GLASGOW (SCOZIA) – Il tema dei bambini e degli adolescenti con ipercolesterolemia familiare non è stato adeguatamente affrontato dalle attuali linee guida europee. Data la natura del processo aterosclerotico, c’è un chiaro impulso per individuare i bambini con ipercolesterolemia familiare asintomatica, in modo che possano essere riconosciuti e gestiti il prima possibile, e siano quindi in grado di vivere una vita normale.
Nel corso di una sessione del Congresso annuale della European Atherosclerosis Society, che si è svolto a Glasgow dal 22 al 25 marzo, il dottor Albert Wiegman, dell’Academic Medical Center di Amsterdam, ha passato in rassegna i motivi che hanno portato allo sviluppo di questo importante documento di consenso, attualmente in fase di revisione.
La necessità di concentrarsi sull’azione pediatrica dell’ipercolesterolemia familiare è dovuta al riconoscimento del fatto che la malattia è più diffusa di quanto si pensasse in precedenza. Il dottor Wiegman ha illustrato i dati provenienti dai Paesi Bassi, i quali mostrano che circa un nato su 232 ha l’ipercolesterolemia familiare; una prevalenza sovrapponibile a quella registrata per gli adulti. La patologia, insomma, non è rara, ma è fra le più comuni condizioni autosomiche dominanti.
C’è un’enorme possibilità di identificare in tempo i pazienti con ipercolesterolemia familiare, in modo che lo stile di vita e il trattamento ipolipemizzante possa essere avviato presto per ridurre l’onere personale, familiare e sociale di questa comune condizione ereditaria. Puntare sui bambini offre l’opportunità di gestire la condizione in modo che abbiano una vita lunga e sana. Tuttavia, la mancanza di consapevolezza riguardo alla malattia è l’ostacolo chiave per identificare i giovani pazienti e per istituire cure efficaci. Inoltre, dato che si tratta di una malattia autosomica dominante, ci saranno probabilmente problemi psicologici nella gestione della diagnosi nei bambini, tra cui ansia e sensi di colpa nel genitore che è stato responsabile di questa condizione permanente nel bambino.
I controlli a cascata nei Paesi Bassi suggeriscono che un bambino con livello di colesterolo LDL superiore a 3,5 mmol/L e un genitore con ipercolesterolemia familiare conclamata (identificata da test genetici), quasi certamente ha una mutazione nel recettore LDL. Il confronto tra i fratelli identifica chiaramente quelli con la patologia: se un fratello ha un valore di colesterolo LDL di 2,6 mmol/L e l’altro fratello ha un valore di 5,2 mmol/L (entrambi con peso normale), è estremamente probabile che quest’ultimo bambino sia malato. In sintesi, se il bambino ha un indice di massa corporea normale (minore del 75esimo percentile), un elevato livello di colesterolo LDL (maggiore del 95esimo percentile), un modello di ereditarietà autosomica dominante e una normale funzione tiroidea, c’è una probabilità del 95% che il bambino abbia l’ipercolesterolemia familiare.
Nel complesso, una storia familiare di malattia coronarica precoce e/o di elevato colesterolo LDL sono i due criteri fondamentali di selezione; i test del colesterolo sono necessari per fare la diagnosi fenotipica, a seconda dell’età, del sesso e del paese di provenienza. La comunità dei pazienti attende questo importante documento di consenso, che influenzerà la cura dei bambini con ipercolesterolemia familiare, in Europa e non solo.
Per ulteriori informazioni sull’ipercolesterolemia familiare clicca qui.
Ipercolesterolemia familiare pediatrica, l’ultimo documento di consenso dell’EAS
GLASGOW (SCOZIA) – Il tema dei bambini e degli adolescenti con ipercolesterolemia familiare (http://www.osservatoriomalattierare.it/ipercolesterolemia-familiare) non è stato adeguatamente affrontato dalle attuali linee guida europee. Data la natura del processo aterosclerotico, c’è un chiaro impulso per individuare i bambini con ipercolesterolemia familiare asintomatica, in modo che possano essere riconosciuti e gestiti il prima possibile, e siano quindi in grado di vivere una vita normale. Nel corso di una sessione del Congresso annuale della European Atherosclerosis Society (http://www.eas-society.org), che si è svolto a Glasgow dal 22 al 25 marzo, il dottor Albert Wiegman, dell’Academic Medical Center di Amsterdam, ha passato in rassegna i motivi che hanno portato allo sviluppo di questo importante documento di consenso, attualmente in fase di revisione.
La necessità di concentrarsi sull’azione pediatrica dell’ipercolesterolemia familiare è dovuta al riconoscimento del fatto che la malattia è più diffusa di quanto si pensasse in precedenza. Il dottor Wiegman ha illustrato i dati provenienti dai Paesi Bassi, i quali mostrano che circa un nato su 232 ha l’ipercolesterolemia familiare; una prevalenza sovrapponibile a quella registrata per gli adulti. La patologia, insomma, non è rara, ma è fra le più comuni condizioni autosomiche dominanti.
C’è un’enorme possibilità di identificare in tempo i pazienti con ipercolesterolemia familiare, in modo che lo stile di vita e il trattamento ipolipemizzante possa essere avviato presto per ridurre l’onere personale, familiare e sociale di questa comune condizione ereditaria. Puntare sui bambini offre l’opportunità di gestire la condizione in modo che abbiano una vita lunga e sana. Tuttavia, la mancanza di consapevolezza riguardo alla malattia è l’ostacolo chiave per identificare i giovani pazienti e per istituire cure efficaci. Inoltre, dato che si tratta di una malattia autosomica dominante, ci saranno probabilmente problemi psicologici nella gestione della diagnosi nei bambini, tra cui ansia e sensi di colpa nel genitore che è stato responsabile di questa condizione permanente nel bambino.
I controlli a cascata nei Paesi Bassi suggeriscono che un bambino con livello di colesterolo LDL superiore a 3,5 mmol/L e un genitore con ipercolesterolemia familiare conclamata (identificata da test genetici), quasi certamente ha una mutazione nel recettore LDL. Il confronto tra i fratelli identifica chiaramente quelli con la patologia: se un fratello ha un valore di colesterolo LDL di 2,6 mmol/L e l’altro fratello ha un valore di 5,2 mmol/L (entrambi con peso normale), è estremamente probabile che quest’ultimo bambino sia malato. In sintesi, se il bambino ha un indice di massa corporea normale (minore del 75esimo percentile), un elevato livello di colesterolo LDL (maggiore del 95esimo percentile), un modello di ereditarietà autosomica dominante e una normale funzione tiroidea, c’è una probabilità del 95% che il bambino abbia l’ipercolesterolemia familiare.
Nel complesso, una storia familiare di malattia coronarica precoce e/o di elevato colesterolo LDL sono i due criteri fondamentali di selezione; i test del colesterolo sono necessari per fare la diagnosi fenotipica, a seconda dell’età, del sesso e del paese di provenienza. La comunità dei pazienti attende questo importante documento di consenso, che influenzerà la cura dei bambini con ipercolesterolemia familiare, in Europa e non solo.
Per ulteriori informazioni sull’ipercolesterolemia familiare clicca qui: http://www.osservatoriomalattierare.it/ipercolesterolemia-familiare
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