La prof.ssa Fiorina Giona: “La terapia domiciliare è sicura e migliora sia la compliance che la qualità di vita del paziente”
Roma – La malattia di Gaucher è una condizione genetica che può esordire a qualunque età: la sintomatologia clinica può essere estremamente variabile, con segni e sintomi suggestivi di patologie diverse a seconda degli organi coinvolti. Nei pazienti, la carenza dell’enzima beta-glucosidasi provoca un accumulo di materiale lipidico (glucosilceramide) all’interno di alcune cellule particolari – quelle del sistema reticolo-endoteliale – prevalentemente nel fegato, nella milza, nel midollo osseo e nello scheletro. Abbiamo approfondito le caratteristiche di questa condizione con la prof.ssa Fiorina Giona, ematologa e internista del Policlinico Umberto I di Roma e docente del Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione dell'Università Sapienza.
La prof.ssa Giona fa anche parte del comitato scientifico dell'Associazione Italiana Gaucher (AIG Onlus), che ha recentemente rilasciato una serie di raccomandazioni dirette ai pazienti, sul modo migliore per proseguire la terapia enzimatica sostitutiva anche nel corso dell'epidemia da Coronavirus.
Professoressa Giona, esistono tre forme di questa malattia rara, cronica e potenzialmente invalidante: quali sono le differenze?
“Le tre forme di malattia si distinguono in base alla sintomatologia clinica, al tempo di comparsa dei sintomi e al coinvolgimento neurologico. Nel tipo 1, che è il più frequente, i sintomi possono essere simili a quelli di una malattia ematologica e comparire in età adulta. Il sintomo più frequente è l’aumento di volume della milza (splenomegalia), accompagnato a volte da quello del fegato; come conseguenza il paziente può presentare un addome globoso, avvertire difficoltà digestive e senso di pienezza. Altri sintomi sono legati a un'alterazione dei valori ematici: stanchezza dovuta ad anemia, tendenza al sanguinamento eccessivo (post-traumatico o post-chirurgico, epistassi, ipermenorrea nelle donne) dovuto alla riduzione del numero delle piastrine (piastrinopenia), con o senza alterazioni della coagulazione. Nell’adulto l’interessamento osseo può provocare dolori ossei diffusi o localizzati e, a volte, fratture spontanee, mentre nei bambini può determinare alterazioni scheletriche e ritardo nella crescita. Nel tipo 2 e tipo 3, i sintomi sono prevalentemente neurologici. Nel tipo 2 i sintomi neurologici, gravi e progressivi, sono presenti alla nascita: spasticità, persistente retroflessione del capo, strabismo, aprassia oculomotoria, trisma, disfagia, stridore laringeo, sono accompagnati da un aumento di volume del fegato e della milza. Nella malattia di Gaucher tipo 3, i sintomi neurologici, quali movimenti saccadici oculari orizzontali, strabismo, episodi convulsivi tonico-clonici e mioclonie generalizzate resistenti al trattamento, se isolati e non accompagnati da aumento di volume della milza, con o senza alterazioni dei valori dell’emocromo, possono indirizzare il paziente verso specialisti che non conoscono la malattia, ritardando la diagnosi”.
Qual è la modalità di trasmissione della patologia?
“È una malattia genetica che si trasmette con modalità autosomica recessiva: questo vuol dire che affinché si manifesti è necessario che entrambi i genitori siano portatori sani del gene mutato. Finora sono state identificate oltre 360 diverse mutazioni del gene che codifica l’enzima mancante, ma ancora non si è riusciti a capire il motivo dell’ampia variabilità delle manifestazioni cliniche, anche in pazienti con le stesse anomalie genetiche o, addirittura, nell’ambito della stessa famiglia”.
Cosa bisognerebbe fare in presenza di un sospetto clinico?
“È necessario eseguire il dosaggio dell’enzima beta-glucosidasi nei globuli bianchi del sangue venoso periferico: l'esame può essere fatto attraverso un campione di una certa quantità di sangue, oppure su gocce di sangue essiccate su una speciale carta assorbente (Dried Blood Spot, DBS). La diagnosi si basa sul riscontro di livelli dell’enzima più bassi rispetto ai valori considerati normali. Nel caso dell’utilizzo del DBS, la conferma diagnostica richiede comunque l'analisi enzimatica su un campione di sangue normale. Successivamente, si esegue l’analisi del tipo di mutazione del gene codificante l’enzima. La diagnosi precoce è essenziale per poter iniziare al più presto il trattamento adeguato, evitare la comparsa di manifestazioni cliniche invalidanti e permettere una normale aspettativa e qualità di vita. Purtroppo, il ritardo diagnostico rimane uno dei principali problemi della malattia di Gaucher. Per molti pazienti, prima di arrivare alla diagnosi possono passare anni: si stima che il tempo dalla comparsa dei sintomi alla diagnosi sia di 8–10 anni, quando i danni potrebbero essere diventati irreversibili. Per questo sono in corso degli studi che permettono una diagnosi precoce della patologia utilizzando il DBS su soggetti con particolari sintomi che si possono riscontrare anche nella malattia di Gaucher”.
Da oltre trent'anni, per questi pazienti esiste una terapia enzimatica sostitutiva (ERT).
“La disponibilità di una terapia specifica a base dell’enzima mancante ha cambiato radicalmente la vita dei pazienti con la forma di tipo 1, ma non di quelli con una malattia neurologica (tipo 2 e tipo 3), per i quali ad oggi non c’è una terapia specifica efficace, poiché i sintomi neurologici non rispondono a trattamenti specifici. Nei pazienti tipo 1, la ERT ha portato ad un miglioramento e risoluzione dei sintomi e del coinvolgimento d’organo, ma abbiamo constatato, nel corso del tempo, un allentamento della costanza nel seguire le indicazioni sui controlli e sulla cadenza di infusione nei pazienti con una malattia rispondente alla ERT: questo avviene soprattutto nei più giovani, probabilmente per il tipo e la modalità di somministrazione dei farmaci (infusione endovenosa ogni due settimane, in ospedale)”.
Quindi, una delle maggiori criticità è l’aderenza al trattamento e ai controlli?
“Esattamente: essendo una malattia congenita ad andamento cronico, la durata della terapia e dei controlli è per tutta la vita. La presa in carico comporta vari controlli clinici e strumentali, periodici, per il monitoraggio e per le complicanze della malattia. Per esperienza personale, i pazienti accettano meglio la terapia e i controlli quando stanno male, ma non appena i sintomi scompaiono e la malattia regredisce, ecco che diventa più difficile accettare l’ospedalizzazione e i contrattempi dovuti all’approccio multidisciplinare che coinvolge diverse indagini strumentali e vari specialisti. Sicuramente, la compliance al trattamento è migliorata in questi ultimi anni con la disponibilità di un nuovo farmaco per via orale, che però può essere dato a determinate categorie di pazienti, e grazie anche alla possibilità di poter fare la ERT a domicilio”.
Un'opportunità che però non è ancora presente in tutte le Regioni...
“Malgrado gli sforzi degli operatori dei Centri esperti, e soprattutto dell’associazione di pazienti AIG nella persona della presidente Fernanda Torquati, la terapia enzimatica sostitutiva in regime domiciliare non è purtroppo possibile né garantita in tutte le Regioni italiane, ma solo in alcune. L’ideale sarebbe che il Servizio Sanitario (SSN) garantisse le risorse (medici e infermieri) e i fondi per questo servizio in tutto il territorio nazionale. Di fatto, sono le stesse aziende farmaceutiche produttrici della TES ad offrire gratuitamente il servizio (che è quindi privato) attraverso i sistemi “Gaucher@Home” e “Tutor”. Ad oggi, la regolamentazione del servizio domiciliare privato attraverso delibere specifiche è stata fatta in due Regioni, Lazio e Veneto, mentre in altre nove (Campania, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Lombardia, Liguria, Sicilia, Calabria e Umbria) il servizio privato è attivo da tempo anche se non regolamentato e quindi non sempre assicurato; in altre due Regioni, Marche e Toscana, è stato attivato in occasione dell’emergenza COVID-19. In Piemonte, in alcuni casi particolari è stato attivato il servizio ADI (assistenza domiciliare integrata) erogato dal SSN, mentre in altri casi sporadici è attivo il servizio privato. In quattro Regioni (Emilia Romagna, Molise, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta) non è attivo alcun tipo di servizio domiciliare, né pubblico né privato. Da quanto emerge è inaccettabile che in uno stato di diritto, come dovrebbe essere l’Italia, ci si trovi di fronte a una situazione così eterogenea, in cui un diritto è condizionato dalla residenza. La possibilità di poter accedere alla terapia domiciliare dovrebbe essere garantita a tutti i pazienti italiani affetti da malattia di Gaucher. Se il SSN non è in grado di assicurare le risorse e i fondi per farsene carico, il servizio privato potrebbe essere esteso e assicurato gratuitamente a tutti, con risparmi di costi sia per lo stesso SSN che per la società (meno ore sottratte al lavoro). Dai dati della letteratura scientifica, ma anche dalla mia esperienza personale, ho potuto verificare che la terapia domiciliare risulta sicura e migliora sia la compliance al trattamento che la qualità di vita del paziente”.
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