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La ragazza è affetta da pseudo-ostruzione intestinale cronica e non può più né mangiare né bere. La sua lotta contro la burocrazia e i pregiudizi

Il mio zainetto per me è fondamentale, perché mi nutre. Senza questo zaino dovrei rimanere a casa, attaccata per 16 ore a un'asta e ad una pompa, e non potrei vivere”. Inizia così la storia di Veronica, che la 31enne ha raccontato per la campagna di comunicazione “BASTA ESSERE PAZIENTI – PERSONE RARE DIRITTI UNIVERSALI”, promossa da OMaR in occasione della Giornata Mondiale Malattie Rare 2024.

Veronica è affetta da pseudo-ostruzione intestinale cronica (CIPO), una malattia rara molto invalidante che colpisce l'apparato gastrointestinale e ne compromette il normale funzionamento. La ragazza non può più né mangiare né bere e deve nutrirsi attraverso l'alimentazione parenterale (nutrizione intravenosa): il suo zainetto contiene il cibo che la tiene in vita. Per questa patologia al momento non esiste una cura.

“Ho iniziato a star male intorno ai 14 anni e la diagnosi è arrivata circa dieci anni dopo. Il fatto di avere una patologia invisibile spesso mi fa sentire non capita, e questa cosa mi fa molto arrabbiare, perché sembra che io abbia meno diritti e una disabilità meno importante di chi invece ha una patologia visibile”, spiega Veronica nel video (clicca QUI o sull'immagine dell'articolo per guardare il filmato). “A volte la gente mi guarda e dice 'eh, ma stai bene!', non vedendo tutto quello che c'è dietro: ho dei dolori cronici, per non parlare della socialità, perché la maggior parte delle convenzioni sociali si basano sul cibo”.

Vivere con una malattia rara non visibile è una sfida nella sfida, e ci sono diritti, come ad esempio quello del riconoscimento dell'invalidità civile, che spesso non vengono riconosciuti. “Ogni tot di anni l'INPS ti richiama per una visita”, prosegue Veronica. “Pur essendo peggiorata in questi anni, non mi hanno dato l'aggravamento, e oltretutto hanno avuto il coraggio di abbassare di nuovo la percentuale di invalidità, togliendomi anche la 104; sul referto non hanno menzionato la mia patologia, perché questo avrebbe significato dovermi dare il 100%”.

Fra i problemi che Veronica deve affrontare c'è anche la burocrazia: “Il piano terapeutico fatto dai miei medici dell'Ospedale Sant'Orsola di Bologna qui a Roma non è valido e lo devono rifare. Fra l'altro la validità è solo per sei mesi, anche se io purtroppo queste cose le dovrò fare a vita”. Stesso discorso per i farmaci, che vengono forniti in un quantitativo molto ridotto, per cui ogni 15 giorni la giovane deve tornare a riprenderli. “Per me 'basta essere pazienti' significa non dover continuare a lottare ogni giorno contro la burocrazia, contro l'ignoranza della gente e, soprattutto, contro le istituzioni”, conclude Veronica.

La storia di Veronica fa parte della campagna “BASTA ESSERE PAZIENTI – PERSONE RARE DIRITTI UNIVERSALI” di Osservatorio Malattie Rare, realizzata in occasione della Giornata Mondiale Malattie Rare 2024.

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