LONDRA (REGNO UNITO) – L’ipercolesterolemia familiare, il fumo e il diabete sono tre fattori strettamente legati all’insorgere di un infarto miocardico acuto. Tre ricercatori della Queen Mary University hanno istituito in un ospedale di Londra un servizio clinico pilota per la diagnosi dell’ipercolesterolemia familiare nei pazienti giovani (meno di 50 anni) con infarto del miocardio: lo studio è stato pubblicato sulla rivista European Journal of Internal Medicine.

Per 23 mesi, 231 di questi pazienti sono stati sottoposti a test per 48 mutazioni comuni e per delezioni e duplicazioni dell’intero esone del gene LDLR; sono state registrate, inoltre, le informazioni relative al fumo e alla storia di diabete. I pazienti con livelli di colesterolo totale superiore a 7.0 mmol/L, inoltre, sono stati sottoposti all’intero sequenziamento del gene LDLR.

La prevalenza di ipercolesterolemia, fumo e diabete è stata determinata e confrontata con la prevalenza rilevata negli studi pubblicati, tramite controlli abbinati per età e sesso. La prevalenza di ipercolesterolemia familiare confermata con test del DNA è stata dell’1,3%, rispetto allo 0,2% nella popolazione generale. I tassi di prevalenza osservati per il fumo e il diabete sono stati rispettivamente il 57% e il 13,4% rispetto ai tassi attesi del 25% e del 4,6% nella popolazione generale.
L’ipercolesterolemia familiare è una causa importante di infarto miocardico precoce, ma rappresenta solo una piccola parte di tutti questi eventi. I fattori di rischio endemici, il fumo e il diabete superano notevolmente l’ipercolesterolemia familiare nei pazienti con infarto miocardico acuto sotto i 50 anni. Occorre prendere in considerazione l’ipotesi di estendere l’uso di statine e farmaci per la pressione sanguigna a un gruppo più giovane di fumatori e diabetici, che sono esclusi dal trattamento secondo le convenzionali strategie di prevenzione.

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