L’intervista fa parte del progetto #ViverelaFabry. Visita www.viverelafabry.it
“Dopo che la malattia è stata diagnosticata a un mio cugino, mi sono sottoposta al test genetico. Sono risultata anche io positiva e quindi ho dovuto sottoporre anche mio figlio allo stesso test. Il risultato? Siamo tutti affetti dalla malattia di Fabry, patologia della quale fino a due anni fa non sapevamo assolutamente nulla”. A raccontarsi è Angela, 45 anni, napoletana. La diagnosi è arrivata due anni fa, insieme alle paure, ai dubbi, alle preoccupazioni. Poi però una corretta presa in carico e la terapia le hanno fatto ritrovare la speranza nel futuro, nonostante le piccole difficoltà quotidiane.
“Ho deciso di partecipare a questo progetto - ha spiegato Angela - per far capire alle altre famiglie con diagnosi di Fabry che per il futuro c’è speranza, e che la vita va avanti. È difficile, soprattutto è difficile accettare di aver trasmesso la malattia a mio figlio. Ma bisogna sorridere e avere fiducia nella scienza”.
La malattia di Fabry è una malattia multisistemica a trasmissione genetica. È causata dalla mancata produzione di un enzima, necessario per lo smaltimento di alcune sostanze che, se non vengono eliminate, provocano progressivamente dei danni a livello renale, cardiaco e del sistema nervoso.
Da questa malattia non si guarisce, ma sono disponibili diverse possibilità terapeutiche. La terapia di sostituzione enzimatica, gold standard per il trattamento della Fabry, e per alcuni pazienti (che presentano specifiche mutazioni genetiche) anche la terapia chaperonica orale.
La giusta terapia può prevenire le conseguenze più gravi della malattia, ma è fondamentale che la Fabry sia diagnosticata prima che i danni d’organo si manifestino. Per questo Osservatorio Malattie Rare promuove la conoscenza della patologia e la diagnosi precoce, anche grazie al progetto #ViverelaFabry, realizzato con il contributo incondizionato di Amicus Therapeutics.
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Per saperne di più, visita la nostra sezione dedicata alla MALATTIA DI FABRY.
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