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Linee guida

L’approvazione della prima terapia specifica per la patologia ha reso necessario un aggiornamento delle raccomandazioni diagnostico-terapeutiche 

Il sistema immunitario perde il controllo e rivolge i suoi attacchi contro un enzima coinvolto nella regolazione della coagulazione: di conseguenza, le piastrine finiscono per riunirsi in aggregati che, soprattutto all’interno dei vasi sanguigni di minori dimensioni, formano dei microtrombi i quali, a loro volta, ostacolano il flusso dei globuli rossi, provocandone l’emolisi (ossia, in pratica, la distruzione). Questo è quello che accade ai pazienti affetti da porpora trombotica trombocitopenica acquisita (aTTP), una rara patologia oggetto di un forte interesse in campo ematologico, come dimostra la recente pubblicazione delle nuove linee guida, ad essa dedicate, redatte dalla Società Italiana di Ematologia.

LA SINTOMATOLOGIA DELLA aTTP

Caratterizzata da sintomi come lieve cefalea, dolori agli arti e alle articolazioni, astenia e debolezza, ma anche da manifestazioni che possono crescere d’intensità portando a paresi parziali, dolori addominali, nausee e crisi comiziali, per arrivare a quadri severi con rischio di scompenso cardiaco, insufficienza renale e coma, la aTTP è una malattia da non sottovalutare, che merita attenta considerazione. “Il motivo per cui questa condizione rappresenta un’emergenza per l’ematologo è che si caratterizza per un consumo piastrinico associato a fenomeni microtrombotici e legato alla carenza acquisita di ADAMTS13, un enzima determinante nella regolazione del processo di coagulazione”, spiega la dott.ssa Luana Fianchi, dell’U.O.C. di Ematologia Geriatrica ed Emopatie Rare presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma. Normalmente, ADAMTS13 ha la funzione di scindere in parti più piccole una proteina della coagulazione denominata fattore di von Willebrand (FvW). Nella aTTP, la formazione di anticorpi che riducono l’attività di ADAMTS13 determina un accumulo di grandi multimeri di fattore di von Willebrand all’interno dei piccoli vasi sanguigni, producendo una maggiore aggregazione delle piastrine. Tutto ciò favorisce la formazione di trombi che causano una sofferenza ischemica a livello del microcircolo del sistema nervoso centrale, dei reni, del miocardio e dell’intestino.

EZIOLOGIA E DIAGNOSI

Secondo gli ultimi dati, l’incidenza dell’aTTP è di circa 1-6 casi per milione di persone per anno e nel nostro Paese si stima che si verifichino circa 200 nuovi casi ogni anno. “Quanti lavorano in pronto soccorso o in medicina di urgenza dovrebbero conoscere la patologia così da farsi venire il sospetto diagnostico e suggerire gli esami di accertamento che permettano al paziente di ricevere quanto prima una diagnosi”, prosegue Fianchi. “Di fronte a una sintomatologia come quella descritta è opportuno raccomandare il dosaggio dell’LDH, della bilirubina diretta e indiretta, della creatinina, nonché degli esami della coagulazione [PT, aPTT, fibrinogeno, D-Dimero, N.d.R.] e, soprattutto, l’esecuzione di un emocromo che in presenza di piastrinopenia ed anemia venga accompagnato dallo striscio di sangue periferico, per l’eventuale riscontro di schistociti”. Quest’ultimo termine indica la presenza di globuli rossi frammentati in seguito al passaggio all’interno dei vasi di minor diametro, dove l’aggregazione delle piastrine ha portato alla formazione di microtrombi: l’anemia, la riduzione delle piastrine (< 30 mila/uL) e il riscontro di schistociti depongono per una diagnosi di aTTP. “La conferma diagnostica si ottiene attraverso il dosaggio dell’attività dell’enzima ADAMTS13, che risulterà ridotta al di sotto del 10%, e il riscontro degli anticorpi anti-ADAMTS13”, specifica ancora Fianchi. “Purtroppo, la possibilità di eseguire il test è limitata a pochissimi centri in Italia e ciò rappresenta un problema da superare”.

TERAPIA

Il protocollo terapeutico d’elezione da eseguire in urgenza è dato dalla plasmaferesi in associazione alla terapia immunosoppressiva. “La plasmaferesi consente di eseguire uno scambio plasmatico, eliminando gli anticorpi anti-ADAMTS13 e rimuovendo i multimeri di fattore di Von Willebrand ad alto peso molecolare che si accumulano per effetto del deficit enzimatico”, precisa l’esperta. “Inoltre, il plasma fresco serve a rifornire il paziente di nuovo ADAMTS13”. In aggiunta, nei centri che sono in grado di eseguire il dosaggio di questo enzima e di fornire il risultato entro le 72 ore dall’arrivo del paziente, è possibile iniziare la somministrazione di caplacizumab, un farmaco di ultima generazione, approvato due anni fa per il trattamento dell’aTTP. Proprio l’arrivo sul mercato di caplacizumab ha reso necessario un aggiornamento delle linee guida sulla patologia, aggiornamento che è stato pubblicato a marzo 2021 dalla Società Italiana di Ematologia (SIE). “Caplacizumab è un anticorpo che inibisce il legame tra le piastrine e il fattore di Von Willebrand”, aggiunge Fianchi. “Dalle nuove linee guida emerge che, oltre a proseguire la plasmaferesi e la terapia immunosoppressiva con steroidi, il programma terapeutico dei pazienti con aTTP può essere implementato con caplacizumab, che non facendo aggregare le piastrine limita il danno d’organo, e con rituximab, un altro anticorpo monoclonale che colpisce i linfociti B CD20+, i quali, non producendo più anticorpi anti-ADAMTS13, riducono la spinta immunologica della malattia”. 

PROSPETTIVE DI MIGLIORAMENTO

Un simile approccio terapeutico è fondamentale per ridurre l’impatto della aTTP e la mortalità dei pazienti ma, affinché si possa realizzare nel modo più efficace, occorre riconoscere tempestivamente i segnali della patologia e ottenere presto una conferma diagnostica. A tale scopo, appare chiara l’importanza di aumentare la cultura sulla patologia, così come di aumentare i centri che sul territorio nazionale possono effettuare il dosaggio dell’enzima ADAMTS13 in tempi brevi. “Le nuove linee guida per l’aTTP raccomandano l’utilizzo di caplacizumab da parte di clinici esperti di microangiopatie trombotiche e presso centri in grado di ricevere il risultato di ADAMTS13 entro 72 ore”, prosegue Fianchi. “Se la diagnosi non trova conferma, il farmaco deve esser sospeso. Al contrario, in caso di conferma diagnostica, caplacizumab va somministrato giornalmente per tutta la durata della plasmaferesi, seguito da una somministrazione nei 30 giorni successivi all’interruzione del trattamento aferetico quotidiano”. La combinazione di plasmaferesi, terapia immunosoppressiva, caplacizumab e rituximab rappresenta dunque uno standard di cura per l’aTTP, ma occorre allargare la platea di centri che siano in grado di ricercare l’enzima. “I pazienti con aTTP già in terapia devono essere monitorati nel tempo con dosaggi periodici di ADAMTS13”, conclude Fianchi. “Il diritto ad eseguire il test in esenzione per la loro patologia in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale è un obiettivo che va perseguito con impegno e col sostegno delle associazioni dei pazienti, per migliorare la qualità di vita di chi è affetto da questa patologia”.

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