica riabilitativa, dal punto di vista di fisioterapia fisica e respiratoria, e, fino a ieri, ciò era affiancato da una totale assenza di trattamento farmacologico. Con l’arrivo di nusinersen, si è aperto un nuovo orizzonte: fino a poco più di un anno fa, con una diagnosi di SMA, malattia gravemente degenerativa, si poteva pensare solo al peggioramento; adesso si può pensare ad un futuro. Inoltre, solo l’idea che esistesse finalmente un farmaco, come risultato del lavoro e dell’interesse di un’intera comunità scientifica internazionale, ha fatto sentire pazienti e famiglie meno soli. E la sensazione di essere preso “in cura”, nel vero senso della parola, ha un impatto straordinario sulla qualità di vita di un paziente.
Ci può fare qualche esempio concreto di come la vita è cambiata per le famiglie dei pazienti?
Con l’arrivo di nusinersen tutto ciò che era già segnato, prestabilito, è stato messo in discussione. Seguo dei bambini con SMA1 trattati precocemente con nusinersen che reggono il collo, muovono le mani e raggiungono una serie di abilità motorie che non sono previste per la SMA di questa tipologia, quasi come se avessero cambiato categoria di patologia. Ciò permette ai genitori di pensare che il loro bambino potrà fare una serie di cose che prima erano escluse o molto difficili, come, ad esempio, andare all’asilo nido. A sua volta, la possibilità di svolgere una serie di attività dà la possibilità al bambino di avere esperienze in più e di acquisire ulteriori capacità, gli dà gli strumenti per crescere. Un altro esempio riguarda una ragazza adolescente che non vedeva davanti a sé nessun futuro: la sola consapevolezza dell’arrivo di nusinersen, senza neanche sapere se vi avrebbe avuto accesso, le ha fatto rimettere tutto in gioco. Lei, che continuava a ripetere le scuole medie, senza che il territorio e le agenzie educative sapessero dove mandarla, ha finalmente avuto il coraggio di chiedere di poter andare al liceo. La famiglia stessa, che fino ad allora non spingeva la figlia a costruire qualcosa, ha riconsiderato l’intero percorso educativo, creando anche nuovi equilibri familiari. Oltre al suo effetto prettamente clinico sulla malattia, rinforzando i muscoli e rallentando la comparsa dei sintomi, nusinersen rappresenta per i pazienti una spinta in più per affrontare al meglio la vita. La sola idea che esista la possibilità di avere un futuro, cambia già tutto. Questo si riflette anche sull’aderenza a tutto il percorso riabilitativo fisioterapico: i pazienti, adesso, lo vogliono seguire nel migliore dei modi.
L’arrivo di nusinersen ha cambiato qualcosa sul fronte del lavoro svolto dai medici?
Assolutamente sì. Vi è stato un cambiamento radicale nella modalità di presa in carico del paziente e, soprattutto, nel momento della comunicazione della diagnosi, un momento critico per tutte le famiglie. Mentre prima i medici dovevano dire che purtroppo non esisteva nessun tipo di cura, e che bisognava aspettare i progressi della ricerca, adesso la patologia viene comunicata in maniera diversa, con una speranza in più. Pur rimanendo traumatico, ciò ammorbidisce un po’ il 'grande mostro', ovvero il processo di comunicazione della diagnosi. Un aspetto molto importante è che nusinersen ha cambiato la prospettiva non solo ai pazienti che hanno accesso al farmaco ma a tutta la comunità dei pazienti SMA e agli specialisti che lavorano su questa patologia: se è arrivato un primo farmaco rivoluzionario, ne potranno arrivare anche altri.
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