Particolare attenzione è necessaria per i percorsi di transizione dall’età pediatrica a quella adulta
Sono rare, ma molto meno di quanto si possa pensare. Le malattie da accumulo lisosomiale (LSD, Lysosomal Storage Disorders) comprendono un gruppo di oltre 60 patologie geneticamente determinate e causate dalla carenza di enzimi lisosomiali. Globalmente la loro incidenza è stata stimata da 1 su 7000 a 1 su 8000 nati vivi. Le malattie da accumulo lisosomiale seguono una trasmissione ereditaria che avviene attraverso entrambi i genitori portatori sani dell’alterazione genica ed è di tipo autosomico recessivo, ad eccezione della malattia di Fabry, della malattia di Danon e della mucopolisaccaridosi di tipo II (sindrome di Hunter), che hanno un’ereditarietà X-linked. La maggior parte di queste malattie è caratterizzata da un decorso progressivo, lo spettro dei sintomi è molto eterogeneo e può comprendere gravi disabilità intellettive, anomalie cardiache, visceromegalia, deformità ossee, debolezza muscolare, insufficienza respiratoria, difetti del visus e alterazioni cutanee.
La diagnosi della maggior parte delle LSD si basa principalmente sul rilevamento della carenza enzimatica specifica. In questi casi i test genetici molecolari possono confermare la diagnosi enzimatica, anche se è comunque difficile predire l’evoluzione della malattia. Le LSD sono classificate in base al tipo di materiale che si accumula, con disturbi da accumulo di lipidi, mucopolisaccaridi, glicoproteine. Questo provoca perdita delle funzioni cellulari e alterazioni sistemiche che possono coinvolgere più organi e apparati. I sintomi che ne derivano sono molto eterogenei e variano a seconda della patologia.
Un lavoro messo a punto da un gruppo di esperti durante l’edizione 2023 del Forum Sistema Salute, di cui i responsabili scientifici sono Giancarlo Castaman, Direttore SODc Malattie emorragiche e della coagulazione, AOU Careggi di Firenze, e Silvia Linari, Dirigente Medico, SODc Malattie emorragiche e della coagulazione, AOU Careggi di Firenze, ha evidenziato tra le problematiche più impattanti e discusse per i pazienti con malattia da accumulo lisosomiale, oltre a quella di una diagnosi precoce, la fase di transizione del paziente dall’età pediatrica a quella adulta, l’approccio multidisciplinare e la gestione territoriale.
Come per altre malattie rare, a tutt’oggi molte LSD presentano una serie di difficoltà per la presa in cura e l’appropriata gestione. Una diagnosi precoce è fondamentale, in particolare per quelle LSD per le quali esiste una terapia efficace e uno screening neonatale che può rivestire un ruolo decisivo, rappresentando un importante intervento di prevenzione sanitaria secondaria.
“Il ritardo diagnostico è un problema diffuso per le LSD che si manifestano soprattutto in età adulta, anche perché i pediatri hanno maggiore familiarità con le gravi varianti "classiche" che si presentano nell'infanzia”, spiega Giancarlo Castaman, Direttore SODc Malattie emorragiche e della coagulazione, AOU Careggi di Firenze. “Mentre i medici dell’adulto, nella loro diagnosi differenziale, considerano raramente le forme ad esordio tardivo. L’iter diagnostico diventa spesso una vera e propria odissea: una diagnosi certa si ottiene mediamente a distanza di 10-14 anni dalla comparsa del primo segno o sintomo. Questo forte ritardo diagnostico tende a compromettere l’intervento terapeutico che però oggi, grazie alla ricerca scientifica attiva su questo fronte, mette a disposizione numerose ed efficaci opzioni che possono mitigare la sintomatologia e migliorare la prognosi”.
“L’Italia è il Paese europeo con la politica di screening neonatale più avanzata. Ma non esiste uniformità del sistema screening sul territorio nazionale e le LSD indagate sono ancora definite a livello regionale e sulla base di progetti pilota. Sono assolutamente necessarie invece delle linee guida nazionali – rileva Silvia Linari, Dirigente Medico, SODc Malattie emorragiche e della coagulazione, AOU Careggi di Firenze – che vadano a definire in maniera omogenea le modalità di esecuzione dello screening neonatale, che rappresenta uno degli strumenti più avanzati di prevenzione delle malattie congenite, complesso e multidisciplinare con importanti ricadute di sanità pubblica”.
Le malattie da accumulo lisosomiale sono patologie croniche e il quadro clinico subisce una progressiva evoluzione: possono insorgere comorbidità e complicanze varie. Il lavoro degli esperti evidenzia come questi fattori rendano la presa in carico dei pazienti alquanto complessa, poiché richiede una progressiva modifica della gestione da parte del medico. Se in una prima fase l'approccio è prevalentemente improntato alla diagnosi e alla ricerca di un’efficace terapia farmacologica, in una seconda fase si devono cercano soluzioni per migliorare la funzionalità del paziente e permettergli una giusta partecipazione sociale e una buona qualità di vita.
Anche se attualmente le terapie, quando disponibili, si possono effettuare in regime ambulatoriale o di day hospital e la risposta delle strutture ospedaliere è tendenzialmente buona, vi sono ancora molteplici criticità e diverse lacune dal punto di vista assistenziale, che riguardano soprattutto la non omogeneità di cura a livello nazionale. Per gli autori del lavoro, un ulteriore passo avanti dovrà essere quindi quello di permettere a tutti i pazienti l’accesso alle cure a domicilio, ancora oggi non disponibili in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Un investimento in termini di risorse dedicate, di riconoscimento formale e di formazione, ma indispensabile per cercare di risolvere i bisogni ancora insoddisfatti dei pazienti affetti da LSD e delle loro famiglie.
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