La malattia di Pompe o glicogenosi di tipo II è una patologia neuromuscolare rara, cronica e debilitante, spesso mortale, che colpisce circa 10.000 individui – tra neonati, bambini e adulti – nel mondo e circa 300 persone stimate in Italia. La malattia di Pompe appartiene alla famiglia delle malattie rare da accumulo lisosomiale ed è caratterizzata dal mancato smaltimento del glicogeno, la riserva energetica dei muscoli. A causa del difetto di un enzima, il glicogeno si accumula e danneggia il cuore, i muscoli di gambe e braccia e quelli della respirazione. I bambini colpiti dalla malattia sono caratterizzati principalmente da ipotonia muscolare e ingrossamento del cuore e la morte in genere interviene entro il primo anno di vita per insufficienza cardiaca. I malati che superano i due anni sono invece costretti in carrozzina e, nei casi più gravi, devono usare un supporto meccanico per respirare. La progressione della malattia si caratterizza diversamente in base all’età di esordio. Per maggiori informazioni clicca qui.

Il codice di esenzione della malattia di Pompe è RCG060 (afferisce al gruppo "Difetti congeniti del metabolismo e del trasporto dei carboidrati").

La sezione Malattia di Pompe è realizzata grazie al contributo non condizionante di Sanofi.

Malattia di Pompe, Sanofi

La malattia di Pompe è causata da un deficit dell’enzima lisosomiale alfa-glucosidasi acida (GAA), responsabile della degradazione del glicogeno, polimero del glucosio che ne rappresenta la fonte di deposito e riserva nei muscoli. I pazienti affetti da malattia di Pompe possono non avere del tutto o in parte l’enzima GAA: ciò determina un accumulo eccessivo di glicogeno nelle cellule del corpo, in particolare nei muscoli, e di conseguenza il loro progressivo indebolimento.

La malattia di Pompe ha una presentazione clinica complessa ed eterogenea. In base all’età d’esordio, si riconoscono tre forme della malattia:
- la forma classica e più grave, si manifesta subito dopo la nascita. Il quadro clinico è caratterizzato da cardiomiopatia ipertrofica, cardiomegalia, insufficienza cardiorespiratoria, e ritardo nell’acquisizione o regressione delle tappe motorie. I bambini affetti da malattia di Pompe presentano un’ipotonia grave e progressiva ( “floppy baby” o tipo “bambola di pezza”). Se non diagnosticata e trattata precocemente, questi neonati sopravvivono raramente oltre il primo anno di vita;
- la forma non classica, con esordio tra il primo e il secondo anno di vita, è caratterizzata da una prognosi variabile;
- la forma a esordio tardivo, che può manifestarsi a qualsiasi età dopo il primo anno di vita, è caratterizzata da una progressione lenta e da esiti meno sfavorevoli di quelli della forma classica. Questa forma colpisce prevalentemente i muscoli e risparmia generalmente il cuore. Il graduale indebolimento muscolare e i problemi respiratori sono i sintomi principali: i pazienti perdono la capacità di deambulare autonomamente, mentre dal punto di vista respiratorio si realizza un deterioramento progressivo della capacità ventilatoria che, se cronica, necessita il ricorso a una ventilazione assistita o alla tracheostomia.

La malattia di Pompe è una patologia genetica a trasmissione autosomica recessiva che si trasmette da genitore a figlio. Il bambino eredita da ciascun genitore due copie del gene difettoso. Quando entrambi i genitori sono portatori del gene difettoso, esiste una percentuale del 25% che il bambino sviluppi la malattia. La patologia si riscontra in uomini e donne nella stessa misura e in ogni gruppo etnico, malgrado l’incidenza appaia più alta tra gli afro-americani e presso alcune popolazioni asiatiche.

La malattia di Pompe può essere difficile da diagnosticare, poiché molti dei suoi sintomi sono simili a quelli di altre malattie. Inoltre, per la rarità di casi in cui si presenta, può facilmente non essere riconosciuta o erroneamente diagnosticata. La conferma della diagnosi avviene attraverso un saggio biochimico di misurazione dell’attività dell'enzima GAA. Nei bambini affetti dalla forma classica della malattia, l’attività di GAA è praticamente assente, mentre nelle altre forme si riscontrano diversi livelli di attività residua. Il saggio è generalmente condotto nei linfociti, in colture di fibroblasti cutanei e in biopsie muscolari. Di recente è stata introdotta la possibilità di fare diagnosi di malattia di Pompe su goccia di sangue essiccata su filtri di carta bibula (Dried Blood Spot). Questo apre la strada all’implementazione dello screening neonatale per la malattia di Pompe: una diagnosi tempestiva è, infatti, di fondamentale importanza, sia per la gravità della patologia, soprattutto nella sua forma classica, sia per la presenza di una terapia in grado di modificarne la storia naturale. La malattia di Pompe può essere diagnosticata in epoca prenatale, tramite la villocentesi o l'amniocentesi.

Il trattamento della malattia di Pompe si basa sulla terapia enzimatica sostitutiva (alglucosidasi alfa e avalglucosidasi alfa), mediante cui l’enzima carente nei pazienti viene prodotto biotecnologicamente e somministrato per via endovenosa. Per la forma di malattia a esordio tardivo è disponibile anche una terapia combinata con miglustat e cipaglucosidasi alfa.

Fonte principale:
- Orphanet

Un team internazionale di ricercatori ha analizzato i dati di 1.059 individui affetti da malattia di Pompe e iscritti nel Registro di malattia, al fine di analizzare i metodi diagnostici relativi a questa condizione e i vantaggi che ne conseguono. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Molecular Genetics and Metabolism.  
Come si legge nella notizia riportata anche su OrphaNews Italia, la newsletter di Orphanet Italia- “I saggi dell’attività enzimatica rimangono il metodo d’elezione per diagnosticare la malattia di Pompe, con un crescente impiego di saggi sul sangue rispetto ai lunghi ed invasivi metodi basati sul prelievo dei tessuti e sulle biopsie muscolari.

La ricerca, pubblicata su Molecular Therapy, ha dimostrato che è possibile migliorare l’efficacia della terapia oggi in uso

Napoli – Uno studio finanziato da Telethon ha permesso per la prima volta al mondo di sperimentare sui pazienti una nuova terapia per la malattia di Pompe, una patologia genetica rara caratterizzata dall’accumulo nelle cellule di un particolare tipo di zucchero, il glicogeno, che provoca danni al cuore e ai muscoli scheletrici di gambe, braccia e cassa toracica con effetti spesso fatali nelle forme gravi, più diffuse nell’infanzia. La malattia nasce da un difetto genetico che determina nelle persone colpite l’assenza o il mancato funzionamento dell’enzima incaricato di smaltire il glicogeno nelle cellule. La ricerca Telethon ha dimostrato che è possibile migliorare la terapia oggi in uso e renderla più efficace nel trattamento degli effetti della malattia sui muscoli scheletrici.

L’agenzia del farmaco statunitense (FDA) ha ampliato l’indicazione della terapia enzimatica sostitutiva alglucosidasi alfa (Lumizyme, prodotta da Genzyme) per tutti i pazienti affetti dalla malattia di Pompe, di quasiasi età o fenotipo di malattia. L’approvazione di questa nuova indicazione è ora in linea con tutto il resto del mondo, dove il farmaco viene utilizzato per tutti i pazienti.
Prima di tale ampliamento di indicazione il trattamento era disponibile negli USA solo per i pazienti con malattia ad esordio tardivo.

La ricerca prosegue, individuato un nuovo fenotipo di pazienti IOPD

La Malattia di Pompe, conosciuta anche come glicogenosi di tipo II, è una malattia da accumulo lisosomiale in cui la carenza di alfa-1,4-glucosidasi acida (GAA) produce un anomalo accumulo di glicogeno in tutti i tessuti, soprattutto nei muscoli scheletrici. L'età di esordio dei sintomi della malattia e il tasso di deterioramento tissutale variano notevolmente da paziente a paziente.
Nella forma  classica ad esordio infantile (IOPD) i sintomi si manifestano molto precocemente e, se non trattata, la patologia evolve rapidamente fino a causare la morte. Nella malattia di Pompe ad esordio tardivo invece i sintomi sono più lenti ad apparire ma non meno invalidanti. La patologia progredisce fino a determinare nei pazienti il necessario utilizzo della sedie a rotelle e, in alcuni casi, gravi conseguenze come l’insufficienza respiratoria.

La parola al Professor Maurizio Moggio Responsabile dell’Unità Operativa Malattie Neuromuscolari e Rare della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano

La malattia di Pompe, o Glicogenosi II (GSD II), è una malattia neuromuscolare multisistemica e progressiva. Rientra nel capitolo delle malattie metaboliche ereditarie, in particolare fa parte delle glicogenosi che costituiscono un gruppo di anomalie del metabolismo dei carboidrati. È stata definita per la prima volta nel 1932 dal patologo olandese Joannes C. Pompe il quale descrisse alcuni pazienti con un massivo accumulo di glicogeno in molti tessuti, in particolare nel muscolo scheletrico e cardiaco.

Uno spot d'artista per conoscere e far conoscere questa patologia neuromuscolare rara, cronica e disabilitante

 

Screening neonatale e screening selettivo della popolazione a rischio: due soluzioni per intervenire precocemente nel trattamento della patologia ed evitare complicanze tipiche della malattia

Roma, 11 ottobre 2013 – Sette anni fa in Italia, per la prima volta, veniva resa disponibile la terapia enzimatica sostitutiva per le persone colpite dalla rara Malattia di Pompe: una patologia genetica del metabolismo che, a causa della mancanza o carenza di un enzima, danneggia cuore, muscoli di gambe e braccia e quelli della respirazione, con forme più gravi nella primissima infanzia e decorsi meno severi nelle forme giovanili ed adulte.

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