Dott. Umberto Semenzato - Sindrome ipereosinofila

Si tratta gruppo di patologie sistemiche, di complessa diagnosi, che possono essere confuse con asma grave, angioedema e altre situazioni più comuni

Sotto il cappello “sindrome ipereosinofila(HES) si identificano una serie di patologie rare sistemiche caratterizzate da una persistente eosinofilia (presenza eccessiva di particolari globuli bianchi) del sangue periferico, superiore a 1.500 cellule per microlitro di sangue, che possono essere correlate a danni d’organo, tipicamente cute, polmoni e tratto gastrointestinale, anche se tutti gli organi possono essere coinvolti. Sarebbe più corretto, quindi, parlare di sindromi ipereosinofile, che possono essere idiopatiche (senza una causa definita) oppure dipendere da disturbi clonali specifici e che si differenziano principalmente nella variante mieloproliferativa e nella variante linfoproliferativa.

COSA SUCCEDE QUANDO GLI EOSINOFILI SONO MOLTI ALTI

Gli eosinofili sono un tipo di globuli bianchi (circa il 5% del totale di quelli circolanti nel sangue) che rivestono un importante ruolo nella risposta dell’organismo alle infezioni da parassiti, nelle reazioni allergiche e nello sviluppo di alcune patologie come l’asma. Talvolta però gli eosinofili causano l’infiammazione di alcuni organi con conseguente comparsa di sintomi.

Il livello medio di eosinofili circolanti nel sangue è di circa 100-500 per microlitro di sangue. Si parla di ipereosinofilia quando il livello di eosinofili circolanti nel sangue è superiore a 1.500 per microlitro.

Le principali cause di una conta elevata degli eosinofili sono allergie, infezioni parassitarie e alcuni tumori (linfoma di Hodgkin, leucemia e alcune neoplasie mieloproliferative). Sono queste dunque le prime cause, insieme all’asma, la rinite allergica, la dermatite atopica e la sensibilità a farmaci specifici, che devono essere indagate in presenza di una ipereosinofilia persistente.

I DANNI D’ORGANO CORRELATI A UNA IPEREOSINOFILIA

Quando il numero di eosinofili circolanti nel sangue è molto elevato, e persiste molto a lungo, può provocare infiammazioni dei tessuti e conseguenti danni agli organi. Gli organi più colpiti sono cute, polmoni, cuore, sistema nervoso, apparato gastrointestinale, ma qualsiasi organo può essere coinvolto. Alcune manifestazioni cutanee tipiche sono le eruzioni cutanee, quando le manifestazioni sono cardiache i sintomi possono essere dispnea e astenia, tipici di una cardiomiopatia eosinofila. Nel caso di coinvolgimento polmonare possono comparire tosse, dispnea, respiro sibilante (sintomi aspecifici che possono ritardare la diagnosi). Nel caso siano presi di mira stomaco o esofago può manifestarsi dolore, sintomo di esofagite o gastrite eosinofila. Nel caso dell’intestino può manifestarsi colite o enterite eosinofila.

QUANDO SI PARLA DI SINDROME IPEREOSINOFILA

“Sindrome” in gergo medico identifica un insieme di più segni e sintomi, senza il riferimento all’eziologia (la causa) e alla patogenesi (il processo di sviluppo). Senza trattamento, la sindrome comporta importanti danni d’organo e può ridurre significativamente l’aspettativa di vita di chi ne è affetto. Un corretto trattamento è fondamentale. Per trattare correttamente la sindrome da ipereosinofilia è però fondamentale capire di quale variante si parla.

SINDROMI IPEREOSINOFILE CLONALI

Si tratta di un sottogruppo di sindromi ipereosinofile che hanno una precisa causa, che può essere identificata con delle specifiche indagini, solitamente effettuate in ambito ematologico, immunologico e genetico.

LA VARIANTE MIELOPROLIFERATIVA è spesso associata a una piccola delezione interstiziale del cromosoma 4 al sito CHIC2 che causa la fusione genica FIP1L1/PDGFRA (che ha un'attività tirosin-chinasi in grado di trasformare le cellule ematopoietiche). La sintomatologia che ricorre più frequentemente è caratterizzata da anemia, elevati livelli sierici di triptasi e di vitamina B12, eosinofili ipogranulari o vacuolati, mielofibrosi, splenomegalia e trombocitopenia. I pazienti con il sottotipo mieloproliferativo spesso sviluppano fibrosi endomiocardiche e possono raramente sviluppare una leucemia mieloide acuta o una leucemia linfoblastica acuta. I pazienti con la fusione genica FIP1L1/PDGFRA sono in genere maschi e possono rispondere a una bassa dose di imatinib (un inibitore della tirosin-chinasi). Una piccola percentuale di pazienti con la variante mieloproliferativa della sindrome da ipereosinofilia ha modificazioni citogenetiche che coinvolgono il recettore beta del fattore di crescita derivato dalle piastrine e può anche essere responsiva agli inibitori della tirosin-chinasi (TKI), come l'imatinib. Altre anomalie citogenetiche comprendono il riarrangiamento del gene per il recettore 1 del fattore di crescita dei fibroblasti (FGFR1) o della Janus chinasi 2 (PCM1/JAK2). Recentemente, ETV6/ABL1 e varie fusioni di FLT3 sono state aggiunte ai riarrangiamenti genici associati all'ipereosinofilia.

LA VARIANTE LINFOPROLIFERATIVA è associata a una popolazione clonale di cellule T con fenotipo aberrante [anomalo, N.d.R.]. La PCR (Polymerase Chain Reaction) mostra un riarrangiamento clonale del recettore dei linfociti T. I pazienti presentano spesso: angioedema e/o anomalie cutanee, immunocomplessi circolanti, ipergammaglobulinemia. Questi pazienti rispondono spesso favorevolmente a corticosteroidi e terapie biologiche di precisione. Occasionalmente possono sviluppare un linfoma a cellule T, devono quindi essere strettamente monitorati.

Altre varianti della sindrome da ipereosinofilia comprendono la sindrome di Gleich (angioedema episodico con eosinofilia), la sindrome da ipereosinofilia familiare mappata a 5q 31-33 e altre sindromi organo-specifiche. Nelle sindromi eosinofile organo-specifiche, l'infiltrazione eosinofila è confinata a un singolo organo (p. es., malattia gastrointestinale eosinofila, polmonite eosinofila cronica). Esiste inoltre una rara forma familiare di sindrome ipereosinofila.

SINDROME DA IPEREOSINOFILIA IDIOPATICA

La sindrome da ipereosinofilia idiopatica sussiste invece quando, escluse le cause primarie dell’elevata conta eosinofila, l’ipereosinofilia superiore alle 1.500 cellule per microlitro persiste per un periodo superiore a 6 mesi senza una causa evidente. La diagnosi viene confermata quando la biopsia mostra la presenza di eosinofili in un organo.

La sindrome ipereosinofila idiopatica è la variante più frequente (rappresenta circa il 75% dei casi) e nel circa 50% i pazienti presentano un interessamento polmonare, come nel caso dell’asma grave. “Trovare dei valori di eosinofili compatibili con sindrome da ipereosinofilia idiopatica è piuttosto frequente nei pazienti che seguiamo per asma bronchiale, specie quando questa si definisce di difficile controllo o grave”, spiega il Dr. Umberto Semenzato, UOC Pneumologia, Azienda Ospedale Università di Padova. “L’asma bronchiale in certe sue forme è una patologia che può essere difficile da controllare. Quando nonostante un trattamento con corticosteroidi inalatori e broncodilatatori riscontriamo scarso successo dobbiamo indagare la possibile presenza di patologie sovrapposte. Eseguiamo quindi una TC del torace ed esami ematochimici. Quando ci troviamo di fronte a ipereosinofilia e infiltrati polmonari dobbiamo porre il sospetto di sindrome ipereosinofila o di granulomatosi eosinofilica con poliangioite (EGPA, in passato nota anche come sindrome di Churg-Strauss).”

Le situazioni sono spesso sfumate, ma grazie ai criteri diagnostici e alla collaborazione dei colleghi ematologi, reumatologi e immunologi siamo in grado di porre una diagnosi differenziale e trattare i pazienti di conseguenza. Prima di tutto devono essere escluse le ipereosinofilie secondarie, causate ad esempio da infezioni parassitarie, tumori solidi o del sangue o reazioni a farmaci. Devono essere indagate le forme di sindrome ipereosinofila clonali, con le dovute indagini molecolari e genetiche. In caso di riscontro positivo su queste forme clonali (mieloproliferative o linfoproliferative) si avvia un trattamento adeguato. Vengono inoltre effettuate una serie di indagini volte a stabilire la presenza di autoanticorpi, di danni d’organo, come la funzionalità di cuore e rene. Se l’ipereosinofilia persiste, non viene riscontrata una causa apparente, non siamo in presenza di una vasculite ed eventualmente la biopsia conferma il danno d’organo ci troviamo di fronte a una sindrome ipereosinofila idiopatica, che può compromettere seriamente la qualità di vita dei pazienti e che deve essere assolutamente trattata.”

Fortunatamente oggi – conclude Semenzato – sia per le forme idiopatiche che per le forme linfocitiche di HES abbiamo a disposizione diversi approcci terapeutici tra i quali i corticosteroidi, l’idrossiurea, ma soprattutto trattamenti che mirano direttamente agli eosinofili, come il mepolizumab. Si tratta di un anticorpo monoclonale diretto contro l’interleuchina 5, che fa sviluppare gli eosinofili. Tale farmaco è in grado di ridurre la produzione e la sopravvivenza degli eosinofili, ha dimostrato un’efficacia a volte anche superiore ai corticosteroidi, ma soprattutto permette di trattare la malattia riducendo gli effetti collaterali dei corticosteroidi, che sono molto impattanti sulla vita dei pazienti.”

 

 

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