La donna, che soffre di diabete e di una gravissima epatomegalia, assume la terapia sostitutiva da soli 40 giorni e sta già notando i primi miglioramenti

Bologna – Annalisa Cessari ha 51 anni e vive a Castel Maggiore, alle porte di Bologna. Fin da piccola ha dovuto affrontare dei gravi problemi di salute: nel corso dell'infanzia ha sofferto di epilessia, una malattia poi curata con neurofarmaci, ma che le ha lasciato uno strascico a livello cognitivo. Negli ultimi quindici anni ha manifestato una forma severa di diabete, e i suoi livelli di colesterolo e trigliceridi sono fuori controllo. A questi sintomi si è aggiunto, nel 2016, l'ingrossamento della ghiandola surrenale. Le visite dal medico di base e in altri centri si susseguivano, ma nessuno sapeva dare una spiegazione e un nome alla malattia.

La preoccupazione è cresciuta quando l'addome di Annalisa ha iniziato a dilatarsi: “Sembrava una donna al nono mese di gravidanza, e aveva una fame continua, patologica”, racconta il fratello Andrea. Ma Annalisa non era incinta, e il responsabile di quel gonfiore non era neppure l'adipe, bensì l'epatomegalia, un ingrossamento del fegato che nel suo caso aveva fatto diventare l'organo tre volte più grande del normale. La donna oggi pesa 73 chili per 1,68 di altezza, ma in passato è arrivata fino a 110 chili. Il suo aspetto è quello tipico dei pazienti lipodistrofici: braccia e gambe molto sottili, con le vene in evidenza, mentre l'addome è gonfio, specialmente nella parte destra dove c'è il fegato, a causa della gravissima epatomegalia.

La svolta è avvenuta nel febbraio 2017, quando Annalisa è arrivata al Policlinico Sant'Orsola-Malpighi di Bologna, nel reparto di Endocrinologia diretto dal prof. Uberto Pagotto. Qui è stata affidata alle cure della prof.ssa Alessandra Gambineri e del dr. Guido Di Dalmazi, che finalmente sono giunti alla diagnosi: lipodistrofia di tipo parziale, una malattia rarissima (insieme alla forma generalizzata colpisce nel mondo da 1 a 4 persone su un milione). La lipodistrofia impedisce di immagazzinare il tessuto adiposo sottocutaneo ed è accompagnata da diversi disturbi del metabolismo, come il diabete.

Il primo problema di Annalisa, la presenza di un adenoma surrenalico, è stato risolto con l'asportazione nel febbraio 2018; hanno continuato, invece, a sussistere il colesterolo alto e i trigliceridi alle stelle, fino a 2.300 mg/dL (la normalità è sotto i 150 mg/dL), e un diabete fuori controllo. La donna è stata avviata a una terapia con farmaci indicati per le complicanze della lipodistrofia: l'insulina e la metformina per il diabete, e le statine e i fibrati per l'iperlipidemia. Ma i medici si sono resi conto che tutto questo non era sufficiente: occorreva un farmaco specifico per la malattia, e l'unico è rappresentato dalla terapia sostitutiva a base di leptina umana ricombinante (metreleptina), l'ormone che manca o è carente nella lipodistrofia. Questo ormone, approvato dalla Commissione Europea nell'agosto 2018, non è ancora disponibile in Italia se non tramite programmi di Early Access come quello previsto dalla legge 326 del 2003: i medici hanno percorso questa strada e Annalisa è diventata, nel novembre scorso, l'unica paziente dell'ospedale bolognese ad essere trattata con metreleptina.

Pochi giorni fa, il 21 dicembre, è tornata in reparto per il primo controllo dopo quaranta giorni di trattamento. Troppo pochi per aspettarsi grandi progressi, ma dei miglioramenti ci sono già stati: “La mia circonferenza vita è diminuita di un centimetro”, racconta Annalisa. “Per quanto riguarda la fame, prima mangiavo molto più spesso, e compravo di nascosto snack e merendine. Ora non succede più”. Uno degli effetti della metreleptina, infatti, è quello di inviare segnali di sazietà al cervello: la fame incontrollabile, nei pazienti affetti da lipodistrofia, non è un problema psicologico ma ormonale. “Abbiamo molta fiducia in questo trattamento”, aggiunge il fratello Andrea. “Da una parte è aumentato il controllo da parte nostra, perché eviti di esagerare col cibo, dall'altra il fatto di essere l'unica a poter assumere un farmaco così innovativo ha avuto un effetto psicologico anche su di lei: sa che non può vanificare la terapia”.

Leggi anche: Lipodistrofia, prof.ssa Gambineri: “La disponibilità della leptina sarà una rivoluzione”

In Italia, per i pazienti affetti da lipodistrofia, è attiva dallo scorso anno l'associazione AILIP. Qui è possibile leggere l'intervista all'esponente del direttivo Chiara Pistoi.

Hai una domanda sulla lipodistrofia? Puoi rivolgerla alla dr.ssa Caterina Pelosini, usufruendo del servizio gratuito di O.Ma.R. L'esperto risponde”.

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