Vivere la malattia genetica senza sensi di colpa, promuovere la diagnosi precoce e vivere con speranze concrete per il futuro #ViverelaFabry
Suo figlio stava sempre male: dolori alle mani, ai piedi, dolori gastrointestinali. Gli episodi erano frequenti, aveva sempre la febbre e più volte è stato ricoverato in ospedale. I medici non riuscivano a spiegare questi sintomi, tant’è che il figlio, oggi trentenne, ha imparato a conviverci. Rita, però, non si è mai arresa e dopo anni di ricerche, in seguito alla sua diagnosi di una cardiomiopatia e grazie al web, ha iniziato a sospettare che si trattasse di malattia di Fabry. Ne sono affetti sia lei che il figlio, perché si tratta di una malattia a trasmissione genetica.
Rita racconta la rabbia e la frustrazione, ma anche la gioia e la speranza di aver ottenuto la diagnosi di una malattia per la quale esiste una cura. Spiega come è cambiata la sua vita dopo che alla malattia è stato dato un nome, quali sono le problematiche quotidiane che deve affrontare come paziente, come sia difficile, inizialmente, affrontare il peso della consapevolezza di aver trasmesso la patologia a suo figlio.
La testimonianza di Rita fa parte del progetto di comunicazione dell’Osservatorio Malattie Rare #ViverelaFabry, che ha l’obiettivo di promuovere la conoscenza della patologia e, di conseguenza, la diagnosi precoce. Il progetto #ViverelaFabry è realizzato con il contributo incondizionato di Amicus Therapeutics.
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Per saperne di più, visita la nostra sezione dedicata alla MALATTIA DI FABRY.
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