La sindrome di Rett (RTT) è una rara patologia neurologica dello sviluppo, che colpisce prevalentemente soggetti di sesso femminile. La malattia congenita interessa il sistema nervoso centrale, ed è una delle cause più diffuse di grave o gravissimo deficit cognitivo. Si manifesta generalmente dopo i primi 6-18 mesi di vita, con la perdita della motricità, delle capacità manuali, dell’interesse all’interazione sociale. L’incidenza della malattia tra le ragazze di 12 anni è stimata di 1 su 9.000; nella popolazione generale la stima si abbassa a 1 soggetto su 30.000. La diagnosi di RTT è spesso confusa con quella di autismo o generico ritardo dello sviluppo.
Il codice di esenzione della sindrome di Rett è RF0040.

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Una molecola ben nota, il fattore della crescita IGF-1, potrebbe ripristinarne il funzionamento

Quando nascono sono delle bambine come tutte le altre, all’inizio conquistano le normali tappe evolutive ma ad un certo punto, tra i nove mesi di vita e comunque prima dei due anni, si comincia a capire che qualche cosa non funziona. Lo sviluppo si blocca, le bimbe regrediscono e si manifestano tutti i sintomi di una neurodegenerazione: è così che fa la sua comparsa la sindrome di Rett, una malattia rara contro la quale ancora non si conosce una cura. La malattia è oggi la seconda causa di ritardo mentale grave nelle bambine. A far luce sul meccanismo attraverso il quale il cervello perde la capacità di svilupparsi correttamente è oggi uno studio tutto italiano appena pubblicato Scientific Reports, frutto di un lavoro coordinato da Gian Michele Ratto dell'Istituto nanoscienze (Cnr-Nano) di Pisa con Silvia Landi ed Elena Putignano della Scuola normale superiore, in collaborazione con Elena Maria Boggio dell’Istituto di neuroscienze (In-Cnr) di Pisa, Maurizio Giustetto dell’università di Torino e Tommaso Pizzorusso dell'università di Firenze.

Il centro porta avanti 5 progetti di ricerca: ci sono anche due giovani cervelli appositamente rientrati dall’estero che lavorano al fianco della prof.ssa Nicoletta Landsberger, la massima esperta della malattia

Dal 28 maggio scorso all’Istituto San Raffaele di Milano c’è ufficialmente un nuovo laboratorio tutto dedicato alla Sindrome di Rett, malattia  genetica neurologica, che colpisce esclusivamente le bambine in giovanissima età e per la quale, attualmente, non esiste una cura. Tuttavia è stato dimostrato, da diversi  laboratori scientifici  nel mondo, che la malattia è curabile su modello animale, ma  non ancora sulle bambine. La sfida è trovare le strade e i percorsi necessari per  portare la cura all’uomo. Ed è proprio per sostenere questa sfida con azioni concrete che l’associazione Pro Rett Ricerca Onlus, presieduta da Rita Bernardelli e che raccoglie genitori e famiglie di molte parti d’Italia, ha sottoscritto una convenzione con l’Istituto San Raffaele di Milano, l’Università di Varese e la sua ricercatrice prof.ssa Nicoletta Landsberger, esperta mondiale della malattia, per attivare un laboratorio di ricerca proprio al San Raffaele.

È questo il tempo che ha impiegato la mamma di Claudia per ottenere la diagnosi per sua figlia

Una mamma, Marina, scopre che la figlia, Claudia, è affetta da sindrome di Rett (RTT) dopo 38 anni, grazie all’esame del DNA effettuato attraverso una semplice analisi del sangue. La scoperta di Marina Cometto è stata un fulmine a ciel sereno: dopo aver contattato la mamma di un'altra bambina affetta da RTT Marina ha deciso di sottoporre sua figlia a un test che ha confermato la sua ipotesi, la presenza di una malattia rara che per 38 anni nessun medico ha mai diagnosticato. Si è rivolta al laboratorio genetico di Siena, dove hanno ritenuto verosimile che Claudia fosse affetta da RTT. Successivamente ha effettuato il test diagnostico all’ospedale Molinette di Torino, che ha dato esito positivo. Abbiamo chiesto a Marina di raccontarci la sua esperienza, per far si che la sua drammatica esperienza non si ripeta più.

I neuroni ne hanno un bisogno costante anche da adulti, lo dimostra uno studio sui topi

Per quanto sulla sindrome di Rett ci siano ancora molte domande aperte è pressoché unanime che nella malattia sia coinvolta una mutazione del gene MECP2 che esprime la relativa proteina. Per ora i meccanismi attraverso cui questa disfunzione nella proteina causa la regressione delle capacità motorie e intellettive dei malati – nella quasi totalità dei casi bambine – non erano del tutto noti. Il contributo per fare un po’ di chiarezza viene ora da uno studio pubblicato su Science e condotto al Baylor College of Medicine e del Texas Children's Hospital per capire il collegamento tra la proteina e il danno. Un danno che non sarebbe tanto una neurodegenerazione quanto una incapacità dei neuroni di ‘dialogare’ correttamente tra loro, come recentemente ha provato uno studio italiano finanziato da Telethon.

Il 30 maggio scorso nel corso della trasmissione radiofonica ‘Pillole di Benessere’ la giornalista  Monica Celegato ha intervistato Lucia Dovigo, presidente dell'associazione AIRETT che si occupa delle bambini affette dalla sindrome di Rett. Che cos’è la malattia, come avviene il cambiamento improvviso nelle bimbe, cosa fare per sostenerle durante le crescita: sono questi alcuni degli argomenti che vengono affrontati nel corso dell’intervista.

Chissà se Dante e Cecco Angiolieri avrebbero mai immaginato di trovarsi a confronto, dopo molti secoli, non sulla virtù poetica ma sulla capacità terapeutica dei loro versi. È quello che è accaduto al policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena, in una nuova sperimentazione di comunicazione sensoriale sulle bambine con sindrome di Rett e autismo, seguita dai dottori Joussef Hayek, direttore dell’U.O.C. Neuropsichiatria infantile, e Claudio De Felice, neonatologo.

È la proteina rpS6 ed esistono già farmaci che agiscono su questa. Si pensa ad una sperimentazione sulle bimbe Rett

Dalla ricerca Telethon un nuova possibile arma contro la sindrome di Rett, grave malattia neurologica di origine genetica ancora senza cura: a descriverla sulle pagine della rivista Human Molecular Genetics è un gruppo multidisciplinare coordinato da Maurizio Giustetto dell’Università di Torino e dell’Istituto nazionale di neuroscienze e Vania Broccoli dell’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di Milano.  Rara e diffusa soltanto fra le femmine, la sindrome di Rett è una malattia ancora piuttosto misteriosa per gli scienziati: pur sapendo che nel 90 per cento dei casi la causa risiede in un difetto nel gene MECP2, non è ancora chiaro come questa alterazione del Dna si traduca nei gravi sintomi tipici della patologia. Del tutto normali alla nascita, intorno a un anno di età queste bambine cominciano infatti a perdere in modo irreversibile le capacità acquisite nel linguaggio, nel movimento e nella relazione con il mondo esterno.

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