Lo dimostra uno studio internazionale al quale hanno partecipato anche alcuni centri italiani
ROMA – Il lomitapide (un inibitore della proteina di trasferimento microsomiale dei trigliceridi) è un trattamento aggiuntivo per l’ipercolesterolemia familiare omozigote, una rara malattia genetica caratterizzata da elevati livelli di lipoproteine a bassa densità (LDL-C, il colesterolo “cattivo”), e aterosclerosi grave, accelerata e prematura. Lo standard di cura per l’ipercolesterolemia familiare omozigote comprende farmaci ipolipemizzanti e aferesi delle lipoproteine.
Un’analisi post-hoc pubblicata su Atherosclerosis è stata condotta utilizzando i dati di uno studio di fase 3, per valutare se l’aferesi concomitante potesse influenzare l’efficacia ipolipemizzante del lomitapide. La ricerca ha coinvolto centri italiani, americani, canadesi e sudafricani.
La terapia ipolipemizzante esistente, tra cui l’aferesi, doveva rimanere stabile dalla settimana -6 alla settimana 26. Le dosi di lomitapide sono state intensificate, sulla base della sicurezza e tollerabilità individuale, da 5 mg a 60 mg al giorno (al massimo). L’endpoint primario era la variazione media percentuale di LDL-C dal basale alla settimana 26 (fase di efficacia), dopo di che i pazienti hanno continuato ad assumere il lomitapide fino alla settimana 78 per la valutazione della sicurezza e l’ulteriore valutazione dell’efficacia. Durante quest’ultimo periodo, l’aferesi poteva essere regolata.
Dei 29 pazienti che sono entrati nella fase di efficacia, 18 (il 62%) ricevevano l’aferesi al basale. Ventitré pazienti (13 riceventi aferesi) hanno completato la valutazione alla settimana 26. Dei sei pazienti che hanno interrotto il trattamento nelle prime 26 settimane, cinque stavano ricevendo l’aferesi. Non ci sono state differenze significative nella variazione percentuale rispetto al basale di LDL-C alla settimana 26 nei pazienti trattati (-48%) e non trattati (-55%) con aferesi. Le variazioni nei livelli di lipoproteina (a) sono stati modesti e non differenti tra i gruppi. I ricercatori hanno quindi dimostrato che l’efficacia del lomitapide nell’abbassare il livello delle lipoproteine a bassa densità non è influenzata dall’aferesi.
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